Destre&Iv rivogliono la prescrizione. Pd a pezzi.
___________________
Ci risiamo. Era da un po’ che non si sentiva parlare di giustizia come tema politico. Adesso se ne parla come possibile oggetto di scambio per consentire al governo di avere più ‘responsabili’, i quali, a quanto pare ed al di là della propria collocazione politica, sono tutti sfegatati ‘garantisti’ e per questo vedono la riforma Bonafede (giustizialista, manettaro) come il fumo negli occhi. E’ solo apparentemente strano che forze politiche ufficialmente così distanti fra loro (FI, Lega, Pd, Iv) si ritrovino unite su un tema che invece dovrebbe essere assai divisivo come quello della giustizia. Ma se si pensa al significato che hanno assunto certe parole ed al collante che, al di là delle parti in copione, unisce le forze politiche tradizionali si trova una spiegazione di questo apparente paradosso. Una delle parole-chiave è “garantismo”. Prima della famosa “discesa in campo” questo nobilissimo lemma, questo eccellente fonema, indicava il valore rappresentato della concreta possibilità per l’indagato/imputato in un procedimento penale di far valere, in modo efficace, le sue difese. Dopo la “discesa in campo” questo termine linguistico ha assunto il significato (non rientrante in alcun modo nei confini semantici della parola) di “impunitarismo”. Infatti, specialmente dopo il 1988, anno di entrata in vigore del nuovo processo penale, l’indagato/imputato gode, in Italia (e solo qui, perché nel resto dei paesi occidentali non c’è nulla di simile), delle garanzie processuali tipiche sia del sistema inquisitorio (prima vigente) sia di quello accusatorio (all’americana, per intenderci): una sommatoria di garanzie che non ha né precedenti né eguali al mondo. Le garanzie tipiche del precedente sistema inquisitorio consistevano, in buona sostanza, nella prescrizione del reato decorrente dal momento della sua commissione (anche se sconosciuto all’autorità giudiziaria) e dall’impugnabilità dei provvedimenti giurisdizionali senza limiti, in tutti i gradi di giudizio ed in cassazione. Di contro c’era lo scarsissimo spazio dato al difensore sia in fase istruttoria (quella che oggi si chiama fase di indagine) sia in fase dibattimentale (davanti al giudice che deve decidere). Con il sistema alla Perry Mason è aumentato moltissimo il potere del difensore sin dalle fase d’indagine e nelle successive, con la ovvia conseguenza del sensibile allungamento dei tempi processuali. Nei processi americani non esiste una prescrizione tranciante come quella italiana né la percorribilità ad libitum di tutti i gradi del giudizio e della ricorribilità per cassazione. La riforma del processo penale del 1988, per conservare un minimo di efficienza, avrebbe dovuto acquisire le fondamentali garanzie del processo di tipo accusatorio, all’americana, ma al contempo eliminare quelle del processo di tipo inquisitorio (rimodulazione della prescrizione e della impugnabilità delle sentenze). Senza contare assurdità come quella che il giudice che inizia il dibattimento deve essere il medesimo che emette la sentenza, con la conseguenza che se il giudice (monocratico o collegiale) muta (per trasferimenti, per avanzamenti di carriera, per decesso…) bisogna rifare il dibattimento dall’inizio. La necessità, attuale ed impellente, di porre mano a questo strazio procedurale prescinde dalle direttive europee, perché un paese che aspiri ad essere vagamente serio non può avere un processo-burletta che peraltro avvantaggia un certo tipo di criminalità, quella dei colletti bianchi (white collar crimes) per la specifica tipologia di questi reati, molto impegnativa sul piano probatorio, rispetto alla criminalità di strada, molto più agevole nella ricerca e rinvenimento delle prove; il che spiega l’attaccamento feticistico dei politicanti, con i loro cerchi più o meno magici, a questa ineguagliabile ‘assicurazione anticondanna’. L’Europa ci chiede di modificare questa schifezza non già per il nostro futuro (del quale se ne sbatte alla grande), ma per gli effetti che questa lacuna del nostro sistema determina, indirettamente, nei conti finanziari dell’Ue. Infatti le cause più determinanti del nostro immane debito pubblico, problema che interessa anche l'Europa, sono l’evasione fiscale dei grandi numeri ed il costo economico della corruzione sistemica sui nostri conti pubblici. Incidere su queste due metastasi è imprescindibile per noi e per l’Europa. Ma l’Europa, soprattutto per gli europeisti senza-se-e-senza-ma, in questo caso non vale e deve rispettare la nostra sovranità. Bonafede deve rassegnarsi.