Bisogna distinguere. Io parlo di "casi limite", persone sicuramente non recuperabili alla vita sociale, che se reinserite sarebbero letteralmente "mine vaganti" nelle quali potrebbe imbattersi chiunque sia abbastanza sfortunato.Shamash ha scritto: 2 gen 2021, 22:46Avete ragione entrambi, tuttavia partendo da accezioni differenti.Salvo ha scritto: 2 gen 2021, 21:21 nerorosso.
"A me sembra molto razionale invece. Io ne faccio una questione di "interesse sociale". Qualunque tipo di società, socialista, capitalista, feudale o tribale che sia, quale interesse può avere nel mantenere in vita, una volta accertata la colpevolezza, individui tipo quelli che ho citato?"
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Il discorso si fa complicato. Un certo punto di vista -che trovo plausibile- ritiene che all'origine degli Stati moderni vi sia una sorta di patto (ideale) fra i cittadini, titolari di diritti connaturati alla specie umana ed il detentore del potere sovrano, in base al quale essi conferiscono al titolare del potere soltanto una parte dei loro diritti innati, e cioè quelli strettamente necessari alla pacifica convivenza sociale. Personalmente ritengo che nessun cittadino sia disposto a delegare al potere sovrano anche la propria vita, per la semplice ragione che se si perde la vita viene meno in radice la finalità utilitaristica del contratto sociale (la più drastica delle sanzioni a carico, fra i partecipanti ad un gioco collettivo, del trasgressore delle regole non può mai contemplare la soppressione del giocatore trasgressore).
Prima di tutto bisognerebbe analizzare la questione sotto la luce delle profonde differenze dei sistemi penitenziari USA/Europa, dove da un lato si perde lo status commettendo atti criminali (si rompe il "patto" con lo Stato) e dall'altro vi è una primaria necessità riabilitativa nella società civile.
A tal proposito può essere attuale e illuminante il pensiero di Alexis de Tocqueville che si dedicò specificamente a questo studio, effettuando un viaggio negli USA per comprenderne i risvolti e poterne applicare i principi al sistema francese.
Ebbene, da un lato vi è la necessità di privare la società di individui "irrecuperabili", mentre dall'altro è imperativo abolire anche l'ergastolo proprio in virtù dell'esigenza di reinserimento nella società, attraverso una rieducazione e il lavoro.
Come in tutte le questioni, dunque, credo che il "giusto" stia nel mezzo, seppur una pena capitale sia eccessiva, dall'altro si possa reputare necessario evitare il reinserimento nella società di chi effettivamente non potrebbe giovarne da un'eventuale educazione.
Il recupero sociale è possibile, certo, ma lo può essere per il delinquentello ai primi crimini (che non vadano comunque oltre una certa entità), sicuramete diventa impossibile per casi come i due che cito.
In questi casi che fare? È più "umano" rinchiuderli a vita in una prigione, in cui dovranno essere tenuti per sempre in isolamento per proteggerli dagli altri detenuti, o forse meglio sopprimerli?
Io continuo a propendere per la soppressione…