Hannibal Lecter ha scritto: 2 gen 2025, 10:01
L’errore lo abbiamo fatto negli anni/decenni scorsi a renderci così dipendenti dal gas come risorsa energetica, legandoci così mani e piedi ad una feroce dittatura sanguinaria ed assassina come la Russia.
Adesso piano piano ci stiamo liberando da questo legame obbrobrioso: dall’anno prossimo non ci saranno più incentivi ad installare caldaie a gas (incredibilmente c’erano ancora nel 2024) e già l’anno scorso quasi la metà del nostro fabbisogno energetico è stato coperto dalle energie rinnovabili, mentre da quest’anno il nostro contributo economico alle follie espansionistiche russe tramite l’acquisto di gas sarà pari a zero.
Se questo governo riuscisse finalmente a far ripartire il nucleare avrebbe, almeno su questo, il mio totale appoggio.
Nel frattempo, si spinga ancora più sulle rinnovabili, sulle tecnologie di risparmio energetico che tantissimo possono ancor dare, e si chiudano TUTTE le aziende energivore: sono uno scempio che non possiamo più permetterci.
Purtroppo devo correggerti. Le rinnovabili sono in crescita ma ancora ben lontane dal coprire il 50% del nostro fabbisogno energetico. Nel 2023 la produzione nazionale da fonti rinnovabili ha coperto il 37,1% del fabbisogno elettrico, il 42% nei primi 11 mesi del 2024 (TERNA). Ma l'elettricità è solo una parte dei consumi energetici finali. Pensiamo ai trasporti, al riscaldamento domestico e al calore necessario per i processi industriali, settori nei quali dipendiamo ancora largamente dai combustibili fossili, in particolare petrolio e gas naturale. Secondo l'Energy Institute, nel 2023 le rinnovabili hanno coperto con 1,14 exajoule il 19,2% del nostro fabbisogno totale di energia primaria (5,95 EJ) contro il 41,5% del petrolio (2,47 EJ) e il 35,5% del gas naturale (2,11 EJ). Quest'ultimo è senza dubbio il fossile meno inquinante e il più efficiente in termini di emissioni di gas serra per unità di energia termica erogata. Prima della guerra in Ucraina era anche economico, il prezzo crollò durante la pandemia sotto i 6 euro/MWh per poi schizzare sopra i 300 euro all'inizio della guerra. Poi si era stabilizzato sui 25-30 euro ma ora la speculazione innescata dalla chiusura del gasdotto russo che attraversa l'Ucraina lo ha fatto risalire a 50 euro. Il gas russo è di eccellente qualità avendo un'altissima percentuale di metano, a differenza per esempio di quello (pessimo) che importiamo dall'Algeria. Secondo i dati del MISE, nel 2020 il gas russo copriva il 40% del nostro fabbisogno, il 38,2% nel 2021, il 20,4% nel 2022 per poi crollare al 4,6% nel 2023, ma nei primi 10 mesi del 2024 era risalito al 10,3%. Ora con la chiusura del gasdotto il governo Meloni si metterà a caccia di nuovi fornitori o incrementarà l'importazione del costosissimo gas liquido americano (proprio come desidera Trump che non si fa scrupolo di estrarne sempre di più con la tecnica oltremodo inquinante e invasiva del
fracking). Mentre l'opzione migliore per un governo serio sarebbe risparmiare i 15 miliardi del faraonico quanto inutile ponte sullo Stretto, più almeno altri 5 l'anno tagliando la spesa miltare alla faccia di Trump e della NATO, e investire tutto nelle rinnovabili e nell'efficienza energetica, puntando finalmente in modo concreto agli obbiettivi di neutralità carbonica e autosufficienza energetica che ci siamo impegnati a raggiungere entro il 2050 e che Meloni & C. fingono di dimenticare. Nel discorso di fine anno Mattarella ha ricordato che la spesa militare globale (2443 miliardi di dollari nel 2023) è 8 volte quello che i governi del mondo hanno concordato di destinare alla lotta al mutamento climatico nella recente COP29 di Baku.
Parli di nucleare, ne parla anche il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) inviato a Bruxelles, ma come ho scritto innumerevoli volte sarebbe per l'Italia un rimedio molto peggiore del male. Il nucleare di nuova costruzione è, di gran lunga, la più costosa delle fonti energetiche e il gap di costo rispetto alle rinnovabili è destinato ad allargarsi da qui al 2050 secondo le proiezioni dell'IEA (ente tradizionalmente nuclearista). I tempi di costruzione sono lunghissimi, del tutto incompatibili con le scadenze del processo di decarbonizzazione. Per giunta ci renderebbe completamente dipendenti dall'estero sia per la costruzione dei reattori (Francia) sia per l'approvvigionamento del combustibile (Francia, Russia e Cina). Ti ricordo che non a caso le sanzioni economiche contro la Russia hanno escluso l'uranio e l'uranio arricchito. Per i quali oggi perfino la Francia e gli USA dipendono in parte da Rosatom, il colosso di Stato fondato da Putin in persona. Rientrando, dopo quasi 40 anni, nel nucleare non solo tradiremmo la volontà del popolo sovrano espressa in due referendum (1987 e 2011) ma perderemmo tempo prezioso e distrarremmo risorse preziose dalle fonti rinnovabili e pulite. Non riusciamo a decommissionare i nostri 4 piccoli e vecchi reattori, nonostante i miliardi spesi e l'apposito balzello sulla bolletta elettrica delle famiglie, non riusciamo nemmeno a ubicare il necessario Deposito nazionale di scorie radioattive per la cui assenza siamo da anni sotto procedura di infrazione UE (Pichetto Fratin ha rinviato la prima pietra al 2029) e vogliamo ripartire da zero nel nucleare dopo che la Germania, paese più energivoro e meno dotato di noi di sole, vento e idroelettrico, lo ha abbandonato? Follia pura!
Il 21 dicembre scorso è stata allacciata alla rete la nuova unità 3 della centrale di Flamanville. Un grosso EPR di terza generazione avanzata da 1650 MW, il primo reattore nucleare inaugurato in questo secolo in Francia, dove non ci sono altri cantieri aperti nonostante un parco reattori vecchissimo. Il lavori erano iniziati a dicembre 2007, dovevano durare 54 mesi con un preventivo di spesa di 3,3 miliardi. Sono durati 17 anni, 12 e mezzo di ritardo, il costo è quadruplicato a 13,2 miliardi (ma la Corte dei conti francese ha stimato 19 miliardi includendo gli oneri finanziari). Il reattore lavora a potenza molto ridotta, serviranno diversi mesi di test prima di partire con l'esercizio commerciale. L'unità gemella Olkiluoto3 in Finlandia, anch'essa di costruzione francese (il colosso tedesco Siemens si era ritirato durante i lavori e ha abbandonato il settore nucleare) aveva avuto un percorso molto simile.