In un forum serio bisognerebbe motivare le critiche. A me Nicola Fratoianni sembra un politico serio e coerente con le sue idee di sinistra, che in gran parte condivido. La critica maggiore che gli rivolgo è quella di essere un politico di mestiere, ma è un difetto che condivide con innumerevoli colleghi, a partire da Meloni e Salvini. Peraltro Nicola entrò in parlamento a 40 anni, ben più tardi dei due suddetti (Meloni a 29, Salvini fu europarlamentare a 31), in precedenza fu militante e poi dirigente nell'estrema sinistra parlamentare, in ruoli nei quali forse si campa ma certo non ci si arricchisce. Le sue posizioni e idee politiche sono ben descritte da Wiki:
https://it.wikipedia.org/wiki/Nicola_Fratoianni
In gran parte, ripeto, le condivido, ma mi rendo conto che sono idee poco popolari in un paese tendenzialmente di destra. Due voglio sottolinearle qui, essendo due miei vecchi pallini.
La riduzione generalizzata dell'orario di lavoro a parità di salario e il ritorno al sistema elettorale proporzionale.
La prima è il famoso slogan della sinistra degli anni 70: LAVORARE MENO LAVORARE TUTTI, ma l'idea è molto più vecchia. La presentò nientemeno che John Maynard
Keynes in una famosa conferenza a Madrid nel 1930, dal titolo:
Prospettive economiche per i nostri nipoti. Keynes non era affatto comunista ma la sua idea di
redistribuire la ricchezza redistribuendo il lavoro è di estrema attualità. Il grande economista prevedeva e auspicava che entro il
2030 si sarebbe pervenuti a una
settimana lavorativa cortissima di 15 ore distribuite su 5 giorni da 3 ore l'uno. Questo non solo allo scopo di distribuire tra quanta più gente possibile il poco lavoro restante (lasciato all'uomo dalle macchine), ma anche per poter
vivere bene, piacevolmente e con saggezza avvalendosi del tempo libero (il tempo liberato dal lavoro). Mancano appena 6 anni al 2030 e siamo molto indietro rispetto all'ardito programma di Keynes, ma è vero che da decenni si assiste in tutti i paesi ricchi a una graduale e continua riduzione della media annua delle ore lavorate per occupato, dove più (Germania) dove meno (Italia), e nel contempo quasi dappertutto aumentano i salari reali (non in Italia dove sono fermi dal 1990). Keynes ipotizzava che pur accorciando di un fattore 3 e oltre la settimana lavorativa tra il 1930 e il 2030, il tenore di vita nei paesi ricchi (immagino si riferisse al PIL pro capite reale, cioè al netto dell'inflazione) sarebbe cresciuto di un fattore 8. Ora è utopistico pensare di scendere alle 15 ore entro il 2030 ma è pressoché sicuro che il dilagare dell'automazione e dell'AI (per es. sono già arrivati in Italia i supermercati completamente automatizzati, senza casse e senza commesse) ci metterà nel giro di anni di fronte a un drammatico
aut aut: tagliare drasticamente gli orari di lavoro o incrementare di brutto la disuguaglianza economica, il disagio e il conflitto sociale. Ma tagliando per es. del 25% l'orario di lavoro oggi appare irrealistico o non sempre possibile mantenere intatto il salario reale. Tuttavia, a mio avviso, la priorità è redistribuire il lavoro e non lasciare nessuno indietro anche a costo di un piccolo sacrificio per i lavoratori dipendenti. Un sacrificio dovranno farlo anche i datori di lavoro, tagliando i profitti, inoltre la produttività oraria cresce al diminuire delle ore lavorate (ci si stanca meno, ci si riposa e ci si prepara di più), mentre la stabilità del lavoro e il tempo libero sono due potenti motori dell'economia. E nella fase transitoria sono anche possibili e auspicabili incentivi pubblici alle aziende che tagliano gli orari. In definitiva, se c'è la volontà politica, è certamente possibile ridurre i salari reali in misura molto minore rispetto al taglio delle ore lavorate. E questo lieve sacrificio è più che compensato dal miglioramento della qualità della vita legato al tempo libero.
Sul sistema elettorale proporzionale puro, altra proposta di Fratoianni, c'è poco da dire. La matematica non è un'opinione e ci dice che esso è quello che più di qualsiasi altro garantisce la rappresentanza democratica. In un sistema maggioritario i voti alle diverse liste non sono tutti eguali (come peso elettorale). Alcuni pesano di più, altri meno, se c'è una soglia di sbarramento i voti alle liste che rimangono sotto valgono zero. Tutto ciò contrasta con l'art.48 della Costituzione: "il voto è eguale..." I padri costituenti implicitamente previdero il sistema proporzionale puro, che in effetti fu adottato per 45 anni fino alla fine della Prima Repubblica. I governi spesso erano brevi, ma c'era una grande stabilità politica. I partiti correvano da soli, con le loro idee e le loro bandiere, e si mettevano d'accordo DOPO le elezioni su un programma di governo comune. C'erano degli inconvenienti, un piccolo partito poteva diventare ago della bilancia, ma nel complesso la politica nella Prima Repubblica era molto ma molto più seria di quella di oggi. Non c'era personalizzazione, non c'erano piazzisti né teatranti (a parte il buon Marco Pannella che in ogni caso era un gigante rispetto ai pigmei alla Sgarbi), si discuteva sulle idee e sui programmi, la qualità media degli eletti era nettamente più alta. Anche l'Italia, a mio avviso, era un paese più serio e più rispettato nel mondo.
Non sono d'accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo