Sanità: Emilia Romagna, Lombardia e Veneto le regioni più attrattive

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ereticamente
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Sanità: Emilia Romagna, Lombardia e Veneto le regioni più attrattive

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Chi ha la necessità di sottoporsi ad un intervento chirurgico o ad una prestazione specialistica, e ne ha le possibilità, preferisce andare in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto (le regioni che risultano anche ai primi posti nei punteggi sui Livelli essenziali di assistenza), con una leggera prevalenza per le strutture private. È quanto emerge da un report della Fondazione Gimbe sulla migrazione sanitaria, che, nel 2020, ha raggiunto un valore di 3,33 miliardi di euro ma che proprio in quell'anno sconta un forte calo dovuto alle restrizioni anti-Covid, con dati estremamente variabili tra le regioni del Nord e quelle del Sud. Guardando al saldo tra mobilità attiva (attrazione di pazienti da altre regioni) e quella passiva (migrazione sanitaria dalla regione di residenza verso altre), spiega il report, «Emilia Romagna, Lombardia e Veneto - tutte e tre capofila nella trattativa per ottenere l'autonomia differenziata - raccolgono il 94,1% del saldo attivo, mentre l'83,4% del saldo passivo si concentra in Campania, Lazio, Sicilia, Puglia, Abruzzo e Basilicata».

Le tre regioni del Nord raccolgono, insieme, quasi la metà della mobilità attiva: Lombardia (20%), Emilia-Romagna (16,5%) e Veneto (13%). Una ulteriore fetta, quasi il 21%, viene attratto dalla triade Lazio (8%), Piemonte (7%) e Toscana (5%). Quanto alla mobilità passiva, tre regioni con maggiore indice di fuga generano debiti per oltre 300 milioni di euro: in testa Lazio (14%), paradossalmente la stessa Lombardia (11%) e Campania (10%), mentre mancano i dati sulla Calabria. Complessivamente, l'85,8% degli spostamenti per cure riguarda ricoveri ordinari e in day hospital (69%), seguiti dalle prestazioni di specialistica ambulatoriale (16%). In particolare, più della metà del valore della mobilità sanitaria è erogata da strutture private, per un totale di 1.422 milioni (53%), rispetto ai 1.279 milioni (47%) delle strutture pubbliche.


«I flussi economici della mobilità sanitaria - commenta Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - scorrono prevalentemente da Sud a Nord. E oltre la metà delle prestazioni di ricovero e specialistica ambulatoriale finisce nelle casse delle strutture private, un ulteriore segnale d'indebolimento della sanità pubblica». Ma è anche vero che «se quasi tutte le regioni del Sud hanno elevati indici di fuga, questi sono rilevanti anche in tutte le grandi regioni del Nord con elevata mobilità attiva», a causa della «cosiddetta mobilità di prossimità, ovvero lo spostamento tra regioni vicine con elevata qualità dei servizi sanitari, secondo specifiche preferenze dei cittadini». Va infine sottolineato «che è impossibile stimare l'impatto economico complessivo della mobilità sanitaria che include, tra gli altri, i costi sostenuti da pazienti e familiari per gli spostamenti».
Da ragazzo ero anarchico, adesso mi accorgo che si può essere sovversivi soltanto chiedendo che le leggi dello Stato vengano rispettate da chi ci governa. (Ennio Flaiano)
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