Se non la vedi ti serve un bel paio d'occhiali, di quelli con le lenti tipo culo di bottiglia.Fosforo31 ha scritto: 25 ago 2024, 12:48 tutta questa contaminazione culturale dagli oltre 1 milione di rumeni, oltre 400mila albanesi e marocchini e da tutti gli altri extracomunitari residenti, io oggi in Italia non la vedo proprio.
Gli stranieri regolari oggi residenti in Italia sono quasi 5 milioni e mezzo. Aggiungiamo oltre 1 milione e mezzo che hanno acquisito la cittadinanza solo negli ultimi 10 anni e almeno altrettanti che l'hanno acquisita in tutti gli anni precedenti e che sono ancora vivi e residenti in Italia. Questi oltre 3 milioni di nuovi cittadini italiani avranno avuto nel frattempo dei figli, diciamo un milione e mezzo, i quali bene o male avranno ricevuto una certa influenza culturale dai genitori. E siamo a circa 10 milioni di persone di origini straniere, cioè il 17% della popolazione oggi residente in Italia. Mentre gli italiani convertiti all'Islam sono circa 100.000, cioè meno del 2 per mille della popolazione. Non mi sembra un gran risultato del proselitismo islamico. E dove sono i giornalisti, i professori universitari, gli intellettuali, gli scrittori, i registi, gli artisti di origini straniere che operano qui in Italia? Dimmelo tu. Io ne vedo o ne sento menzionare pochissimi. Vedo diversi sportivi (come Paola Egonu) che arricchiscono lo sport italiano e i nostri medaglieri, e vedo poco altro. Mi viene in mente quel cantante italo-egiziano, di madre italiana e formazione culturale italiana, che vinse due Sanremo con canzoni in italiano (la prima in verità conteneva una frase in arabo: erano le sole parole nella lingua del padre che l'artista disse di ricordare). Ricordo anche un giornalista egiziano che a suo tempo raggiunse una certa notorietà, Magdi Allam. Ma fu lui a essere contaminato dalla nostra cultura. Si convertì al cattolicesimo, per giunta integralista, e si fece battezzare come Magdi Cristiano Allam (padrino l'on. Maurizio Lupi). Fu processato per islamofobia e si buttò in politica con la destra. Al momento io non ricordo un solo giornalista di colore che abbia condotto un tg della RAI o di Mediaset. Probabilmente vedremo prima un papa nero che un direttore di Tg dalla pelle scura. Oggettivamente la Chiesa, per quanto tradizionalista, è più aperta e multiculturale del popolo italiano.Alfa ha scritto: 25 ago 2024, 13:09 Se non la vedi ti serve un bel paio d'occhiali, di quelli con le lenti tipo culo di bottiglia.
vedi caputo....per ora ci siamo accontetati (per dire) di mettere dei ministri e/o parlamentari di colore...ti dice proprio nulla tale kyenge...o un tale sindacalista con gli stivali????Fosforo31 ha scritto: 25 ago 2024, 15:46 Gli stranieri regolari oggi residenti in Italia sono quasi 5 milioni e mezzo. Aggiungiamo oltre 1 milione e mezzo che hanno acquisito la cittadinanza solo negli ultimi 10 anni e almeno altrettanti che l'hanno acquisita in tutti gli anni precedenti e che sono ancora vivi e residenti in Italia. Questi . Al momento io non ricordo un solo giornalista di colore che abbia condotto un tg della RAI o di Mediaset. Probabilmente vedremo prima un papa nero che un direttore di Tg dalla pelle scura. Oggettivamente la Chiesa, per quanto tradizionalista, è più aperta e multiculturale del popolo italiano.
Fatevi indicare dall'ineffabile fosforo31 i dati che certificano che almeno 1 milione e mezzo di stranieri hanno acquisito la cittadinanza italiana negli anni precedenti il 2014 e sono ancora vivi e residenti in Italia.Fosforo31 ha scritto: 25 ago 2024, 15:46 Gli stranieri regolari oggi residenti in Italia sono quasi 5 milioni e mezzo. Aggiungiamo oltre 1 milione e mezzo che hanno acquisito la cittadinanza solo negli ultimi 10 anni e almeno altrettanti che l'hanno acquisita in tutti gli anni precedenti e che sono ancora vivi e residenti in Italia.
Qui non si parlava di ministri o di sindacalisti bensì di influenze culturali, che il Lollo chiama "contaminazioni". In ogni caso è chiaro ed evidente che gli italiani di origine straniera sono fortemente sottorappresentati, non solo nel mondo della cultura e dell'informazione, ma anche ai vertici della politica e del sindacato, probabilmente pure a livello locale. Una stima estremamente prudenziale dei cittadini italiani di origini straniere, di prima e seconda generazione, è di almeno 3 milioni.Director12 ha scritto: 25 ago 2024, 17:01 vedi caputo....per ora ci siamo accontetati (per dire) di mettere dei ministri e/o parlamentari di colore...ti dice proprio nulla tale kyenge...o un tale sindacalista con gli stivali????
Scusa, dove sta scritto che l'Italia si prende tutti i migranti dai paesi poveri? È vero che, per ragioni geografiche, noi siamo uno dei principali paesi d'ingresso nell'UE, insieme a Spagna, Malta, Grecia e Cipro. Ma attenzione: paese d'ingresso non significa paese d'arrivo o di destinazione dei migranti. Dispongo dei dati Eurostat relativi al 2022:Gasiot ha scritto: 26 ago 2024, 15:39 Il vero problema non sono i 5 milioni di stranieri che abbiamo, è naturale che le popolazioni si spostino da un paese all'altro ,io mi preoccupo di più degli italiani che scelgono di andare altrove...posso capire i pensionati ma quello che dovrebbe preoccupare ogni governo sono i giovani
p.s. se è normale che ci arrivino immigrati da paesi poveri ,non è normale che l'italia se li prenda tutti ..belli e brutti
Suppongo tu voglia dire, lavorare meno, ma al solito stipendio, altrimenti non è che tutti lavorano, ma tutti muoiono di fame.Fosforo31 ha scritto: 26 ago 2024, 23:32 Keynes proponeva una settimana cortissima di 15 ore da raggiungersi entro il 2030):
LAVORARE MENO, LAVORARE TUTTI.
Esistono le possibilità ed esistono le necessità. Noi non siamo dei in Terra, anche se il progresso tecnologico e l'idea malsana della crescita economica senza fine spacciata da qualche economista possono avere creato questa illusione. È scomodo, ma è necessario, abbandonare (azzerare) i combustibili fossili e ridurre l'impronta ecologica dei paesi ricchi. È problematico, ma è necessario e non impossibile, tagliare drasticamente gli orari di lavoro tagliando molto meno i salari e meno ancora la qualità generale della vita (che anzi potrebbe perfino migliorare). È intuitivo ed è suffragato da studi statistici che lavorando meno migliora la produttività oraria del lavoro. In altri termini, passando da 40 ore a 20, la produzione non passa da 100 a 50 ma, per esempio, da 100 a 60. Ci si stanca e ci si stressa meno e ci si concentra di più. Inoltre il maggiore tempo libero (o meglio: tempo liberato) giova alla salute fisica e mentale e ai rapporti umani, e questi fattori possono ulteriormente migliorare la produttività oraria (e la qualità della vita). Come pure la stabilità del lavoro. Meglio lavorare 20 ore con un posto fisso che 30 da precario. La piena e stabile occupazione (lavorare meno, lavorare TUTTI) apre il mercato al massimo numero di soggetti possibile, e questi avranno la possibilità di pianificare il futuro. Meglio, molto meglio lavorare in due, 20 ore ciascuno, che uno solo in famiglia 40 ore. I giovani, ma perché no anche i meno giovani, che mettono su casa e famiglia sono un potentissimo motore dell'economia (edilizia, arredamento, giocattoli, alimenti e vestiti per i bambini, etc.). Il tempo libero è di per sé stesso un potente motore dell'economia (attività ricreative, ristorazione, svago, cinema, teatro, viaggi, etc.). Le 20 ore di tempo liberato a chi ne lavorava 40 daranno lavoro e reddito ad altri. La mera circolazione del denaro è un motore dell'economia (il famoso "moltiplicatore" keynesiano) e la propensione marginale al consumo è maggiore nelle fasce a basso reddito. 10 salari bassi da 1000 euro giovano molto più all'economia nazionale del salario da 10.000 euro di un manager (che avrà una maggiore propensione marginale al risparmio). Detto M il moltiplicatore keynesiano dell'investimento pubblico, esso cresce in prima approssimazione con legge M=1/(1-c) dove c è la propensione marginale al consumo e 1-c quella al risparmio. Ne deduciamo che in una economia equa l'investimento pubblico è assai più efficace nello spingere il reddito nazionale che in un'economia diseguale. Questi sono elementari concetti di economia keynesiana. Un semplice corollario è il seguente: bisognerà assolutamente evitare le disuguaglianze, la disoccupazione e la precarietà che sarebbero conseguenze inevitabili del dilagare dell'automazione e dell'IA a parità di orari di lavoro. Queste danneggerebbero l'economia, le persone, le famiglie, la società.Alfa ha scritto: 27 ago 2024, 0:13 Suppongo tu voglia dire, lavorare meno, ma al solito stipendio, altrimenti non è che tutti lavorano, ma tutti muoiono di fame.
Ecco, te il mago Silvan lo prendi di tacco.
Credo che non solo voti 5stelle, tu proprio nelle stelle ci vivi. Oppure di diverti a sfottere, oppure ancora ... questo mi rimane nella tastiera per non usare parolacce.
Senti, come sai, se voglio leggere romanzi, mi scelgo il libro adatto e perciò non ce la faccio a leggere tutte codeste CRETINATE, perchè sono solo cretinate.Fosforo31 ha scritto: 27 ago 2024, 1:11 Esistono le possibilità ed esistono le necessità. Noi non siamo dei in Terra, anche se il progresso tecnologico e l'idea malsana della crescita economica senza fine spacciata da qualche economista possono avere creato questa illusione. È scomodo, ma è necessario, abbandonare (azzerare) i combustibili fossili e ridurre l'impronta ecologica dei paesi ricchi. È problematico, ma è necessario e non impossibile, tagliare drasticamente gli orari di lavoro tagliando molto meno i salari e meno ancora la qualità generale della vita (che anzi potrebbe perfino migliorare). È intuitivo ed è suffragato da studi statistici che lavorando meno migliora la produttività oraria del lavoro. In altri termini, passando da 40 ore a 20, la produzione non passa da 100 a 50 ma, per esempio, da 100 a 60. Ci si stanca e ci si stressa meno e ci si concentra di più. Inoltre il maggiore tempo libero (o meglio: tempo liberato) giova alla salute fisica e mentale e ai rapporti umani, e questi fattori possono ulteriormente migliorare la produttività oraria (e la qualità della vita). Come pure la stabilità del lavoro. Meglio lavorare 20 ore con un posto fisso che 30 da precario. La piena e stabile occupazione (lavorare meno, lavorare TUTTI) apre il mercato al massimo numero di soggetti possibile, e questi avranno la possibilità di pianificare il futuro. Meglio, molto meglio lavorare in due, 20 ore ciascuno, che uno solo in famiglia 40 ore. I giovani, ma perché no anche i meno giovani, che mettono su casa e famiglia sono un potentissimo motore dell'economia (edilizia, arredamento, giocattoli, alimenti e vestiti per i bambini, etc.). Il tempo libero è di per sé stesso un potente motore dell'economia (attività ricreative, ristorazione, svago, cinema, teatro, viaggi, etc.). Le 20 ore di tempo liberato a chi ne lavorava 40 daranno lavoro e reddito ad altri. La mera circolazione del denaro è un motore dell'economia (il famoso "moltiplicatore" keynesiano) e la propensione marginale al consumo è maggiore nelle fasce a basso reddito. 10 salari bassi da 1000 euro giovano molto più all'economia nazionale del salario da 10.000 euro di un manager (che avrà una maggiore propensione marginale al risparmio). Detto M il moltiplicatore keynesiano dell'investimento pubblico, esso cresce in prima approssimazione con legge M=1/(1-c) dove c è la propensione marginale al consumo e 1-c quella al risparmio. Ne deduciamo che in una economia equa l'investimento pubblico è assai più efficace nello spingere il reddito nazionale che in un'economia diseguale. Questi sono elementari concetti di economia keynesiana. Un semplice corollario è il seguente: bisognerà assolutamente evitare le disuguaglianze, la disoccupazione e la precarietà che sarebbero conseguenze inevitabili del dilagare dell'automazione e dell'IA a parità di orari di lavoro. Queste danneggerebbero l'economia, le persone, le famiglie, la società.
Amici forumisti tutti, il caldo persistente e/o gravi patologie mentali inducono l’ineffabile panzanaro seriale fosforo31 a produrre un diluvio di balle galattiche.Fosforo31 ha scritto: 27 ago 2024, 1:11 Detto M il moltiplicatore keynesiano dell'investimento pubblico, esso cresce in prima approssimazione con legge M=1/(1-c) dove c è la propensione marginale al consumo e 1-c quella al risparmio. Ne deduciamo che in una economia equa l'investimento pubblico è assai più efficace nello spingere il reddito nazionale che in un'economia diseguale.