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Finanziando e inondando di armi l’Ucraina con una minima spesa dello Stato federale, di appena lo 0,65%, sono stati distrutti migliaia di mezzi corazzati e aerei russi e sono stati uccisi decine di migliaia dei loro soldati, “e tutto ciò è stato realizzato senza dover mettere a rischio un solo soldato americano in prima linea”. Questo il commento entusiasta di Max Boot a quanto si sta consumando in Ucraina in un articolo pubblicato sul Washington Post il 2 ottobre.
“Si tratta di un investimento incredibile”, conclude l’entusiasta cronista, “soprattutto se paragonato al coinvolgimento degli Stati Uniti in altre guerre recenti” come l’Afghanistan e l’Iraq. Un commento che si attaglia più a un killer che a un cronista venerato e riverito, ma tant’è. Tale il cinismo dell’America, che Boot ha il pregio di rendere esplicito nella sua brutalità, lasciando intravedere quel che dicono tra loro, quando parlano in privato, i potenti dell’Impero.
Così gli scappa la penna e scrive: “La guerra in Ucraina ha un profilo positivo impressionante anche rispetto ad altre guerre per procura fatte dai repubblicani”. Ponendo tale parallelo, Boot scrive esplicitamente che anche la guerra ucraina è una “guerra per procura”, cosa che dicono tanti osservatori tacciati però di essere figli di Putin.