vedo che insisti nella tua insana proposta di farmi leggere micromega
e allora io... l'ho letto, fino in fondo, e deliri a parte, proprio all'ultima frase ho trovato qualcosa di interessante,una citazione, che non capivo, che non conoscevo.
"
Basta saper dire di no, con ostinazione, come il Bartleby di Melville, tutte le volte che se ne presenti l’occasione.
Quando, ci si chiede, il popolo degli indifferenti e degli astensionisti comincerà finalmente a ribollire d’ira e non poterne più di questo sciagurato, triviale immobilismo?
A dire con fermezza “Preferiamo di no!”? "
ma questi MICRO cefali MEGA coglioni, lo hanno mai letto il racconto di Melville? certo capisco come in questo Bartleby, protagonista del racconto vi ci si riconoscono, ma lo sanno dove porta il continuo immotivato rifiuto "I would prefer not to". suppongo proprio di no, visto che seguono la stessa strada, e almeno come rivista faranno la stessa fine.
copio incollo da wiki la trama del racconto.
Il narratore è il titolare di uno studio legale di Wall Street, a New York. Egli svolge "un lavoro discreto fra i titoli, le obbligazioni, le ipoteche di uomini abbienti" e si descrive come "una persona eminentemente cauta e fidata". Egli ha tre dipendenti: Turkey (tacchino) e Pince-Nez (occhiali a stringinaso) sono due scrivani, mentre Ginger Nut (biscotti allo zenzero) è il fattorino. Turkey, un anziano inglese, è un modello di efficienza al mattino, ma diventa insolente e pasticcione dopo pranzo; Nippers invece, un giovanotto ambizioso, è inquieto e irritabile al mattino, ma lavora bene al pomeriggio.
Il narratore, pur notando queste eccentricità, accetta di buon grado i suoi dipendenti e, con l'ampliarsi dell'attività, decide di assumere un terzo scrivano. Risponde all'annuncio Bartleby, che si presenta in ufficio come una figura "pallidamente linda, penosamente decorosa, irrimediabilmente squallida!". In principio Bartleby esegue diligentemente il lavoro di copista ma si rifiuta di svolgere altri compiti, sconcertando il suo principale con la risposta "preferirei di no" (nell'originale, "I would prefer not to"[1]). Poi smette di lavorare del tutto, fornendo come unica spiegazione la medesima frase.
Il principale, combattuto tra la pietà e l'esasperazione, scopre che Bartleby non ha casa né amici e abita nello studio. Non avendo il coraggio di licenziarlo, ma irritato dalla sua "signorile nonchalance cadaverica", cerca di persuaderlo a riprendere il lavoro o, almeno, a fornire spiegazioni. Bartleby non fa altro che ripetere il suo motto; il principale è quindi costretto a licenziarlo. Tuttavia l'ormai ex impiegato continua ad aggirarsi nello studio; allora l'avvocato decide di trasferire altrove la sua attività per sfuggire a quell'inquietante presenza. I nuovi inquilini, però, protestano e il principale va a parlare ancora con Bartleby, offrendogli denaro e birre e invitandolo persino a trasferirsi a casa sua. "No, preferirei non fare cambiamenti", è la risposta. I nuovi inquilini fanno così arrestare Bartleby per vagabondaggio.
Quando il narratore si reca a fargli visita alle Tombe, la prigione di New York, Bartleby lo accoglie con "La conosco, non ho nulla da dirle". Egli tuttavia cerca di confortarlo, dando del denaro al vivandiere perché gli offra dei pasti migliori. Ciononostante, Bartleby "preferisce non mangiare", e si lascia morire di inedia. La narrazione si chiude con una riflessione dell'avvocato, che essendo venuto a sapere che Bartleby aveva in precedenza lavorato all'ufficio delle lettere smarrite di Washington, ipotizza che il maneggiare queste lettere morte lo abbia condotto alla depressione e al suo bizzarro comportamento.