heyoka ha scritto: 4 ago 2021, 20:17
Caro amico pennuto,non posso accettare che la strage di Bologna sia considerata come atto compiuto da quattro imbecilli, che si divertivano a lanciare bombe a destra e a manca Come afferma il giovanotto farmacista dalle belle speranza.Questa e altre azioni terroristiche erano organizzate con l'intento di rovesciare l'ordine costituzionale.
Di rovesciarlo o di impedire che venisse rovesciato?
Guarda Serge, che la mia domanda non è banale. ANZI.
Heyoka...ti voglio dare una risposta anch'io.
Hai ragione a meta'...
Una generazione di belli figli di papa' cresciuti nel mito di un Che Guevara...di rivoluzioni ,di lotte continue fino alla conquista del Potere ...creduloni al punto di illudersi che l'Italia fosse un paese sud americano,sull'orlo dell'insurrezione armata,indottrinati da pochi cattivi maestri ,allevati nella musica degli Intillimani e ai principi di Marx....pensavano di poter rovesciare un Paese dandogli una spintarella a colpi di bombe e di gambizzazioni,Paese che invece se ne fregava altamente,impaurito da questa violenza quotidiana.Poi esistevani altri gruppi,cresciuti a pane e moschetto,al saluto fascista ,al mito del Duce e della difesa dell'ordine costituito e della Patria che si opponevano ai primi definendosi patrioti.Questi venivano "aiutati" dall'ordine costuito per combattere i primi ...e chi ci andava di mezzo ,come al solito erano i poveri cittadini impegnati a mettere insieme il pane con il companatico e che servivano solo come vittime sacrificali di questi imbecilli.
Imbecilli...sì....perche' quando ti fai strumentalizzare fino a diventare un terrorista assassino sei un perfetto imbecille...da una parte e dall'altra.
Cattivi maestri e qua ti ricordo i piu' conosciuti firmatari di una lettera che arrivo' al Procuratore della Repubblica di Torino: così redatta..
".... «Quando essi si impegnano a “combattere un giorno con le armi in pugno contro lo Stato fino alla liberazione dai padroni e dallo sfruttamento”,
ci impegniamo con loro».
Chi erano i firmatari di questa lettera, che si impegnavano a «combattere con le armi in pugno»? Cinquanta esponenti del mondo dell’arte, della cultura e dello spettacolo. Nomi sorprendenti. Ecco alcuni firmatari di quell’appello in cui si annunciava la propria adesione alla lotta armata: Umberto Eco, Tinto Brass, Cesare Zavattini, Carlo Gregoretti, Enzo Paci, Giulio A. Maccacaro, Giulio Carlo Argan,. Salvatore Saperi, Pasquale Squitieri, Natalia Ginzburg, Tullio De Mauro, Paolo Portoghesi, Lucio Colletti, Paolo Mieli, Sergio Saviane, Serena Rossetti, Nelo Risi, Giovanni Roboni. Come si vede, professori universitari, registi cinematografici, filosofi, storici, futuri ministri, poeti, scrittori, giornalisti. In una parola, gente che ricopriva una posizione centrale nel mondo in cui si formano le coscienze di un popolo......" e non furono i soli...ma ben 800 si unirono in seguito a questi ed è bene ricordarli sempre per la buona memoria...che si unirono dopo che Calabresi fu scagionato dalla storia della morte di Pinelli...:
".....Ed ecco dunque alcuni di quegli ottocento che calunniarono Calabresi: i filosofi Norberto Bobbio, Lucio Colletti e Lucio Villari; i registi cinematografici Federico Fellini, Mario Soldati, Cesare Zavattini, Luigi Comencini, Liliana Cavani, Giuliano Montaldo, Bernardo Bertolucci, Carlo Lizzani, Paolo e Vittorio Taviani, Gillo Pontecorvo, Marco Bellocchio, Salvatore Saperi, Ugo Gregoretti, Nanni Loy; i poeti Pier Paolo Pasolini, Giovanni Raboni e Giovanni Giudici; i pittori Renato Guttuso, Andrea Cascella, Ernesto Treccani; gli editori Vito Laterza, Giulio Einaudi, Inge Feltrinelli; i critici Giulio Carlo Argan, Gillo Dorfles, Morando Morandini, Fernanda Pivano; la scienziata Margherita Hack; gli architetti Gae Aulenti, Giò Pomodoro, Paolo Portoghesi; gli scrittori Alberto Moravia, Umberto Eco, Domenico Porzio, Dacia Maraini, Enzo Siciliano, Alberto Bevilacqua, Franco Fortini, Natalino Sapegno, Primo Levi, Lalla Romano; i politici Umberto Terracini, Massimo Teodori, Giorgio Amendola, Giancarlo Paietta; i sindacalisti Giorgio Benvenuto e Pierre Carniti; i giornalisti Eugenio Scalfari, Giorgio Bocca, Furio Colombo, Giuseppe Turani, Carlo Rossella, Camilla Cederna, Tiziano Terzani.
Si potrebbe continuare a lungo. Ma crediamo che basti per dimostrare che il novanta per cento (per non dire il novantanove) della cultura italiana era, allora, orientata in tal senso. Quello era il clima. Un clima che non risparmiò i giornali. Se molti intellettuali flirtarono (a parole, beninteso) con l’estremismo, quando non addirittura con la lotta armata, molti giornalisti furono maestri di disinformazione.
Per anni su quasi tutti i giornali italiani si denunciò, giustamente, la violenza “nera” (che, sia chiaro, c’era) ma si nascose l’esistenza di una violenza “rossa”. Ecco che cosa scrisse Giorgio Bocca su “Il Giorno” il 23 febbraio 1975: «A me queste Brigate rosse fanno un curioso effetto di favola per
bambini scemi o insonnoliti e quando i magistrati, gli ufficiali dei carabinieri e i prefetti ricominciano a narrarla mi viene come un ondata di tenerezza perché la favola è vecchia, sgangherata, puerile…».
Mentre Bocca scriveva quel pezzo, le Brigate Rosse avevano già ucciso tre persone (i missini Mazzola e Giralucci a Padova e il maresciallo dei carabinieri Maritano a Robbiano di Mediglia), rapito un giudice (Mario Sossi) e organizzato l’evasione di Renato Curcio dal carcere di Casale Monferrato.
Ma erano in tanti, come Bocca (che anni dopo fece un’onesta autocritica) a scrivere che le Brigate Rosse erano “sedicenti”, fascisti o poliziotti mascherati. Ha scritto Gianpaolo Pansa, giornalista di sinistra e quindi non sospettabile di faziosità destrorsa:
«A sinistra dinanzi a quei primi colpi di pistola molti non vollero vedere né sentire. Alzava la testa un nemico nuovo, eppure non si avvertì il pericolo e non si riconobbe da che parte veniva. Soltanto alcuni ebbero l’onestà di ammettere subito che il terrorismo delle Brigate rosse e dei gruppi affini nasceva in casa, tra le file delle sinistre, e andava messo nel conto del Sessantotto, tra i frutti marci di quella straordinaria stagione di grandi slanci, di enormi sciocchezze e di terribili errori».
Per dare un’idea di quanto quel clima condizionò perfino la cosiddetta “stampa borghese”, si pensi che lo stesso rogo di Primavalle (vedi il capitolo ‘L’omicidio dei fratelli Mattei) fu definito dal “Messaggero” di Roma come «una faida tra fascisti» e che quando, il 2 giugno 1977, Indro Montanelli fu ferito dalle Brigate Rosse, il “Corriere della Sera” di Piero Ottone riuscì nel miracolo giornalistico di non mettere nel titolo il nome di Montanelli......................"
Come vedi poche persone piu' o meno framose appoggiarono e istigarono pochi "giovani di belle speranze" a comportarsi come poveri idioti subornandone i comportamenti,illudendoli che il popolo fosse con loro.Le forze dell'ordine costituito sentendosi sotto attacco sfruttarono i gruppi di destra...usandoli !!!!
E come al solito chi ci andava di mezzo era il popolo di persone "Normali" che ci lascava la pelle e che di queste beghe iodeologiche se ne fregava altamente.
E arriviamo al punto:cosa c'è da commemorare il 2 agosto se non quelle povere vittime popolane che ci andarono di mezzo in faide politiche a loro estranee?
Bene...commemoriamole pure...ricordiamole,ma solo come vittime innocenti di giochi estraei a loro...e allora dovremmo ricordare commemorandole: la giornata delle vittime del ponte Morandi,del Vajont,del terrorismo islamico....ecc....ecc...Ogni giorno dovremmo commemorare e ricordare decine di vittime della pura imbecillita' umana ?
AMEN!
PS:e qua la chiudo!!!!!