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La svolta nucleare del governaccio Meloni

Inviato: 14 mar 2025, 22:04
da Fosforo31
Ero assente dal Forum il 28 febbraio scorso quando il governaccio Meloni (nel seguito per brevità g.M.) ha annunciato a reti unificate il ritorno dell'Italia al nucleare. Il g.M. ha approvato un ddl delega che mette nero su bianco questa ennesima presa per i fondelli del parlamento (ridotto a passacarte anche sui provvedimenti strutturali ed epocali come questo) e del popolo sovrano espressosi a maggioranza schiacciante contro l'atomo in ben due referendum. Riporto le parole testuali della premier al Tg1:
"Siamo intervenuti per dare una risposta immediata alla necessità del momento (caro bollette, nda) ma abbiamo anche deciso di guardare al futuro con scelte di lungo periodo... scelte coraggiose e strutturali per garantire energia pulita, sicura, a basso costo, capace di assicurare sicurezza energetica e indipendenza strategica all'Italia. Parlo ovviamente (??!, nda) dell'energia nucleare sulla quale ora chiediamo al parlamento di esprimersi".
Già, con una scontata approvazione della delega al governo che entro 12 mesi emetterà i decreti legislativi per decidere, come si legge nel testo, sul complesso quadro normativo e su tutto il programma realizzativo. Che include la sperimentazione, localizzazione, costruzione ed esercizio dei nuovi impianti di produzione dell'energia e di quelli per la fabbricazione e il riprocessamento del combustibile (tecnologie queste dove partiamo da zero); lo smantellamento degli impianti pregressi (costosissima telenovela in corso da decenni e tuttora in alto mare); la sperimentazione, localizzazione, costruzione ed esercizio di nuovi impianti per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito (il fantomatico Deposito nazionale di scorie per la cui assenza siamo da anni sotto procedura d'infrazione UE), e di impianti per lo smaltimento definitivo (leggasi un problematico e costosissimo deposito geologico). Come se non bastasse, il g.M. prevede non solo la ricerca e lo sviluppo ma anche l'utilizzo dell'energia da fusione nucleare (tutto da dimostrare a livello mondiale ma Pichetto Fratin ha inserito nel PNIEC 400 fantomatici megawatt da fusione "a ridosso del 2050") e ovviamente una "capillare" campagna di informazione della popolazione (forse per non ripetere il flop del ridicolo spot in tv all'epoca dell'ultimo governaccio Berlusconi). Vaste programme direbbe con ironia il generale De Gaulle, e potrei fermarmi qui, ma nel prossimo post esporrò qualche seria considerazione nel merito di questo insano progetto del g.M. Progetto per giunta dai prevedibili costi astronomici e tempi biblici ma nelle 6 pagine della legge delega di tutto si parla fuorché di costi e di tempi, a parte generici riferimenti alle scadenze fissate dall'UE per il percorso di decarbonizzazione.

Re: La svolta nucleare del governaccio Meloni

Inviato: 14 mar 2025, 22:57
da heyoka
Ciao Fosforo, se riesco ad organizzarmi, penso di essere a Roma, per partecipare alla manifestazione organizzata da Conte.
Se partecipi, possiamo metterci d'accordo per un caffè.

Re: La svolta nucleare del governaccio Meloni

Inviato: 14 mar 2025, 23:13
da Fosforo31
Il g.M. ha annunciato in tv la legge delega sul nucleare lo stesso giorno del decreto bollette (3 miliardi di soldi pubblici destinati alle tasche degli operatori del mercato dell'energia). Demagogia e controsenso perché il nuovo nucleare è la più costosa fonte energetica e il gap rispetto al fv e all'eolico si allarga da qui al 2050 nelle proiezioni dell'IEA. Altro che "energia a basso costo" come racconta la premier! Per alleggerire le bollette bisognerebbe rinazionalizzare la produzione e il mercato di questo vitale bene comune, visto che gli operatori mirano al profitto e fanno cartello invece di farsi concorrenza. E ovviamente puntare sulle rinnovabili, come la Germania che ha spento in pochi anni i suoi 17 reattori. Questa sì che è una "scelta coraggiosa", signora Meloni, da parte di un paese più energivoro di noi, più dipendente di noi dal gas russo e assai meno dotato di noi di sole, idroelettrico ed eolico off-shore (per il ridotto sviluppo costiero). Ci parlano spesso della Francia, dove il nucleare è in mano allo Stato e copre quasi 2/3 del fabbisogno elettrico. Ma sono 57 reattori con età media di quasi 40 anni, che hanno ammortizzato i costi di costruzione all'epoca molto più bassi di quelli degli impianti di ultima generazione. Come l'EPR da 1,6 GW di Flamanville, l'unico reattore allacciato alla rete in questo secolo nel paese più nuclearizzato al mondo. Completato a fine 2024 dopo 17 anni di lavori, è in fase di collaudo a potenza ridotta ed è costato secondo la Corte dei Conti francese ben 23,7 miliardi di euro, cioè quasi due ponti sullo Stretto! L'autorevole Financial Times, citando il primo EPR costruito in Europa (Finlandia), Flamanville e i due in costruzione nel UK, parla di una strana "curva di disapprendimento". Ovvero i costi del nucleare, al contrario delle rinnovabili, stanno crescendo nel tempo. Le esperienze e i problemi dei cantieri precedenti del medesimo modello di reattore vanno a complicare la vita e a incrementare i costi nei cantieri successivi. Il g.M. parla anche dei nuovi SMR (piccoli reattori modulari fino a 300 MW) che ridurrebbero i costi per unità di energia prodotta, ma una recente analisi del MIT sui costi futuri dell'AP300 (versione small dell'AP1000) stima invece un incremento del 50% rispetto al fratello maggiore. In effetti in 70 anni di storia del nucleare civile il trend è sempre stato verso l'incremento della potenza per ridurre il costo unitario dell'energia.
Che il nucleare sia energia pulita e sicura come racconta il g.M. è a dir poco discutibile. Per il cleanup di Fukushima, che durerà 40 anni, il governo giapponese ha speso oltre 7 miliardi di dollari l'anno dal 2011 e si è rassegnato a riversare nell'oceano l'acqua di raffreddamento contaminata dal trizio. In rete si leggono stime del costo finale da 200 a quasi 1000 miliardi. È vero che i reattori di ultima generazione sono sulla carta più sicuri, ma la sicurezza nucleare costa: basta pensare ai sistemi di protezione a quadrupla ridondanza degli EPR.
La premier parla di "sicurezza energetica e indipendenza strategica" assicurate dal nucleare. Balle! L'Italia non possiede la tecnologia per costruire un reattore nucleare commerciale. Anche le nostre vecchie centrali erano made in Italy solo nel circuito secondario (turbine, scambiatori, etc.), i reattori erano di progettazione britannica o americana. Pochissime aziende al mondo oggi possiedono questa tecnologia. Ancora meno sono quelle capaci di arricchire l'uranio e di riprocessare le scorie pericolose. Il g.M. sogna di portare in Italia queste attività, magari su licenza straniera. Auguri! Secondo la World Nuclear Association oltre il 99% dell'uranio arricchito mondiale viene da quattro aziende: due multinazionali occidentali (Urenco e Orano) e i due colossi di Stato Rosatom (fondata da Putin in persona) con una quota del 43% e China National Nuclear Corporation con il 16% e in espansione. Sempre secondo la WNA quasi 2/3 dell'estrazione di uranio minerale si collocano in Russia, Cina e paesi satelliti. Il primo produttore mondiale è il Kazakistan (43%). Perfino gli USA dipendono in parte dalla Russia per il combustibile delle loro centrali atomiche. Non a caso dopo l'invasione dell'Ucraina l'uranio è stato escluso dalle sanzioni commerciali. In Italia abbiamo due piccoli giacimenti d'uranio in Lombardia, ma la Regione, pur governata dal centrodestra, si oppone al loro sfruttamento. Solo le fonti rinnovabili possono darci REALISTICAMENTE l'indipendenza energetica che non abbiamo mai avuto. Un piccolo esempio. Ho calcolato, in base ai dati TERNA 2023 sui consumi e sulla produzione elettrica siciliana, che con occupazione di suolo di 5 m²/MWh, realistica per moduli fv bifacciali ad alto rendimento, basterebbe destinare il 2 per mille del territorio dell'isola a nuovi impianti fv per renderla totalmente green e autosufficiente per il fabbisogno elettrico. Ma naturalmente c'è anche l'eolico, e quello off-shore non occupa suolo così come il fv flottante, mentre l'eolico on-shore e l'agrivoltaico convivono con l'agricoltura. Il ministro Pichetto Fratin definisce il nucleare "fonte innovativa, green, continua e programmabile". Esso dunque dovrebbe coprire una parte del carico di base ma anche i buchi di erogazione tipici di eolico e fv. Purtroppo l'anziano commercialista che dovrebbe gestire la svolta nucleare ignora che un reattore è ben poco programmabile o modulabile nella potenza. Per ragioni tecniche ma anche o soprattutto economiche. Sul MWh elettronucleare pesano molto più i costi fissi di impianto che quelli operativi variabili. Quindi la competitività di una centrale atomica è strettamente legata al suo fattore di carico, che dovrà essere il più alto possibile, ovvero l'impianto dovrà funzionare h24 a una potenza costante e molto vicina a quella massima. Assurdo pensare di alzare la potenza di un reattore al tramonto, quando viene meno il fv, e tagliarla all'alba. Certo si può regolare il circuito secondario (turbina, alternatore) come nei sommergibili a propulsione nucleare, ma in una centrale commerciale ciò causa spreco energetico e maggiore usura del secondario. Non a caso molte delle nostre vecchie stazioni di pompaggio idroelettrico nacquero negli anni 60 e 70 per accumulare l'energia delle centrali atomiche dell'epoca nelle ore di minore richiesta (es. di notte). Oggi tornano utili per ovviare al difetto opposto delle rinnovabili (erogazione discontinua). Ma ci sono diversi altri sistemi di accumulo a emissioni zero, più economici e di ben più rapido intervento del nucleare. L'accumulo elettrochimico (batterie anche di enormi capacità e dai costi in discesa), quello meccanico (volano), pneumatico (ad aria compressa), etc. Senza dimenticare l'idrogeno verde ricavato per elettrolisi da fonte rinnovabile, tuttora costoso ma sempre meno del corrispondente "idrogeno viola" prodotto per via elettronucleare.
Concludo ribadendo le due ragioni di fondo della mia contrarietà a un ritorno al nucleare: troppo costoso e troppo lento da implementare. Il global warming purtroppo accelera, le scadenze della decarbonizzazione si avvicinano, oggi sarebbe peccaminoso distrarre anche un solo euro dalle rinnovabili (per il nucleare o per la spesa militare: cambia poco). Nella conferenza stampa del 28 febbraio l'ineffabile Pichetto ha promesso:
"Entro il 2030 avremo il nucleare in Italia. Ne sono convinto".
Invece io scommetterei tutti i pochi soldi che ho che non avremo nemmeno un milliwatt dal nucleare nel 2030 (in 5 anni il g.M. non decide nemmeno dove ubicarla una centrale atomica). Scommetterei poi la metà dei miei averi che non l'avremo neppure nel 2040, perfino se questi scalzacani restassero al governo (il cielo ce ne scampi e liberi).

Re: La svolta nucleare del governaccio Meloni

Inviato: 14 mar 2025, 23:36
da Fosforo31
heyoka ha scritto: 14 mar 2025, 22:57 Ciao Fosforo, se riesco ad organizzarmi, penso di essere a Roma, per partecipare alla manifestazione organizzata da Conte.
Se partecipi, possiamo metterci d'accordo per un caffè.
Grazie per l'invito ma in questo periodo ho un problema familiare e un piccolo problema di salute, e non ci sarò. Anche se questa PERICOLOSA FOLLIA DEL RIARMO va combattuta in tutti i modi. Pensa che per una volta sono perfino d'accordo con Salvini. Spero proprio che sia coerente anche in parlamento, anche a costo di fare cadere il governo. Ci credo poco ma non lo escludo, l'inclinazione al colpo di teatro lui ce l'ha. Non ce l'ha la Schlein che avrebbe dovuto espellere dal partito tutti i vergognosi europarlamentari del Pd che hanno votato per questa follia e per la lobby degli armamenti.

Re: I fautori del nucleare diano un'occhiata a questa tabella:

Inviato: 17 mar 2025, 17:18
da Fosforo31
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Sono dati e proiezioni dell'International Energy Agency, fondata dai paesi OCSE durante la crisi energetica degli anni 70, cui poi si sono associati Cina, India, Brasile e altri. Notoriamente l'IEA è da sempre favorevolissima al nucleare e oggi è poco entusiasta delle rinnovabili (cfr. Wiki ed. inglese). Il parametro LCOE (Levelized Cost of Electricity) è il costo unitario di produzione dell'energia elettrica valutato rispetto all'intero ciclo di vita dell'impianto produttore: dall'investimento iniziale ai costi operativi e allo smantellamento finale. Come vedete LCOE oggi è molto elevato in Europa per le centrali a carbone e per quelle a gas a ciclo combinato, addirittura maggiore rispetto al nucleare. Ciò si deve alle severe norme antinquinamento (cui sta per aggiungersi una carbon tax), alle sanzioni commerciali alla Russia, ma soprattutto al fatto che per le nuove centrali termoelettriche convenzionali si prevede vita breve nell'UE a causa del processo di decarbonizzazione dell'economia, a meno che non si dotino di costosi sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio. Il MASE ha confermato la chiusura entro l'anno di 4 delle nostre 6 centrali a carbone, mentre le due ubicate in Sardegna chiuderanno tra il 2026 e il 2028. Presto dovrebbe chiudere anche l'unica centrale a olio combustibile ancora attiva che si trova in provincia di Messina. Mentre andranno avanti ancora per qualche decennio le centrali a gas. Nel 2023 fornivano il 44% della produzione elettrica nazionale, ma dalla tabella deduciamo che sarebbe assurdo costruire nuove centrali a gas in Italia e in Europa sebbene questo combustibile fossile sia stato (assurdamente) inserito nella tassonomia verde europea (insieme al nucleare) cioè tra le attività ecosostenibili e di conseguenza finanziabili e sussidiabili con fondi pubblici. E veniamo al nucleare. Il suo svantaggio economico rispetto alle rinnovabili è già palese, per es. oggi costa più del triplo del fotovoltaico, e il gap è destinato a crescere nel tempo.
Secondo l'IEA nel 2050 un MWh elettronucleare costerà mediamente il quintuplo di un MWh da fotovoltaico, 2 volte e mezza uno da eolico on-shore e oltre 3 volte e mezza uno da eolico off-shore.
Teniamo conto che queste stime sono valori medi sui 27 paesi UE. È chiaro che il costo del fotovoltaico in Italia, in particolare per es. in Sicilia o in Calabria, è nettamente inferiore a quello in Svezia o in Finlandia, e certamente inferiore alla media UE. D'altra parte le stime per il nucleare sono con tutta probabilità ottimistiche. Il trend dei costi viene stimato in discesa dalla nuclearista IEA, mentre, come nota il Financial Times, i pochi reattori costruiti o in costruzione in Europa occidentale risultano di fatto sempre più costosi. Ed è tutto da dimostrare che il nucleare di IV generazione, ammesso che arrivi allo status commerciale, sarà più economico degli EPR francesi. La stessa Francia, pioniera nel settore, sembra non credervi. Infatti ha abbandonato il progetto Astrid - prototipo di reattore veloce autofertilizzahte raffreddato a sodio liquido, una collaborazione tra il colosso di stato EDF e la giapponese Toshiba - dopo averci buttato nel cesso la bellezza di 738 milioni di euro (secondo la Corte dei Conti francese). Poco prima il Giappone aveva a sua volta abbandonato un progetto per un analogo reattore di IV generazione da 7,8 miliardi di euro nella centrale di Monju:
https://en.wikipedia.org/wiki/ASTRID_(reactor)
https://www.neimagazine.com/news/france ... t-7394432/
Vanno infine considerati gli ingenti costi del decommissioning a fine vita delle centrali nucleari, che entrano nel LCOE e che sono tuttora estremamente incerti e molto probabilmente sottostimati. Il motivo è presto detto. Secondo l'ultimo World Nuclear Industry Status Report, a metà 2024 erano 213 i reattori civili di potenza dismessi nel mondo. Ma solo 23 avevano completato il decomissioning e solo 9 di questi avevano ricevuto la certificazione di decontaminazione e bonifica del sito "a prato verde". Per la quasi totalità degli altri 190 casi i lavori erano in ritardo e i costi in lievitazione. Illuminante l'esempio dei nostri quattro piccoli e vecchi reattori. Furono dismessi poco dopo il referendum del 1987 (ma la centrale del Garigliano era già spenta per un guasto dal 1978 e fu chiusa nell'82), sono passati 35 anni e più, ma il decomissioning è tuttora in alto mare. Il gestore dei lavori, Sogin, apposita società pubblica, prevedeva il completamento entro il 2019 a un costo di 3,7 miliardi caricati sulle bollette elettriche delle famiglie e delle imprese tramite apposito balzello. Ma è slittato più volte, l'ultima previsione di cui sono a conoscenza è il 2036 con una spesa di 7,9 miliardi. Ovviamente nessuno ci crede, specie al costo finale che secondo il giornalista Sergio Rizzo ammonterà a 28 miliardi. Ma la premier Meloni ci assicura in tv che il nucleare è energia "a basso costo".