giaguaro ha scritto: 21 set 2021, 19:47
Vento ha scritto: 19 set 2021, 10:52
Trump ha voltato pagina e ci ha portati nella realpolitik, abbandonando geopolitiche fondate su idealismi e utopie (come i cd diritti civili), come era inevitabile. Biden nella sua inconsistenza, dopo aver rubato le elezioni, non poteva che rubare anche la politica di Trump. La tribù degli anglosassoni si sta compattando in questa nuova alleanza del sangue.
Ora l’Europa è davvero sola e deve affrontare il problema se tornare ai nazionalismi o tentare integrazioni più spinte, oltre il vuoto minuetto della UE. Ma per creare qualcosa ci vogliono popoli veri, non accozzaglie, ed energie profonde.
Forse potrebbero svegliarsi le identità etnico-linguistiche, finora demonizzate: germani, slavi e latini. La burocratica UE potrebbe trasformarsi in un federazione di tre entità, se si riuscirà a individuare interessi comuni, che ci sono, a cominciare dalla difesa verso vicini invadenti e pericolosi, come l’Islam. Questa secondo me potrebbe essere una via, lunga e difficile, per inserirsi nel nuovo paradigma di realpolitik che sta emergendo.
Concordo totalmente. Se i Paesi dell'Unione Europea non riusciranno a trovare, entro breve termine, la strada per raggiungere la totale integrazione delle diverse popolazioni e delle relative economie, all'orizzonte non resta che il disfacimento.
Per quanto riguarda le lingue, bisognerebbe accettare la soluzione del problema realizzato dalle comunità svizzere. Magari, nel futuro, si potrebbe trovare anche una lingua da rendere comune, iniziandone l'isegnamento a livello scolastico, fin dalle scuole materne.
Anch'io guardo alla Svizzera come al nocciolo dell'Europa. Immagino tre grandi aggregati-cantoni: lo slavo (che già si intravede nel gruppo di Visegrad), il germanico (dalla Scandinavia al Tirolo) ed il latino. Restano fuori paesi come ad es. la Grecia, che linguisticamente e religiosamente è più vicina alla Russia, e questo sarebbe un ponte verso la grande Eurasia, che si potrebbe sognare: da Lisbona a Vladivostok).
L'aggregato germanico avrebbe il peso maggiore, come già vediamo ora dopo la brexit, ma una qualche leadership ci vuole, purché non avvilisca gli altri, che dovrebbero restare padroni in casa. Non come ora che Bruxell pretende di dettare le politiche interne a Polonia e Ungheria.
Nelle scuole si dovrebbero insegnare le principali lingue europee: tedesco, francese/spagnolo, inglese e russo. A Bruxell, ammesso che sopravviva, dovrebbero stare pochi funzionari ed occuparsi dei rapporti con l'esterno, secondo le politiche estere decise dalle intese fra i tre aggregati. Chiusura dei confini, specie a sud, e cauta apertura verso l'est, da intendere come naturale sviluppo dell'unione europea, di cui la Russia ha sempre fatto parte, fino a quando gli anglosassoni lo hanno consentito.