Storia e memoria

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Romano
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Storia e memoria

Messaggio da leggere da Romano »

Appartengo alla generazione dei baby boomer, nato appena dopo la fine della guerra. La famiglia materna era contadina, o per meglio dire paesana, della bassa Sabina, un territorio fortemente impregato di fascismo. Fascisti naturali, come avrei facilmente constatato crescendo e conoscedoli meglio. Brava gente, poco istruita, in una terra, in paesi e paeselli che a pochi chilometri da Roma sembravano essere fuori dal mondo. Bellissima quella campagna.
Il mio bisnonno aveva fatto la guerra mondiale del 15-18, mi raccontava della vita in trincea e delle emozioni provate da contadino venuto occasionalmente nella Capitale per qualche cerimonia. La guerra appena finita viveva nel ricordo dell'occupazione tedesca, una presenza marginale, qualche ufficiale verso il quale sembrava ci fosse stata una gara per ottenerne la benevolenza, in fondo erano anche loro brava gente da tenersela buona.

Io romano nato nel quartiere ostiense, in una strada limitrofa alla stazione guarda caso costruita per accogliere Hitler. Giocavo a pallone nel piazzale antistante la stazione, chiusa e muta nell'immediato dopoguerra. La famiglia paterna era trasteverina, del tutto e per tutto dissimile dall'altra. Popolani e poco istruiti quanto gli altri, ma comunisti della primissima ora mio nonno, partigiano in Slovenia un fratello di mio padre, funzionario di Botteghe Oscure un altro fratello, infine mio padre, cattolicissimo amante delle architetture barocche, appassionato di storia della Chiesa, convertito per ultimi alla falce e martello.

Una collocazione, la mia, che non solo mi faceva essere partecipe di ricordi diversi e contrastanti, da parte di persone che avevano uno sguardo e una natura profondamente diversa, sebbene ugualmente popolare, ma che mi faceva vivere in una realtà fisica che portava vivissime le tracce, gli umori, i colori, le forme del ventennio fascista, sovrapposte naturalmente ai segni e alle grandìose bellezze delle epoche precedenti, e anche ai segni e allo squallore di una Roma ancora ben lontana dalla modernità che sarebbe esplosa negli anni 60.

I ricordi, soprattutto, non erano rimembranze che echeggiavano dalle nebbie del tempo, ma ricordi con la misura dell'attualità. Lo stesso Fausto Coppi che aveva vinto il tour nell'anteguerra, era lo stesso che lo vinceva mentre io andavo in prima elementare. E ne leggevo le imprese sull'Unità che mio padre portava a casa. Rgazzino curioso, leggevo tutto quel giornale, anche se ne coglievo benissimo la parzialità (faziosità) tipica di un organo di partito.

Insomma, la mia storia è la stessa di un'intera generazione, ma diciamo anche due o tre, per le quali non esisteva una gran differenza tra storia e memoria. cioè tra un ricordo del fatti documentato e inciso nel corpo di un paese da una parte, e una ridda di ricordi e umori personali. Questi ultimi erano sì diversi e perfino caleidoscopici, ma confluivano facilmente nella sintesi che ne faceva la storia. Si capiva, si intuiva che la memoria dipendeva dal momento e dalla varietà delle situazioni individuali - era ovvio, non servivano complicati ragionamenti.

Veniamo a noi, oggi. La memoria permane, anche sotto forma per lo più di intepretazione personale, non per esperienza diretta. La storia non si può difendere, basta non conoscerla, o alla peggio decidere di liquidarla con una pernacchia.

Dice Antonio Scurati, in un'intervista a Carlo Bonini - Lo sguardo e i commenti di tanti ragazzi alla fine di quella proiezione. Come se di fronte ai loro occhi si fosse improvvisamente materializzata la rivelazione di qualcosa di sconosciuto, di quasi incredibile e di intollerabile. E questo mi fa pensare che quando dieci anni fa intuii che l’orizzonte di coscienza storica sul ’900 italiano rischiava di chiudersi, anche sulla scorta di almeno un decennio di revisionismo, non mi sbagliavo. M. è arrivato nel momento in cui la memoria storica e civile sul fascismo era a un passo dalla cancellazione, se ne preparava la riabilitazione e, in forme nuove e parziali, anche il suo ritorno. Probabilmente è questo che non viene perdonato né al sottoscritto né a M. dai cosiddetti postfascisti. (https://www.repubblica.it/robinson/2024 ... G-P6-S2-T1)
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Vento
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Re: Storia e memoria

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Letta con piacere la tua storia.
La memoria storica è sempre riferita al fascismo e mai al comunismo. Eppure è stato il comunismo ad aprire il secolo di violenze, guerre e sangue. Il fascismo è nato come reazione in difesa degli stati aggrediti dalle rivoluzioni comuniste. La sinistra attuale, erede del partito comunista, si guarda bene dal fare autocritica per i disastri combinati in giro per il mondo, mentre invece pretende sempre dai rivali politici dichiarazioni di antifascismo. Segno che non ha cambiato natura, resta un movimento politico totalitario, che si autodefinisce democratico, mentre è esattamente il contrario.
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Romano
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Re: Storia e memoria

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Vento ha scritto: 22 ott 2024, 13:49 Letta con piacere la tua storia.
La memoria storica è sempre riferita al fascismo e mai al comunismo. Eppure è stato il comunismo ad aprire il secolo di violenze, guerre e sangue. Il fascismo è nato come reazione in difesa degli stati aggrediti dalle rivoluzioni comuniste. La sinistra attuale, erede del partito comunista, si guarda bene dal fare autocritica per i disastri combinati in giro per il mondo, mentre invece pretende sempre dai rivali politici dichiarazioni di antifascismo. Segno che non ha cambiato natura, resta un movimento politico totalitario, che si autodefinisce democratico, mentre è esattamente il contrario.
C'è un equivoco. La memoria è quella individuale, vita vissuta, che per definizione è parziale e casuale.
La storia è il ricordo documentato, ovvero una sintesi ragionata di tutto ciò che si sa di un dato periodo.

Quella che tu dici è la storia del comunismo sovietico, o almeno la storia dominata dall'avvento de comunismo sovietico.
In Russia ne hanno anche memoria, in occidente no.
Nella mia famiglia - giusto per ricollegarmi - c'è stata tuttavia memoria del comunismo sovietico. Quel mio zio, funzionario del PCI, aveva le vacanze gratuite in URSS, e ci andava soprattutto per le biondone facili che ci trovava, ma a commento finale esclmava sempre "col cazzo che ci vivrei!". Semplice, chiaro, elementare. Io quindi ho maturato rapidamente la convinzione, anzi la constatazione - da adolescente - che la sinistra europea doveva mollare la palla di ferra al piede costtituita dal legame con l'URSS, anche se questo legame era soprattutto riferito alle sue primitive ragioni fondanti, rivoluzionarie. Nella mia permanenza e vicinanza al PCI ho riscontrato sempre una notevole distanza dalla natura illiberale del sovietismo. C'era una quota di filosovietici, via via sempre più minritaria, fino a diventareuna setta che poi ha dato vita a gruppuscoli o singoli individui che oggi ritrovi filoputiniani, cioè filorussi a prescindere.
Insomma la storia del comunismo post bellico, italiano, non concorda con la storia che tratteggi, anche se certamente merita un analisi critica, ma politica, nazionale, di errori ed omissioni. Però l'autocritica di cui tu parli c'è stata, profondissima, in lungo e in largo, a tutto campo, perfino eccessiva, essendo diventata una categoria dello spirito della sinistra.
Quanto al liberalismo, certo non c'era tanto quello aziendalista, ma era forte e presente quello dei diritti, solo mitigato dalla caustela verso la Chiesa, che per esempio fece sì che la battaglia per il divorzio fosse lanciata e guidata dai socialisti e dai radicali, ma poi sostenuta massicciamente dall'elettorato anche comunista. E lo stesso per molti altri momenti ed argomenti - la dirigenza del PCI era cauta, non voleva strappi, ma la sua politica culturale era liberalsocialista, al punto che con Berlinguer finì per confluire definitivamente nello stesso alveo.
La pretesa di antifascismo nasce solo adesso, per il semplice fatto che ci sono i fascisti. Prima era sottinteso.

Ma una colpa la sinistra ce l'ha, a proposito di fascismo. Ne hanno parlato sempre troppo, nel modo sbagliato.
Ma è una colpa condivisa con tutto il cosiddetto arco costituzionale. Io, per così dire, c'ero. Lo so.
Intanto, di fascismo, nazismo, guerra mondiale etc, non si parlava nella scuola. Nemmeno arrivati al liceo. A malapena si accennava alla prima guerra mondiale.
E poi, nella comunicazione ordinaria prevaleva una rievocazione emotiva verso il fascismo, denigratoria per i suoi aspetti scenici per le dichiarazioni roboanti e le spacconate mussoliniane. Erano per altro vaghe, generiche le vicende coloniali, gli orrori criminali della guerra, si spingeva soprattutto sulla colpa dell'alleanza con la Germania, trascurando gli errori ed orrori da addebitare ditettamente al fascismo. Soprattutto, si parlava pochissimo, direi niente, dell'aspetto politico istituzionale, e della genesi del fascismo. Una complessiva manchevolezza assecondata dalla DC e dagli altri, qualcuno per calcoli elettorali, altri per una cattiva coscienza "borghese". Nell'immadiato dopoguerra, per il CI, probabilmente ha pesato il timore che approfondendo correttamente la genesi politico-ideologica del fascismo avrebbe aleggiato anche lo stalinismo.
(segue)
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Romano
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Re: Storia e memoria

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Romano ha scritto: 23 ott 2024, 5:50 ... Nell'immadiato dopoguerra, per il CI, probabilmente ha pesato il timore che approfondendo correttamente la genesi politico-ideologica del fascismo avrebbe aleggiato anche lo stalinismo.
(segue)
... Fatto è che si è lasciato campo a tutta una serie di fanfaluche sul fascismo stesso, anzi più propriamente alla possibilità di rileggerne, o rievocarne le gesta in modo riduttivo, o perfino assolutorio, laddove in realtà quel ventennio fu un'enciclopedia di orrori e di vergogne assolute.
Io capisco che sembrava impossibile un'effettiva risorgenza del nazifascismo, nel dopoguerra di pace e di benessere economico. Cioè sembrava fuori luogo continuare a battere su questo tasto, da parte dei politici democratici, era più attuale il boom economico, il sindacalismo, la libertà, la pace, la lotta contro i vari fascismi piccoli e grandi che zampillavano qua e là per il mondo.
Ma in realtà, quello che viene in evidenza è l'importanza della storia. Non sono i partiti che devono fare la storia, ma la scuola, la cultura. E nell'Italia repubblicana è venuta a mancare la storia. La storia l'ha fatta il cinema, ma anche quella era una storia emotiva. Le emozioni vivono con gli uomini, quando passano questi passa tutto. E gemmano i funghi neri.
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Vento
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Re: Storia e memoria

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I piddini attuali sono i nipoti dei comunisti, i quali vissero mantenuti dai compagni sovietici, le cui tragiche avventure condivisero, come Napolitano che applaudi’ la repressione di Praga. Poi quando videro che l URSS ed il comunismo non trionfavano nel mondo, vigliaccamente sputarono nel piatto che li sfamava e diventarono filo capitalisti e filo americani. Ora sono alla corte degli oscuri finanzieri che dominano l economia occidentale, verso un loro dominio globale, un 1984, una specie di comunismo capitalista, dopo la distruzione in corso degli Stati.
Trasformismo all ennesima potenza, che fa di loro dei mercenari, dei professionisti della politica, al soldo dei padroni del momento, avendo perso ogni ideale. Allo stesso tempo si guardano bene dal rinnegare il passato comunista, che’ perderebbero tutti i consensi del vecchio zoccolo duro che consente loro di stare nella stanza dei bottoni. Razza spregevole.
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heyoka
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Re: Storia e memoria

Messaggio da leggere da heyoka »

Mi par di capire che con l' amico Romano dovrei condividere l età.
Io sono nato nel 1947.
Memoria diretta del fascismo non ne ho ma ricordi diretti di coloro che hanno vissuto il Fascismo, l' 8 settembre e la guerra civile tra chi difendeva il Fascismo e chi voleva sostituirlo con il Comunismo ( spacciata in seguito come lotta di liberazione) ne ho avuta molta.
E quando mi sono accorto che la memoria popolare non combaciava, anzi, STRIDEVA, con la memoria degli storici, ho cominciato ad avere molti dubbi sulla onestà intellettuale degli storici.
La vita è come un ponte, puoi attraversarla ma non costruirci una casa sopra.
(Proverbio dei Sioux)
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