Vento ha scritto: 13 mar 2023, 0:02
Perso Dio, si è perso tutto
Senza l’unità divina, e le sue conseguenze di disciplina e di dogma, l’unità mentale, l’unità morale, l’unità politica spariscono tutte allo stesso tempo, e non si riformano se non viene prima ristabilita la prima unità.
Senza Dio, non c’è nè vero nè falso, nè legge nè diritto, senza Dio la logica più rigorosa mette sullo stesso piano la peggiore follia alla ragione più perfetta, perchè senza Dio esiste solo il principio dell’esame critico, principio che può escludere tutto, ma che non può fondare nulla.
Charles Maurras
Questo breve testo ci spiega le ragioni e le cause della dissoluzione sociale in cui siamo immersi. Se la chiesa smette di avere timor di Dio, e di proclamare la Verità, la società è perduta.
Perso Dio si è perso tutto: il titolo, piuttosto drammatico, di questa discussione per me è condivisibile, ma solo nelle ipotesi che Dio esista e che esista una qualche forma di vita ultraterrena alla quale, a discrezione di Dio stesso, non tutti siano ammessi. Ma l'esistenza di Dio è indimostrabile, come pure la sua inesistenza, sebbene molti abbiano provato a dimostrare l'una o l'altra. Per non parlare della vita ultraterrena e dell'esistenza dell'inferno. Quest'ultimo è messo in dubbio perfino da qualche teologo cattolico. Peraltro, secondo la dottrina dell'
apocatastasi di Origene alessandrino, anche chi ha perso Dio sarà reintegrato in una cornice di redenzione universale: alla fine dei tempi perfino il diavolo si convertirà e si salverà! Questa dottrina si fonda su un passo della prima lettera ai Corinzi dove san Paolo profetizza che
Dio sarà tutto in tutti.
Chiaramente il contenuto della discussione e del breve testo citato verte sulla
vita terrena: il mondo, la società, la morale, il diritto, la logica umana. Tutto perde senso, unità, coerenza senza quel principio fondante e unificante che chiamiamo Dio. Un'idea antica e tuttora diffusa ma molto radicale e molto opinabile a mio avviso. Tra l'altro, se per caso Dio non esistesse, cosa che nessuno, ripeto, può escludere, significherebbe che il tutto è fondato sul nulla, e avrebbero ragione i nichilisti, gli anarchici, i qualunquisti, etc. Lo Statuto Albertino, varato nel 1848 e vigente in Italia prima della Costituzione repubblicana entrata in vigore il 1°gennaio 1948, iniziava con queste precise parole (articolo 1):
La Religione Cattolica, Apostolica e Romana, è la sola Religione dello Stato. Cioè anche l'Italia era uno
Stato confessionale e sostanzialmente teocratico (il potere del re emanava da Dio, non dal popolo), come lo sono oggi l'Iran o l'Arabia Saudita per esempio. Un cambiamento radicale ed epocale, il passaggio allo
Stato laico, salta all'occhio fin dall'articolo 1 della Costituzione:
L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo... La parola "Dio" non compare nella Costituzione italiana. Ma ancora oggi il re d'Inghilterra, per quanto limitato nei suoi poteri costituzionali, viene incoronato in nome di Dio dall'arcivescovo di Canterbury. L'inno nazionale è
God save the King e il motto nazionale, che compare anche sui passaporti britannici, è
Dieu et mon droit (è in francese: Dio e il mio diritto). Mentre il motto degli Stati Uniti, che compare su tutte le monete e banconote, è:
In God we trust (Noi crediamo in Dio), in palese contrasto con il primo emendamento della Costituzione che garantisce la libertà religiosa dunque anche l'ateismo. Anche da noi persistono tangibili scorie dello Stato confessionale. Basta pensare ai vari privilegi della Chiesa cattolica, per es. le immancabili sovvenzioni degli enti pubblici locali agli innumerevoli eventi religiosi o i fondi stanziati dai governacci Draghi e Meloni per il Giubileo 2025 (1,8 miliardi per ora). Mentre l'annosa questione dell'crocifisso nelle aule pubbliche è stata finalmente risolta, almeno per le aule scolastiche, da una sentenza del 2021 delle Sezioni unite della Cassazione: non esiste nessun obbligo di esposizione, la quale anzi confligge con i princìpi dello Stato laico.
Tornando alla questione generale, non capisco proprio perché i pilastri della convivenza civile debbano essere fondati su base "divina". Ci sono Stati molto laici, sebbene cattolici, come la Francia, che funzionano bene. E c'è uno Stato sostanzialmente ateo, la Cina, che da molti decenni sfama senza problemi un miliardo e passa di persone e si avvia a sostituire i bigotti USA nella leadership economica e tecnologica mondiale. Preciso che condanno l'ateismo di Stato quanto la religione di Stato, e il laicismo (degenerazione fanatica della laicità) quanto il fanatismo religioso. Naturalmente tutte le cose umane sono imperfette: la società, le istituzioni, i sistemi politici, i sistemi economici, la morale, il diritto, etc. Perfino la matematica e la logica sono limitate, cioè inconsistenti o incomplete, alla luce delle moderne conoscenze (i teoremi di incompletezza di Godel, il teorema di Tarski di indefinibilità della verità, etc.). Ma tutto questo è abbastanza ovvio: siamo esseri imperfetti e limitati e non è certo appoggiandoci in qualche modo alla divinità che ci avviciniamo alla perfezione. Anzi, al contrario, rischiamo di adagiarci, di chiuderci rispetto alle diversità e al cambiamento, per il semplice fatto che Dio è unico e immutabile. E di entrare in conflitto con altri popoli, altri sistemi sociali, altre religioni che hanno il loro Dio, a sua volta unico e immutabile. Si ripropone il dilemma di Feuerbach: Dio ha creato l'uomo o è l'uomo che ha creato Dio? Io lascio aperte ambedue le possibilità e abbraccio il motto illuminista di Ugo Grozio:
Etsi Deus non daretur. Che viene spesso tradotto in
"Come se Dio non esistesse" ma significa letteralmente:
"Anche se Dio non fosse dato". In sostanza, per esempio, non dovremmo rubare anche se non ci fosse il settimo comandamento. La morale, il diritto, l'etica pubblica e quella privata possono anzi a mio avviso devono prescindere dall'esistenza o meno di Dio. Però non dovremmo rubare nemmeno nel caso in cui non ci fosse una legge dello Stato che lo vieta. Credo che ambedue queste affermazioni siano condivisibili. C'è un principio, infatti, che viene prima della religione e prima dello Stato, ed è il
principio di relazione, alla base della società, di tutti i rapporti umani e della vita stessa. Un essere vivente non è un sasso ma è in continua e vitale relazione con gli altri viventi e con l'ambiente. Quindi io devo rispettare tutte le persone e tutte le cose con le quali entro in relazione. E allora non rubare, rispettare il prossimo ma anche l'ambiente in cui vivo, o meglio, in cui viviamo.
Con ciò non voglio assolutamente sottovalutare il valore della religione. La parola viene probabilmente dal verbo latino
religare, legare insieme, che ha una radice comune con
lex, legge. Le leggi di una comunità servono per tenere insieme i suoi membri nel modo più ordinato e armonioso possibile, ma questa è anche una funzione della religione. Basta ricordare le antiche comunità dei primi cristiani, dove tutto era condiviso, tutto era messo
in comunione. Anche se poi l'imperfezione umana ha fatto degenerare pure la religione, spesso in fattore di odio e discriminazione. È probabile che le religioni nacquero contestualmente con le più antiche società tribali, mentre i codici e le leggi arrivarono in seguito, con la civilizzazione, le società più organizzate e l'invenzione della scrittura. Come sottolineava Benedetto Croce (
Non possiamo non dirci cristiani), le radici culturali cristiane dell'Italia e dell'Europa sono innegabili e molto importanti, a mio avviso quanto quelle che affondano nella Grecia classica.
Non sono credente, ma ho sempre ammirato la figura di Gesù e con l'avanzare dell'età ho intensificato la mia ricerca di un percorso di fede. Ho frequentato e frequento anche se in modo non assiduo, parrocchie, comunità religiose e annesse associazioni di volontariato, sportive, culturali, etc. Debolezze umane, eccessi, specie nel ritualismo esteriore e nel confidare nell'intervento divino più che nell'agire, ingenue tradizioni e credenze antiscientifiche (miracoli e simili) e una polarizzazione relazionale a mio avviso controproducente e da superare (il sacerdote parla e i fedeli ascoltano, l'omelia della messa io la trasformerei in un breve dibattito) non mi impediscono di concludere che nel 2024 la pratica religiosa è pur sempre un modo decente di stare al mondo.