I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

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Shamash
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I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

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I "Neet" (acronimo di "Not in Education, Employment or Training", ossia persone che non studiano, non si formano né lavorano), considerati nella fascia 15-24 anni sono in percentuale doppia in Italia rispetto al resto d'Europa. C'è un interessante articolo dove il prof. Andrea Castiello D’Antonio https://www.huffingtonpost.it/entry/i-n ... b53455941a esterna affermazioni condivisibili.

È innegabile vi sia una crisi devastante, vi siano poche opportunità occupazionali, vi sia incertezza per il futuro, contratti pessimi che non tutelano i lavoratori e li pagano con una ciotola di riso a fine mese, vi sia scarsa se non nulla meritocrazia e il sistema (scolastico e lavorativo) faccia acqua da tutte le parti, tuttavia gettare la spugna in partenza senza formarsi, né prepararsi per il futuro (leggasi rimboccarsi le maniche) è un errore che i giovani pagheranno a caro prezzo e, di riflesso, la nostra società depauperata di una forza lavoro che dovrebbe subentrare a quella che nel prossimo futuro si ritirerà dall'occupazione lavorativa.

Oggi più che mai la formazione (sia essa accademica o squisitamente professionale o, meglio, entrambe) è di vitale importanza. Non è solo per aspirare ad avere un lavoro [migliore], bensì per accrescere il proprio bagaglio culturale ed essere così persone più consapevoli, ma anche in virtù dell'enorme concorrenza (interna ed esterna) che c'è. Oltre a ciò, si somma il fatto che il futuro va verso la direzione di professioni sempre più specializzate, con il rischio reale di essere presto sostituiti da macchine nei lavori più ripetitivi.

Il prof. Castiello D’Antonio fa il punto della situazione parlando di un "lassismo" che affonda le radici nella famiglia, nella percezione italica dell'agognato "posto fisso" e in generale nella mentalità sbagliata di una generazione perduta, capace solo di lamentarsi e piangersi addosso senza voler faticare per costruire qualcosa di buono nella vita. :!:
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

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Shamash ha scritto: 24 dic 2020, 10:18 I "Neet" (acronimo di "Not in Education, Employment or Training", ossia persone che non studiano, non si formano né lavorano), considerati nella fascia 15-24 anni sono in percentuale doppia in Italia rispetto al resto d'Europa. C'è un interessante articolo dove il prof. Andrea Castiello D’Antonio https://www.huffingtonpost.it/entry/i-n ... b53455941a esterna affermazioni condivisibili.

È innegabile vi sia una crisi devastante, vi siano poche opportunità occupazionali, vi sia incertezza per il futuro, contratti pessimi che non tutelano i lavoratori e li pagano con una ciotola di riso a fine mese, vi sia scarsa se non nulla meritocrazia e il sistema (scolastico e lavorativo) faccia acqua da tutte le parti, tuttavia gettare la spugna in partenza senza formarsi, né prepararsi per il futuro (leggasi rimboccarsi le maniche) è un errore che i giovani pagheranno a caro prezzo e, di riflesso, la nostra società depauperata di una forza lavoro che dovrebbe subentrare a quella che nel prossimo futuro si ritirerà dall'occupazione lavorativa.


Oggi più che mai la formazione (sia essa accademica o squisitamente professionale o, meglio, entrambe) è di vitale importanza. Non è solo per aspirare ad avere un lavoro [migliore], bensì per accrescere il proprio bagaglio culturale ed essere così persone più consapevoli, ma anche in virtù dell'enorme concorrenza (interna ed esterna) che c'è. Oltre a ciò, si somma il fatto che il futuro va verso la direzione di professioni sempre più specializzate, con il rischio reale di essere presto sostituiti da macchine nei lavori più ripetitivi.
Il prof. Castiello D’Antonio fa il punto della situazione parlando di un "lassismo" che affonda le radici nella famiglia, nella percezione italica dell'agognato "posto fisso" e in generale nella mentalità sbagliata di una generazione perduta, capace solo di lamentarsi e piangersi addosso senza voler faticare per costruire qualcosa di buono nella vita. :!:
Sai Shamash, io riesco a giudicare sul destino di un giovane dal solo parlare con lui quando ha ancora meno di 20anni. Se freme dalla voglia di "fare" so che avra' successo; se si lamenta, dice che in Italia non ha futuro, che ci vogliano conoscenze e' gia' spacciato. Non andra' da nessuna parte. Sara' un mediocre per tutta la vita. Occorre non solo lanciarsi nel mondo della vita, ma DESIDERARE di FARLO. Cercare l' avventura, il nuovo, il difficile, il diverso o si cadra' appunto nel posto fisso o nell' assistentato, per senore terrorizzati dal perder il lavoro. Io il lavoro e l' imprese e i posti fissi li ho lasciati non so quante volte, con gente che mi dava del pazzo e dell' incosciente, ma poi finivo sempre a trovae un posto migliore, sempre piu bello e sempre piu in alto. Il coraggio serve nella vita, ma solo per vivere meglio e senza paure.
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

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Sayon ha scritto: 24 dic 2020, 22:26
Shamash ha scritto: 24 dic 2020, 10:18 I "Neet" (acronimo di "Not in Education, Employment or Training", ossia persone che non studiano, non si formano né lavorano), considerati nella fascia 15-24 anni sono in percentuale doppia in Italia rispetto al resto d'Europa. C'è un interessante articolo dove il prof. Andrea Castiello D’Antonio https://www.huffingtonpost.it/entry/i-n ... b53455941a esterna affermazioni condivisibili.

È innegabile vi sia una crisi devastante, vi siano poche opportunità occupazionali, vi sia incertezza per il futuro, contratti pessimi che non tutelano i lavoratori e li pagano con una ciotola di riso a fine mese, vi sia scarsa se non nulla meritocrazia e il sistema (scolastico e lavorativo) faccia acqua da tutte le parti, tuttavia gettare la spugna in partenza senza formarsi, né prepararsi per il futuro (leggasi rimboccarsi le maniche) è un errore che i giovani pagheranno a caro prezzo e, di riflesso, la nostra società depauperata di una forza lavoro che dovrebbe subentrare a quella che nel prossimo futuro si ritirerà dall'occupazione lavorativa.


Oggi più che mai la formazione (sia essa accademica o squisitamente professionale o, meglio, entrambe) è di vitale importanza. Non è solo per aspirare ad avere un lavoro [migliore], bensì per accrescere il proprio bagaglio culturale ed essere così persone più consapevoli, ma anche in virtù dell'enorme concorrenza (interna ed esterna) che c'è. Oltre a ciò, si somma il fatto che il futuro va verso la direzione di professioni sempre più specializzate, con il rischio reale di essere presto sostituiti da macchine nei lavori più ripetitivi.
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Sai Shamash, io riesco a giudicare sul destino di un giovane dal solo parlare con lui quando ha ancora meno di 20anni. Se freme dalla voglia di "fare" so che avra' successo; se si lamenta, dice che in Italia non ha futuro, che ci vogliano conoscenze e' gia' spacciato. Non andra' da nessuna parte. Sara' un mediocre per tutta la vita. Occorre non solo lanciarsi nel mondo della vita, ma DESIDERARE di FARLO. Cercare l' avventura, il nuovo, il difficile, il diverso o si cadra' appunto nel posto fisso o nell' assistentato, per senore terrorizzati dal perder il lavoro. Io il lavoro e l' imprese e i posti fissi li ho lasciati non so quante volte, con gente che mi dava del pazzo e dell' incosciente, ma poi finivo sempre a trovae un posto migliore, sempre piu bello e sempre piu in alto. Il coraggio serve nella vita, ma solo per vivere meglio e senza paure.
Concordo.
Caro amico,pensa: a 40 anni ho dovuto ricominciare professionalmente praticamente da zero.A parte l'esperienza accumulata da dirigente industriale....
Bye
Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvagie ma per quelli che osservano senza fare nulla.(Albert Einstein)
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

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serge ha scritto: 25 dic 2020, 9:47
Sayon ha scritto: 24 dic 2020, 22:26
Shamash ha scritto: 24 dic 2020, 10:18 I "Neet" (acronimo di "Not in Education, Employment or Training", ossia persone che non studiano, non si formano né lavorano), considerati nella fascia 15-24 anni sono in percentuale doppia in Italia rispetto al resto d'Europa. C'è un interessante articolo dove il prof. Andrea Castiello D’Antonio https://www.huffingtonpost.it/entry/i-n ... b53455941a esterna affermazioni condivisibili.

È innegabile vi sia una crisi devastante, vi siano poche opportunità occupazionali, vi sia incertezza per il futuro, contratti pessimi che non tutelano i lavoratori e li pagano con una ciotola di riso a fine mese, vi sia scarsa se non nulla meritocrazia e il sistema (scolastico e lavorativo) faccia acqua da tutte le parti, tuttavia gettare la spugna in partenza senza formarsi, né prepararsi per il futuro (leggasi rimboccarsi le maniche) è un errore che i giovani pagheranno a caro prezzo e, di riflesso, la nostra società depauperata di una forza lavoro che dovrebbe subentrare a quella che nel prossimo futuro si ritirerà dall'occupazione lavorativa.


Oggi più che mai la formazione (sia essa accademica o squisitamente professionale o, meglio, entrambe) è di vitale importanza. Non è solo per aspirare ad avere un lavoro [migliore], bensì per accrescere il proprio bagaglio culturale ed essere così persone più consapevoli, ma anche in virtù dell'enorme concorrenza (interna ed esterna) che c'è. Oltre a ciò, si somma il fatto che il futuro va verso la direzione di professioni sempre più specializzate, con il rischio reale di essere presto sostituiti da macchine nei lavori più ripetitivi.
Il prof. Castiello D’Antonio fa il punto della situazione parlando di un "lassismo" che affonda le radici nella famiglia, nella percezione italica dell'agognato "posto fisso" e in generale nella mentalità sbagliata di una generazione perduta, capace solo di lamentarsi e piangersi addosso senza voler faticare per costruire qualcosa di buono nella vita. :!:
Sai Shamash, io riesco a giudicare sul destino di un giovane dal solo parlare con lui quando ha ancora meno di 20anni. Se freme dalla voglia di "fare" so che avra' successo; se si lamenta, dice che in Italia non ha futuro, che ci vogliano conoscenze e' gia' spacciato. Non andra' da nessuna parte. Sara' un mediocre per tutta la vita. Occorre non solo lanciarsi nel mondo della vita, ma DESIDERARE di FARLO. Cercare l' avventura, il nuovo, il difficile, il diverso o si cadra' appunto nel posto fisso o nell' assistentato, per senore terrorizzati dal perder il lavoro. Io il lavoro e l' imprese e i posti fissi li ho lasciati non so quante volte, con gente che mi dava del pazzo e dell' incosciente, ma poi finivo sempre a trovae un posto migliore, sempre piu bello e sempre piu in alto. Il coraggio serve nella vita, ma solo per vivere meglio e senza paure.
Concordo.
Caro amico,pensa: a 40 anni ho dovuto ricominciare professionalmente praticamente da zero.A parte l'esperienza accumulata da dirigente industriale....
Bye
E ce ll'hai fatta vero? Se lo hai fermamnete voluto, ce l' hai fatta. vero?
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

Messaggio da leggere da nerorosso »

Il da voi tanto disprezzato "posto fisso", nei decenni passati è stato la garanzia dello sviluppo italiano negli anni 50-60.
Chi sapeva di avere un posto fisso poteva pianificare la propria vita e pensare pure a riprodursi…
Sapete perché la maggior parte degli Italiani è proprietaria della casa in cui abita? Perchè l'ha acquistata in anni non sospetti, ovvero perchè l'ha ereditata da chi ha acquistato in anni non sospetti.
Adesso mettetevi nei panni di un ventenne che di sicurezze non ne ha proprio. Se volete escludere i super-specializzati, che passano da un contratto a un altro più vantaggioso e spesso finiscono per andare all'estero perché in Italia anche un super-specializzato finisce con contratto a termine o "a progetto" a 900 euro al mese, mettetevi nei panni di un semplice giovane diplomato che se gli va bene, superando i non so quanti rinnovi TD, finisce a fare il facchino a TI, ed è gia fortunato…
SLAVA ROSSIJA!!! 🇷🇺
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Sayon
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

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Il "posto fisso" non e' finito ma e' stato sostituito dal "lavoro fisso" , ovvero non e' piu possibile per una impresa di garantire un posto a tempo ilimitato perche ;e aziende stesse non hanno una vita infinita. Falliscono, vendono meno, dipendono dal mercato che e' molto variabile, ma si puo' arrivare ad una situazione di 'posti di lavoro" sempre disponibili come ad esempi il modello americano. Si perde il lavoro ma se ne trova un'altro il giorno dopo, in un'altra impresa che invece si trova in fase di espansione. E' un modello che richiede spirito di adattamento da parte del lavoratore, ma che anche offre possibilta' per i piu' intraprendenti di trovare posti di lavoro MIGLIORI di quelli che si hanno. Io bascamet feci questo per oltre 30 anni, "andando via" da posti considerati ottimi, ma solo per trovarne un altro ancora migliore. In questo momento solo nel Veneto, sono stati "rifiutati" 4000 posti di lavoro perche nel campo COVID. Se si e' cosi cacasotto la carriera non si fara mai. Meglio prendere quel psto, guadagnare un po di soldi, e poi trasferirsi piu tardi avendo imparato qualcosa, invece che aspirare al posto fisso sotto casa nel paesino di ncita.
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Shamash
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

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nerorosso ha scritto: 25 dic 2020, 16:55 Il da voi tanto disprezzato "posto fisso", nei decenni passati è stato la garanzia dello sviluppo italiano negli anni 50-60.
Sayon ha scritto: 25 dic 2020, 18:44 E' un modello che richiede spirito di adattamento da parte del lavoratore, ma che anche offre possibilta' per i piu' intraprendenti di trovare posti di lavoro MIGLIORI di quelli che si hanno.
Esatto.
Il mio discorso sul posto fisso non voleva significare una critica verso il passato, bensì nei riguardi della mentalità odierna.
Seppur sia vero che si vive in tempi difficili, di incertezza e mancanza di prospettive certe, dall'altro è di vitale importanza possedere caratteristiche per farcela: spirito di adattamento, flessibilità, intraprendenza, voglia di mettersi in gioco, adeguarsi, essere pronti a viaggiare e soprattutto a imparare per tutta la vita. Non è più l'epoca in cui una volta conseguito un titolo avevi un posto relazionato con esso. Oggi devi continuare ad accrescere le tue competenze, pena l'essere sorpassati da altri e, di conseguenza, l'esclusione dal proprio settore.
Ovvio che si debba criticare un sistema che è degenerato, con contratti sbagliati e imprese che non tutelano affatto i propri dipendenti, ma serve anche grande spirito da parte dei lavoratori per rimboccarsi le maniche e non autocommiserarsi, ma costruirsi il proprio futuro.
Quando poi, come nel link di apertura, osservi questa mancanza di voglia nei più giovani, ti cadono le braccia.
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

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Shamash ha scritto: 24 dic 2020, 10:18 I "Neet" (acronimo di "Not in Education, Employment or Training", ossia persone che non studiano, non si formano né lavorano), considerati nella fascia 15-24 anni sono in percentuale doppia in Italia rispetto al resto d'Europa. C'è un interessante articolo dove il prof. Andrea Castiello D’Antonio https://www.huffingtonpost.it/entry/i-n ... b53455941a esterna affermazioni condivisibili.

È innegabile vi sia una crisi devastante, vi siano poche opportunità occupazionali, vi sia incertezza per il futuro, contratti pessimi che non tutelano i lavoratori e li pagano con una ciotola di riso a fine mese, vi sia scarsa se non nulla meritocrazia e il sistema (scolastico e lavorativo) faccia acqua da tutte le parti, tuttavia gettare la spugna in partenza senza formarsi, né prepararsi per il futuro (leggasi rimboccarsi le maniche) è un errore che i giovani pagheranno a caro prezzo e, di riflesso, la nostra società depauperata di una forza lavoro che dovrebbe subentrare a quella che nel prossimo futuro si ritirerà dall'occupazione lavorativa.

Oggi più che mai la formazione (sia essa accademica o squisitamente professionale o, meglio, entrambe) è di vitale importanza. Non è solo per aspirare ad avere un lavoro [migliore], bensì per accrescere il proprio bagaglio culturale ed essere così persone più consapevoli, ma anche in virtù dell'enorme concorrenza (interna ed esterna) che c'è. Oltre a ciò, si somma il fatto che il futuro va verso la direzione di professioni sempre più specializzate, con il rischio reale di essere presto sostituiti da macchine nei lavori più ripetitivi.

Il prof. Castiello D’Antonio fa il punto della situazione parlando di un "lassismo" che affonda le radici nella famiglia, nella percezione italica dell'agognato "posto fisso" e in generale nella mentalità sbagliata di una generazione perduta, capace solo di lamentarsi e piangersi addosso senza voler faticare per costruire qualcosa di buono nella vita. :!:
Chissa' perche' ho l'impressione che il futuro dell'umanita' e in particolare in Italia sia nel ritorno a professionalita' piu' squisitamente artigianali e agricole di altissima qualita'.Ma per queste occorre tanto sudore e pratica.... meglio se artigiani e contadini dispongano anche di un'elevata cultura...ma non troppa e senza sacrificare l'apprendistato a forza di scapaccioni,pedate nel culo e sudore.
Mio nonno mi ha sempre detto che senza computer e senza banda larga si vive egualmente...senza cibo e ombrelli si muore e ci si bagna.
E siccome la formazione richiede tanta fatica e sacrificio meglio sarebbe un elevata formazione professionale piu' che accademica....Magari mi sbaglio...ma con l'aria che tira forse ci ho dato!
La realta' è solo un'allucinazione dovuta a carenza di alcol (...un saggio)
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

Messaggio da leggere da Sayon »

Sara', ma gli "agricoltori" che stanno facendo uno sfracco di soldi, sono quelli che usano il cpmputer e la technlogia moderna per tutto: per trovare il viticcho giusto, per trovare il terreno con il PH ideale ed i concimi adatti, per creare un nuovo vino , per propagadarlo e farlo conoscere, per imbottgliarlo, custodirlo ed esportarlo. Il mondo va avanti, e mentr sono d'accordo, sul sudore e la fatica -il "culo" lo si fa anche a lc omputer -e' solo chi si adegua al nuovo, che potra' far risultarevincente anche il vecchio, ovvero la "qualita" ,l'unica cosa che restera'invariata dal I al XXI secilo dopo Cristo
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

Messaggio da leggere da serge »

Sayon ha scritto: 25 dic 2020, 16:25
serge ha scritto: 25 dic 2020, 9:47
Sayon ha scritto: 24 dic 2020, 22:26

Sai Shamash, io riesco a giudicare sul destino di un giovane dal solo parlare con lui quando ha ancora meno di 20anni. Se freme dalla voglia di "fare" so che avra' successo; se si lamenta, dice che in Italia non ha futuro, che ci vogliano conoscenze e' gia' spacciato. Non andra' da nessuna parte. Sara' un mediocre per tutta la vita. Occorre non solo lanciarsi nel mondo della vita, ma DESIDERARE di FARLO. Cercare l' avventura, il nuovo, il difficile, il diverso o si cadra' appunto nel posto fisso o nell' assistentato, per senore terrorizzati dal perder il lavoro. Io il lavoro e l' imprese e i posti fissi li ho lasciati non so quante volte, con gente che mi dava del pazzo e dell' incosciente, ma poi finivo sempre a trovae un posto migliore, sempre piu bello e sempre piu in alto. Il coraggio serve nella vita, ma solo per vivere meglio e senza paure.
Concordo.
Caro amico,pensa: a 40 anni ho dovuto ricominciare professionalmente praticamente da zero.A parte l'esperienza accumulata da dirigente industriale....
Bye
E ce ll'hai fatta vero? Se lo hai fermamnete voluto, ce l' hai fatta. vero?
Senza dubbio.Ho lottato assai,ma ho avuto molte soddisfazioni professionali.
ciao
Bye
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

Messaggio da leggere da Sayon »

serge ha scritto: 26 dic 2020, 9:57
Sayon ha scritto: 25 dic 2020, 16:25
serge ha scritto: 25 dic 2020, 9:47
Concordo.
Caro amico,pensa: a 40 anni ho dovuto ricominciare professionalmente praticamente da zero.A parte l'esperienza accumulata da dirigente industriale....
Bye
E ce ll'hai fatta vero? Se lo hai fermamnete voluto, ce l' hai fatta. vero?
Senza dubbio.Ho lottato assai,ma ho avuto molte soddisfazioni professionali.
ciao
Bye
Come volevasi dimostrare.
Se sei un "NEET" lo resterai per tutta la vita: poi diventarai o uno straccione o un politico, dato che il tuo unico sforzo consiste nel protestare. Se invece ti dai da fare, non hai neache il tem;po di protestare. Ti butti a capocollo nel trovare un lavoro, uno sfogo, una donna per te, una paga migliore e, presto o tardi, ci arriverai.
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

Messaggio da leggere da carletto3 »

Sayon ha scritto: 26 dic 2020, 22:37
serge ha scritto: 26 dic 2020, 9:57
Sayon ha scritto: 25 dic 2020, 16:25

E ce ll'hai fatta vero? Se lo hai fermamnete voluto, ce l' hai fatta. vero?
Senza dubbio.Ho lottato assai,ma ho avuto molte soddisfazioni professionali.
ciao
Bye
Come volevasi dimostrare.
Se sei un "NEET" lo resterai per tutta la vita: poi diventarai o uno straccione o un politico, dato che il tuo unico sforzo consiste nel protestare. Se invece ti dai da fare, non hai neache il tem;po di protestare. Ti butti a capocollo nel trovare un lavoro, uno sfogo, una donna per te, una paga migliore e, presto o tardi, ci arriverai.
Gia'....poi ti ritrovi alla pensione,con gli acciacchi,le cataratte,i problemi di prostata e la calvizie...e ti accorgi di aver fatto il mulo alla macina negli anni migliori della tua vita....e ti rendi conto all'eta' della ragione che la vita è come una scaletta da pollaio....corta e piena di merda!!!!
E nel mezzo del cammin di nostra vita ....ci trovi pure questi due a farti girare le balle....e tu ci chiedi pure di aver "FEDE E VOLONTA'"
Immagine
Sayonne....te posseno ammazza'...
BangHead BangHead BangHead (Chiaramente e disperatamente ...la tua)
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

Messaggio da leggere da Holubice »

Sayon ha scritto: 25 dic 2020, 18:44 Il "posto fisso" non e' finito ma e' stato sostituito dal "lavoro fisso" , ovvero non e' piu possibile per una impresa di garantire un posto a tempo ilimitato perche ;e aziende stesse non hanno una vita infinita. Falliscono, vendono meno, dipendono dal mercato che e' molto variabile, ma si puo' arrivare ad una situazione di 'posti di lavoro" sempre disponibili come ad esempi il modello americano. Si perde il lavoro ma se ne trova un'altro il giorno dopo, in un'altra impresa che invece si trova in fase di espansione...
La mia provincia, quando terminai il mio servizio militare, aveva un tasso di disoccupazione del 2,8%. Penso che solo certe zone intorno ad Osaka riuscissero a fare di meglio.

Immagine

Se prendi ora la superstrada qui dietro che taglia una distesa di capannoni, piccoli e grandi, che si addentra senza soluzione di continuità nell'hinterland, ne troverai la maggior parte con cancelli chiusi, ed erbacce che spuntano nel piazzale. Quelle non possono essere state tutte aziende gestite da imprenditori incapaci, piene di dipendenti inetti. La situazione attuale è, oggettivamente, un casino.

Il lavoro lo trovi in un'altra impresa? Sì, ma dove ca$$o sta quest'altra impresa...? Immagine

Io sono d'accordo con te, non bisogna difendere il posto, bisogna difendere il lavoro: quello che è importante è che vi siano molte opportunità. Sono queste che mancano. Io non do la croce ai ragazzi di oggi perché, mio malgrado, mi ci sono dovuto rimescolare, e debbo dire che sono in tutto uguali ai ragazzi di ieri. Il fatto è che quello che trovano intorno a loro è molto diverso da quello che trovai io.

Torno a ripetermi: se il container che sbarca nel porto di Livorno ha all'interno delle camice che costano 15 volte meno delle medesime camice fatte da un imprenditore con il capannone a Prato, beh, non ci sono ca$$i da appendere: siamo destinati a morire di stenti. Il povero Trump aveva tutte le ragioni di questo mondo quando, rivolto ai suoi concittadini diceva:

- L'accodo di libero scambio 'Fair trade' firmato da Obama ha creato un enorme disavanzo nella bilancia commerciale U.S.A. Non è 'fair', è 'foolish and stupid'... Come dargli torto...?
______________________________________________________________________


A costo di ripetermi, vi invito a leggere queste parole

Globalisti sì ma non troppo

Immagine

"... Non ieri ma diciannove anni fa (nel 1993) scrivevo che la globalizzazione economica - non quella finanziaria, che è cosa diversa - mi pareva un errore per questa semplice ragione (in condensatissima sintesi): che a parità di tecnologia i Paesi a basso costo di lavoro avrebbero messo in disoccupazione i Paesi benestanti, perché la manifattura si sarebbe dovuta trasferire nei Paesi poveri e così, ripeto, i lavoratori dei Paesi benestanti sarebbero restati senza lavoro.
Ho fatto questo rilievo in parecchie altre occasioni, ma sempre parlando a dei sordi. Eppure l'argomento era semplice e ovvio. Oggi la abnorme disoccupazione dell'Occidente e il trasferimento della manodopera nei Paesi nei quali costa anche dieci volte meno è sotto gli occhi di tutti. Ma gli economisti non l'avevano previsto e ora fanno finta di nulla. La loro ricetta per l'Occidente è di diventare sempre più inventivo e all'avanguardia. Ma è un alibi che non tiene. Anche loro, come tutti, sanno che da gran tempo il Giappone e successivamente anche Cina e India sono tecnologicamente bravi quanto noi. Resta il fatto che ormai la frittata è fatta.
In questa frittata gli italiani sono tra i peggio messi. Noi siamo chiaramente in recessione. Per uscirne e risalire la china la parola d'ordine è: investire-crescere, investire-crescere. Tante grazie; ma i soldi dove sono?..." (CONTINUA NEL LINK)



Sbagliare è umano. Perseverare, oltre che diabolico, è stupido...


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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

Messaggio da leggere da Sayon »

Concetto sbagliato. Mettiamo che NON ci sia la globalizzazione.
A chi venderebbero le imprese italiane?
In un periodo di crisi, avrebbero chiuso ancora prima, e non e' possibile a un Governo pagare o far pagare uno stipendio a milioni e milioni di lavoratori.
Con la globalizzazione, invece le merci indispensabili arrivano ancora a prezzi molto accessibili (dato il forte Euro) e le esportazioni di prodotti piu sofisticati italiani continuano ancora perche' una fetta di mercao e' rimasto in vita (Cina, India, USA e paesii in crescita economica, inclusi i neo-ricchi Africani).
Il mio concetto d' intraprendenza si rivolgeva ai giovani. Io do gli stessi cionsigli ai miei nipoti. C'e' chi li segue ( e sta lavorando) e chi non li segue (e si lamenta che non ha soldi).. Per le imprese il concetto e' diverso: ci si diversifica, ci si ammoderna, si cerca il nuovo. Chi lo fa, alla fine trova un mercato. Un mercato diverso come quello attuale, pronto a scattare di nuovo. Se si e' pronti si guadagna, se ci si lamenta, si resta indietro e si chiude.
Holubice
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Re: I "Neet": il costo sociale dei nullafacenti

Messaggio da leggere da Holubice »

Sayon ha scritto: 27 dic 2020, 15:07 Concetto sbagliato. Mettiamo che NON ci sia la globalizzazione.
A chi venderebbero le imprese italiane?
...
Il mio concetto d' intraprendenza si rivolgeva ai giovani. Io do gli stessi cionsigli ai miei nipoti...
La Penisola su cui siamo accampati è manufatturiera: noi non galleggiamo su giacimenti di petrolio, gas naturale e altre materie prime come fa la Russia di Putin, che ricava montagne di valuta pregiata semplicemente pompando un gasdotto in Siberia che risputa fuori il suo contenuto in Germania o in Italia. Noi ci si deve dare da fare, produrre qualcosa, e rivenderlo a qualche d'un altro. Quello che intendo io, e che intendeva anche il buon Sartori in quell'articolo qui sopra, è che oggigiorno, per sopravvivere, dobbiamo chiuderci in zone di influenza, ovvero tra gente che abbia gli stessi stili di vita, che versi gli stessi contributi pensionistici ai propri dipendenti, preveda la stessa assicurazione contro gli infortuni, insomma, che usi le stesse regole del gioco. Lui suggeriva di chiudere a riccio l'economia e il commercio dell'Unione Europea, intendo una zona omogenea che importa solo le materie prime, ove tutto viene trasformato e prodotto al suo interno, compreso le t-shirt e le mutande. Tieni conto che la Germania, che è il più grande e dinamico esportatore europeo, vende i 3/4 dei suoi prodotti all'interno della U.E., quindi anche lei avrebbe convenienza a seguire questa strada se vedesse i suoi vicini con qualche denaro in più in tasca, ottenuto magari fabbricando mutante e materassi.

Questo è quanto ha cercato di fare il buon Trump nel suo Paese, che a tutti gli effetti può ritenersi un continente a sè fatto di 50 piccoli Stati, e che ha creato ogni mese, quando 110.000 posti di lavoro, quando 130.000, ininterrottamente, fino a quando non ha fatto irruzione il virus cinese. Questo è un fatto, e a questo mondo non c'è niente di più ostinato di un fatto.

Tu consigliavi ai tuoi nipoti l'intraprendenza. Non per farmi i ca$$i tuoi, ma perché ai tuoi nipoti e non ai tuoi figli? Per caso perché di figli non ne hai...? Sai, è cosa ben diversa prendere su armi e bagagli ed andare a cercare miglior fortuna altrove quando si è dinamici, ma soli: ben altra cosa quando si ha anche una consorte e dei figli: sradicarli dalla loro scuola, dalle loro amicizie, magari per proiettarli dall'altra parte del Pianeta è tutto un altro film. Nel mio piccolo, quando la mia ditta è saltata, dovendo in qualche modo pagare fin da subito la spesa e le bollette, ho preso su armi e bagagli e mi sono fatto un lungo periodo centinaia di chilometri dalla mia famiglia, senza poter fare ritorno a casa: ma è stato uno strazio. Ho preferito dopo un po' arrabattarmi a fare 3/4 lavori, lavorando 7 giorni su 7, ma poter dormire la sera nel mio letto, con il figlio piccolo dentro a cui poter dare un bacio sulla fronte, per poi addormentarmi subito sfinito.

C'è qualcosa di diabolico e perverso nel sistema attuale. Financo di folle. Ma per spiegarmi meglio, lo faccio fare a chi è più abile di me...

Il sistema uccide tutti, non solo i poveri

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"... In Svizzera, nel giro di poche settimane, si sono suicidati due top manager: Pierre Wauthier, 53 anni, direttore finanziario di Zurich, colosso delle assicurazioni, e Carsten Schloter, 49 anni, leader di Swisscom Telecomunicazioni. Wauthier era pressato, stressato dal suo capo perché raggiungesse obiettivi sempre più alti, finché, non potendone più, si è tolto la vita. Ancora più indicativo il caso di Schloter che aveva lasciato scritto: "Non puoi stare connesso con il lavoro ventiquattr'ore su ventiquattro, non puoi cancellare la famiglia, non puoi scordarti i figli, non puoi scordarti la vita".
L'attuale modello di sviluppo è riuscito nella mirabile impresa di far star male anche chi sta bene. Figuriamoci gli altri. Alla base sta la competizione economica, concezione pressoché sconosciuta prima della Rivoluzione industriale e le cui conseguenze devastanti sono state enfatizzate dalla globalizzazione, fenomeno che ha anch'esso mosso i primi passi a metà del XVIII secolo ma che oggi è arrivato a piena maturazione con l'acquisizione al modello di sviluppo occidentale di quasi tutti i Paesi del mondo. Competizione fra individui, competizione fra aziende, competizione fra Stati, che passa sul massacro della persona umana. Noi ammiriamo, e temiamo, lo sviluppo cinese, ma da quando nella terra di Confucio è iniziato il boom economico il suicidio è la prima causa di morte fra i giovani e la terza fra gli adulti. Nelle fabbriche cinesi, dove si assemblano le componenti della Apple e gli operai lavorano sedici ore al giorno, hanno dovuto stendere delle reti di salvataggio per impedire ai poveracci di gettarsi giù a capofitto, uccidendosi. Forse stavano meglio quando si accontentavano della loro ciotola di riso..." (CONTINUA NEL LINK)



Stampalo quell'articolo Sayon, e leggilo bene. Anzi, mettilo sul comodino, e leggilo tutte le sere...

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