Postmodernità e postmodernismi, guai di troppo.

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PhyroSphera
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Postmodernità e postmodernismi, guai di troppo.

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Il termine fu usato inizialmente nella critica d'arte, a proposito di alcuna poesia che suonava tanto differente e sfuggente. Postmoderno era detto un tempo diverso, una sorpresa nella storia. Era l'apertura a una concezione libera della vita, senza uno scopo unico che dall'esterno la illudesse e mortificasse; la fine delle idee seducenti e irrealizzabili; un ritorno diverso ai misteri naturali.
La filosofia, dalla cultura spagnola a quella francese, passò da una considerazione fortemente politicizzata, contro la pretesa comunista più di quella capitalista - soprattutto contro la massificazione e contro una marcia verso l'abisso - a una improntata sociologicamente, proclamando la fine dei Grandi Racconti, la fine della dittatura dei paradigmi scientifico-tecnici, la fine del Pensiero Unico, la fine del moralismo verso la libertà del sacro.

Tutto ciò, constatavo, poteva avere ed aveva un senso profondo per tanti, non per tutti... Quest'ultima precisazione non fu tollerata anzi fu avversata da alcuni intellettuali, i quali mi spiavano mentre dicevo e discutevo della cosa con delle persone interessate. Cercai di capire in che senso si fossero alterate fino alla minaccia. Era chiarissimo che erano comunisti, antilibertari, omologatori; ma io cercavo qualche comprensione non astratta del loro 'vizio'. Così scoprii il volto oscuro, anzi l'ombra del tempo postmoderno che poesia e filosofia mi avevano annunciato e descritto con tanta positività: il postmodernismo, inteso come interpretazione, reazioni improprie... nel segno, per esempio, dell'insistenza su un'idea di uguaglianza che invece che essere giusta o, per esagerazione, tirannica, diventava... triste. La parola adatta era un attributo desueto: 'tristo'. Dall'ideale, al reale: il kitsch proposto ad oltranza e fino al fastidio, uno stile pornografico nella estetica dell'amore, discorsi drammatici disordinati e traballanti senza un motivo, valori confusi coi disvalori... Certo, era una sublimazione, nel senso che un mondo aveva fatto ingresso nella Nuova Età e aveva spuntato le sue inaccettabili armi; ed io mi sentivo, nel mio piccolo, gestore di questa ingruppata al ribasso, di aver trasformato tre o quattro intellettuali criminosi in figure criminalesche, spaventapasseri sociali. Ci presi gusto, ne avviai altri; perché lasciarli nel loro tempo in danni concreti e non cominciare una volatilizzazione delle prepotenze?
Andò bene. Mi capitò pure, negli stessi luoghi, di incontrare il prof. G. Vattimo, noto filosofo e pensatore del postmoderno, e di consigliargli di volgere i propri studi alla teologia ed al cristianesimo.
Dalla cultura francese a quella italiana, la postmodernità assume fatalmente un carattere più fortemente religioso, da 'fine della festa e inizio di un'altra'. Le incursioni del professore tra eretici, protestanti e il Logos fecero girare la testa ai cardinali e irritarono i colleghi abituati a lasciare ai preti gli affari da preti, finché non cominciarono a tentare di assumerlo nella folle impresa del transumanesimo, del gioco artificiale coi corpi (penso che nei recenti anni della malattia gli estorcessero molte dichiarazioni o gliene attribuissero falsamente, o forse il professore impazzì, forse da un po' prima). Andò bene, l'ingruppata: tanta moderazione, violenze stemperate in orrori che avvertivano gli ingenui. Ma non durò, altri si intromisero.

La sveglia fu, sempre negli stessi luoghi, quando alcuni altri 'volevano partecipare', anche loro, a questa stranissima avventura di traverso per i tempi della storia. Gli aspiranti furono eccitati da molti irresponsabili... un caso piccolo ma esemplare che non mancò di dare il suo frutto cattivo: furono cominciati dei lavori, senza un progetto né decisioni, da alcuni operai, che volevano saggiare il terreno, obbedienti al "capriccio degli intellettuali di sinistra": finita "da un pezzo" la Guerra Fredda un grande auditorium per far dispetto al festival wagneriano, che si teneva a pochi passi nel giardino di una Villa medioevale. Coinvolto una sorta di "mostro sacro" dell'architettura postmoderna, O. Niemeyer. Questi, brasiliano, non voleva porre mano per qualcosa in un posto tanto particolare... Fu convinto così: "se non lo fa lei, lo fa un altro che ne sa meno di lei". Contese su contese, si addivenì a una struttura quasi tutta interrata strappando molte astensioni e qualche sì anche tra la gente... ma niente di vero: il disegno di Niemeyer fu rispettato solo in parte; struttura interamente esposta, aggiunta di un parcheggio sottostante con tanto di pilastri del tutto in contrasto col resto... cause ambientaliste, interessamento europeo, con il presidente della Regione Bassolino che emanò con fare che sarebbe parso imperiale il suo editto: 'non possiamo permetterci di perdere soldi'. Quando era in vista l'abbattimento, questo presidente promuoveva la sua imitazione della regola aurea, cioè tollerare gli scempi per ingrossare le casse dello Stato. Neppure la perizia sulle strutture, già incrinate! - dato che non si comprese abbastanza la geologia particolare del luogo - riuscì ad evitare il fattaccio. La promessa di musica classica tutto l'anno tradita da richieste ufficiali di spazio acustico solo generico. A dire forse della bravura dell'architetto, terrazzo e facciata; oltre sarebbe meglio abbattere quindi mettere dietro alla vetrata d'ingresso degli abeti, ovviamente col cielo sopra, senza un soffitto - con una consolazione: a causa del reale iter risultante, aver lasciato in piedi la costruzione è atto contro il vero Stato, cui reagire di più che a una volgare speculazione. Accadrà? (L'architetto, ultracentenario, trovava la forza di andare sul luogo ma, a causa dei modi di alcuni attorno, preferiva andarsene senza raggiungere il posto preciso - e per tutto dispetto gli intitolarono l'edificio, nonostante avesse fatto scendere in campo anche un avvocato.)

Postmodernità, postmodernismi.


MAURO PASTORE
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