AIDS, perché con la pandemia di Covid-19 le diagnosi di infezione da HIV sono calate

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AIDS, perché con la pandemia di Covid-19 le diagnosi di infezione da HIV sono calate

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Il rapporto annuale sulle nuove diagnosi di infezione da Hiv e sui casi di Aids, curato dal Centro Operativo Aids (COA) dell'Iss, aggiornato al 31 dicembre 2021, quest'anno è uscito in ritardo. In genere i dati vengono pubblicati a metà novembre, mentre il rapporto nuovo è arrivato solo il 28 novembre, probabilmente anche a causa del cambio di governo che ha dilatato i tempi.

Al di là della mancata puntualità, ogni anno in questo periodo il ministero della Salute fornisce i dati relativi all’anno precedente, a partire da uno studio dell’Istituto superiore di sanità. Quello che si osserva in questo documento è che nel 2021 le nuove diagnosi di infezione da Hiv sono state 1.770, pari a tre nuovi casi per 100.000 residenti. Un'incidenza che pone il nostro Paese al di sotto della media osservata tra gli Stati dell'Unione Europea (4,3 nuovi casi per 100.000).

Cosa dice il rapporto annuale su HIV/AIDS
Dal dossier relativo al 2021 emerge che l'incidenza più elevata di nuove diagnosi è stata nella fascia di età 30-39 anni (7,3 nuovi casi ogni 100.000 residenti), a seguire tra 25 e 29 anni (6,6). In generale, erano maschi il 79,5% dei nuovi diagnosticati.



L'età media è, invece, di 42 anni per gli uomini e 41 per le donne. L'85% dei contagi è risultata essere avvenuta attraverso i rapporti sessuali. In particolare gli eterosessuali rappresentano il 44% delle nuove diagnosi effettuate nel 2021, i maschi che fanno sesso con maschi il 39,5%. La trasmissione attraverso l'uso di sostanze stupefacenti ha riguardato solo il 4% dei casi. Si conferma inoltre, una tendenza iniziata dal 2017, ovvero una diminuzione di nuove diagnosi in stranieri (pari al 29%).
Dal 2015 è aumentata la quota di persone a cui viene diagnosticato tardivamente l'Hiv. Oltre una persona su 3 con nuova diagnosi scopre di essere Hiv positivo a causa della presenza di sintomi o patologie correlate a Hiv (39,8%). Altri motivi che spingono le persone a fare un test sono: rapporti sessuali senza preservativo (16,6%), accertamenti per altra patologia (6,9%), iniziative di screening (6,2%).

Si tratta di dati preoccupanti anche rispetto alla situazione europea: in Italia i ‘late presenters' (nuove diagnosi di infezione da Hiv con numero di linfociti CD4 <350 cell/µl) sono il 63,2% del campione, contro una media europea del 55,5%. Un segnale che non può essere ignorato, tanto più se si considera che, nel 2020 e nel 2021,il Covid potrebbe aver comportato una sottodiagnosi o una sottonotifica dei casi.

L'incidenza più alta nel 2021 è stata registrata in Lazio, Valle d'Aosta, Toscana ed Emilia Romagna. Quanto al numero di decessi per Aids rimane stabile a poco più di 500 casi l'anno. Dal 1982 a oggi sono stati 72.034 i casi di Aids conclamato, di cui 46.874 deceduti entro il 2019. Nel 2021 sono stati diagnosticati 382 nuovi casi di Aids.

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Da ragazzo ero anarchico, adesso mi accorgo che si può essere sovversivi soltanto chiedendo che le leggi dello Stato vengano rispettate da chi ci governa. (Ennio Flaiano)
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