Valerio ha scritto: 3 feb 2023, 21:17
No. Mai, per nessuna ragione, perdere il senso dello Stato. E della Giustizia.
Il sistema della carcerazione, di stile antico, degli stati monarchici europei per intenderci, non può essere dell'Homo Evolutus.
Io non penso di poter essere indicato come "amico dei terroristi", che giudico persone vigliacche ed amorali. Ma mi chiedo, e lo chiedo a voi, cosa dobbiamo fare di chi viola lo Stato e le sue leggi?
Ucciderlo ovviamente no, nessuno tocchi Caino.
Isolarlo, ho qualche dubbio. L'isolamento del criminale protegge la società, ma non è una soluzione che metta a tacere la coscienza civile. Una punizione è necessaria? Si, ma con quale scopo?
Vendetta? Repressione? Correzione? Recupero?
Credo poco al recupero, ma voglio ancora credere, da cristiano, nella Redenzione.
Come? Qui sta il problema. Avete qualche idea? Magari come il codice Rotari?
Concordo, inoltre anch'io ho le stesse perplessità circa l'eventuale recupero.
Credo che sia illuminante partire dallo studio di Tocqueville, che si recò negli Stati Uniti per comprendere il sistema penitenziario e poter quindi migliorare quello francese, certamente fallimentare (dove in carceri affollate si mescolavano malati di mente, criminali, persone in attesa di giudizio, sbandati, ecc).
Vide l'isolamento, il silenzio, il lavoro forzato (o lavori artigianali per i più meritevoli), concludendo con due metodi: da un lato il criminale, rompendo il patto con la società, doveva essere privato di tutti i diritti civili, dall'altro invece dare la speranza di tornare nella società come uomini liberi, abolire quindi l'ergastolo (perché priva il detenuto della speranza di poter tornare libero) e aiutare affinché potessero trovare lavoro. Da un lato, dunque, la punizione, dall'altro la speranza.
Trovo quindi che tali formulazioni, seppure vetuste e pionieristiche, abbiano ancora ottimi risvolti. Bisogna necessariamente punire il detenuto, per ciò che ha commesso, ma al contempo fornirgli gli strumenti per desiderare di redimersi, tornare nella società e intanto apprendere (studiare, lavorare, ecc).
Ovviamente, il trattamento deve tenere in considerazione il reato commesso, il comportamento e l'atteggiamento del soggetto in detenzione. Non mi riferisco solo alla durata, bensì alla durezza della pena.
Ciò dovrebbe richiedere anche una corposa revisione del sistema giudiziario, limitando gli infiniti cavilli che permettono scarcerazioni troppo frettolose.