Valerio ha scritto: 12 dic 2024, 16:18
Se la cattura di CO2 prelude solo allo stoccaggio è ovvio che non ci sia un bilancio energetico utile.
Sarebbe molto più utile una qualunque reazione chimica che spezzi la molecola per utilizzare il carbonio in una molecola, tipo un anello benzenico, o uno zucchero.
Qualcosa di riutilizzabile, come accade nella fotosintesi. Non è fantascienza, ho sentito parlare di eliminazione del monossido in apparati destinati ai voli spaziali.
Ma non ho accesso a dati non semplicemente divulgativi.
Certamente la CO2 catturata può essere utilizzata per vari scopi prima di essere stoccata nel sottosuolo. In questo caso la CCS diventa CCUS:
Carbon capture, utilization and storage. Però l'anidride carbonica non è un combustibile bensì un prodotto della combustione, quindi non se ne può ricavare energia netta. Almeno non direttamente. Una tecnica molto usata negli USA e ultimamente anche in Cina è il recupero avanzato del petrolio (EOR:
Enhanced oil recovery). Di solito un pozzo viene chiuso quando diventa antieconomico estrarre il greggio rimanente. Tuttavia iniettando CO2 si facilita l'estrazione dai pozzi in via di esaurimento, che possono essere sfruttati più a fondo, la CO2 iniettata resta poi stoccata nel pozzo esaurito. Questa tecnica risulta economicamente vantaggiosa specie per pozzi profondi più di 2000 piedi (circa 600 mt). A questa profondità la CO2 si trova in uno stato termodinamico supercritico (cioè a pressione e temperatura superiori ai valori critici caratteristici della sostanza) nel quale assume un comportamento intermedio tra lo stato gassoso (bassa viscosità) e quello liquido (elevata densità) facilitando la penetrazione negli strati rocciosi e la conseguente espulsione dell'olio. Ovviamente tutto questo non ha molto senso sotto l'aspetto ecologico perché, oltre al costo energetico dell'iniezione, il petrolio estratto verrà bruciato con ulteriori emissioni di CO2. È invece interessante e oggetto di studio la medesima tecnica applicata al geotermico che è una fonte rinnovabile a basse emissioni. Di solito associamo gli impianti geotermici a sorgenti naturali di vapore (vulcanismo secondario come i soffioni boraciferi di Larderello). Ma si stanno diffondendo gli EGS (
Enhanced geothermal systems). La temperatura del sottosuolo cresce di circa 3°C ogni 100 mt di profondità, quindi l'iniezione forzata di acqua a notevole profondità genera vapore, il quale risalendo in superficie tramite una condotta alimenta una turbina in asse con un alternatore che genera elettricità. Al posto del vapore acqueo si pensa di usare CO2 supercritica iniettata e stoccata in un deposito geologico profondo, con il vantaggio di un migliore rendimento termodinamico dell'impianto grazie alla bassa viscosità del fluido termovettore.
Un'altra importante applicazione sono gli elettrocombustibili o
e-fuels, che si ottengono facendo reagire chimicamente la CO2 catturata con idrogeno verde (ricavato per elettrolisi dell'acqua dove l'elettricità è prodotta da fonti rinnovabili). Questi carburanti sintetici cominciano a essere usati nell'aviazione civile, settore le cui emissioni sono particolarmente
hard to abate, mescolati in piccole percentuali con i carburanti tradizionali. Il loro problema maggiore oggi è il costo.
La fotosintesi clorofilliana delle piante, reazione chimica che avviene nelle foglie per effetto della luce solare, è il più importante meccanismo naturale di cattura della CO2 atmosferica, insieme all'assorbimento da parte degli oceani. È chiaro che una reazione di fotosintesi artificiale è ipotesi allettante e sono in corso molte ricerche. Mediante opportuni catalizzatori si sono ottenute in laboratorio efficienze migliori di quelli delle piante ma operando con concentrazioni di CO2 molto maggiori di quella atmosferica (circa 420 ppm in volume ovvero 0,042%). Abbiamo l'intelligenza artificiale ma purtroppo non abbiamo ancora la foglia artificiale.