http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... -in-tribu/
Estraendo:
Quella dell’identity politics è una svolta notevole che rovescia il canone con cui fino a pochi anni fa si guardava all’uomo politico, che doveva essere dotato di capacità e abilità amministrative, oltre che di esperienza e di onestà. A prescindere da qualsiasi caratteristica identitaria. Con la celebrazione mediatica di questi giorni è andato in scena il ribaltamento di tale idea di politica, soppiantata da quella identitaria. Di cui, però, non sono stati esposti con chiarezza i rischi, che non possono essere taciuti. A partire dalla balcanizzazione del dibattito, che diventa un conflitto per gruppi distinti che si affrontano in base alla propria appartenenza, impedendo un dialogo tra persone dalle identità diverse. Del resto, se si portano alle estreme conseguenze le basi teoriche dell’identity politics, identità diverse non possono confrontarsi pacificamente ma devono necessariamente scontrarsi perché, ad esempio, un maschio bianco non potrebbe rappresentare e interpretare i bisogni di una donna di colore e viceversa.
Così si arriva a demonizzare i cosiddetti sovranisti ( sostantivo alla fine misterioso quanto la new age di una volta che era sulla bocca di tutti e nella comprensione di quasi nessuno) che vengono fatti passare per una gang pericolosa che "non deve avere il diritto di essere ascoltata".