E' apparso un articolo sull'Osservatore Romano che presenta un confronto coi contenuti di un nuovo libro, La sconfitta dell'Occidente, autore E, Todd. L'articolo è visibile per gli abbonati al link seguente:
https://www.osservatoreromano.va/it/new ... -occi.html
Io ne ho potuto prendere visione alla seguente pagina Facebook, per gentile concessione dello stesso autore dell'articolo:
https://www.facebook.com/groups/1430016 ... ently_seen
Qui sotto il mio commento:
Quanto lamenta l'articolista vale per le imitazioni, non per i veri elementi in questione. La Croce non va usata per negare il sogno della "prosperità" che - si badi - non coincide sempre e in tutto con la ricchezza. Esiste il tentativo mistico di connotare teologicamente un capitalismo selvaggio inaccettabile, spietato e insensato ed anche pericoloso, giustamente catalogato quale neoliberismo da rifiutare; ma esiste ancora la spinta della libertà che non può accettare il Crocifisso come termine di paragone, perché questo è la Resurrezione. Il libro sacro nelle religioni monoteiste non offre soluzioni dirette e ricette magiche come invece pensa il socialismo ateo. C'è una falsa religione sovrastruttura di un meccanismo di sfruttamento ma pure falsi giudizi e categorie, il mito della superiorità del proletariato e della responsabilità mondiale della borghesia, alla quale si tenta di imputare l'esistenza dei guai economici del mondo. Insomma il Protestantesimo non si è arenato sulla chimera delle ricchezze facili e la Teologia della Prosperità va contestualizzata individuandone il nucleo di verità e il suo riferimento, senza farne un sistema buono per tutte le occasioni e senza celebrare la morte della Riforma, che non è in atto. Il cattolicesimo, stretto da proclami clericali che nell'appellarsi alla naturalità ne offrono una copia non in tutto fedele, preoccupa tanto quanto un progressismo evangelico che vorrebbe sostituire gli arbitrii culturali alle fatalità naturali, nel senso che le due aberrazioni sono in rapporto reciproco. Alla base c'è davvero un nichilismo ateo, che non sa più riconoscere la vita stessa, ma diremmo oramai una non volontà di vivere che ha i propri istigatori: quelli che non vogliono l'Occidente, che ne identificano o fanno identificare una manifestazione della sua anima per l'anima stessa, che non riconoscono i fallimenti altrui.
Colpisce la non comprensione da parte dell'articolista della sociologia di Weber. Fare di questa scienza un organismo chiuso in sé oppure aperto solo a considerazioni fisiche di atomi sociali volge al positivismo collettivista che mortifica le ambizioni individuali, errore speculare all'individualismo esasperato che isola gli elementi sociali tramite il positivismo psicologico della "volontà di potenza". Questa e la "volontà collettiva" sono fenomeni che richiedono rispettivamente superamento dell'egocentrismo e rifiuto delle indistinzioni di massa. Altrimenti si ripresenta la dicotomia che era dei due Blocchi della Guerra Fredda, senza identificare il cattivo neoliberismo e aderendo a un neocomunismo parimenti inaccettabile, che prevede il trionfo della mediocrità dilagante nelle terre occidentali, una 'medietà' che non distingue neanche la prosperità di tanta vera teologia. Le folle del Terzo Mondo la hanno rifiutata a volte giustamente a volte rendendosi immense masse che stanno coinvolgendo le moltitudini occidentali in uno smarrimento di identità etniche. Non bisognerebbe lamentarsi che in Occidente si facciano meno figli semmai bisognerebbe manifestare risoluta saggezza a chi nel Terzo Mondo sceglie un destino dissennato. Non è stato il capitalismo occidentale ad impedire il benessere di questo Mondo. Si deve rispettare ogni nuovo nato però riconoscere che la scelta di essere in tantissimi preclude tante possibilità. Non bisogna accusarne l'economia occidentale, perché sono state altri sistemi economici a fornire l'occasione per il difficile destino.
Peraltro, la crociata dell'articolista contro il predestinazionismo non è rivolta ai veri protagonisti del fatalismo che disimpegna dal senso di responsabilità, quest'ultimo in realtà alla base del capitalismo nato dal calvinismo. Il cristianesimo riformato ha lottato da solo contro quelli che volevano trasformare la dottrina protestante in una sottomissione al destino. La destinazione data da Dio non è il destino che ci costruiamo e le due cose stanno bene insieme. La storia della Riforma conobbe anche una Rimostranza e una reazione ad essa, con vie giuste per entrambe le fazioni oltre che con vicoli ciechi, restando l'ozio e irresponsabilità falsamente religiosi fenomeni marginali. Tra fautori di Arminio e riformulatori delle vecchie posizioni dottrinarie e poi con le successive evoluzioni il movimento protestante non è stato sopraffatto dal fatalismo. Non è onesto intellettualmente che i cattolici emettano sentenze ignorando o non comprendendo la storia delle dottrine protestanti (arminianesimo, arminianismo ma anche l'amiraldismo...). Ad Augusta nel 1999 la Chiesa Cattolica e quella Luterana costruirono un ponte tra le proprie teologie e non ha senso far conto che nulla sia accaduto. Le interpretazioni divergono, questioni pratiche sono assai dure e con posizioni alternative, ma appunto il nocciolo della questione riguarda solo la prassi oramai.
C'è anche un "cristianesimo zero" ma bisogna capire cosa è e dove sia, quando agisce anzi non riesce ad agire.
MAURO PASTORE