SPIGOLANDO......

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grazia
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Il divorzio? Per i bambini è peggiore rispetto alla morte dei genitori


Tutti riconoscono che i bambini soffrono quando muore un loro genitore. Ma, negli ultimi decenni, diversi opinion maker hanno affermato che, al contrario, perdere un genitore a causa del divorzio non comporterebbe niente di così tremendo per i figli.

Posizione smentita da uno studio realizzato dal dipartimento di Psichiatria della Virginia Commonwealth University e dall’Università di Tokyo, nel quale i ricercatori hanno concluso che la separazione dei genitori è un predittore decisamente più forte di varie forme di malattia mentale, rispetto alla morte dei genitori. Basandosi sui dati di 2.605 gemelli di sesso maschile, sono stati rilevati sette disturbi principali: depressione, disturbo d’ansia generalizzato, fobia, panico, dipendenza da alcol, abuso di droghe e tossicodipendenza.

«La separazione dei genitori», si legge nella conclusione dell’indagine pubblicata su Psychiatry Research, «ha un effetto più forte e più ampio sulla psicopatologia dei bambini, rispetto alla morte dei loro genitori», in particolare dei picchi sono stati associati alla depressione e alla dipendenza dalla droga. Mentre la morte dei genitori «è stata marginalmente e unicamente associata al rischio di fobia e dipendenza da alcol (entrambi p <0,05)». E’ emerso, inoltre, che «l’effetto della morte parentali persiste per un tempo relativamente breve e ha un impatto più debole sulla psicopatologia nella fase adulta, rispetto a quanto avviene in caso di separazione dei genitori».

Se la separazione è ben peggiore della morte di uno dei due genitori, ancor di più sarà negativo per i bambini vivere con i genitori separati piuttosto che in una famiglia litigiosa. B.D. Whitehead, sociologo della Rutgers University, ha infatti dimostrato che per i bambini il divorzio e la permanenza in una “nuova famiglia” è in realtà molto peggio del vivere in una casa infelice. In molti di questi matrimoni litigiosi, infatti, capita spesso che i due adulti sacrifichino alcuni dei loro interessi al fine di preservare la stabilità della casa e la cura necessaria per la loro prole, sforzandosi di migliorare il loro matrimonio per il bene dei figli e riuscendoci in molti casi. L’amore per i figli spinge spesso i genitori a cambiare anche i pregiudizi dell’uno verso l’altro. Certo, ci sono situazioni estreme in cui anche la Chiesa cattolica riconosce l’inevitabilità della separazione, nei casi di abuso o violenza verso uno dei coniugi oppure rispetto ai figli, tuttavia, è precisato nella Familiaris Consortio, «la separazione deve essere considerata come estremo rimedio, dopo che ogni altro ragionevole tentativo si sia dimostrato vano».

Avevano pienamente ragione gli oppositori della legge sul divorzio, come Amintore Fanfani, il quale -citato e ridicolizzato, ancora oggi, da Dacia Maraini– lo indicò come elemento distruttivo dell’istituzione cardine del Paese. Per la Maraini «non successe niente di tutto questo», chi abita sul pianeta Terra, invece, è testimone dell’insanabile precarietà della famiglia iniziata negli anni ’70, la quale -essendo riconosciuta come cellula della società- ha indebolito tutti i legami sociali.

Lo psicoterapeuta Claudio Risé, tra i principali studiosi italiani della figura paterna, ha spiegato che il divorzio ha introdotto nei rapporti la precarietà nei rapporti, degenerando inevitabilmente fino alla situazione odierna nella quale il «rapporto breve viene reputato pratica normale, mentre quello di chi decide di impegnarsi per tutta la vita è valutato eccezionalmente». Dal “per sempre” si è passati al “vediamo se” e la sola esistenza del divorzio è causa di gran parte delle separazioni, proprio per il modo superficiale con cui si impostano i matrimoni. Inoltre, ha confermato il noto psicoterapeuta, «abbiamo evidenze abbastanza ampie di disagi che coinvolgono, specialmente, i bambini, ma anche gli adulti. Vi è una variegata documentazione di tipo sociologico, psichiatrico, psicologico e clinico e siamo in grado di stabilire una correlazione specifica tra legami deboli e patologie». La coppia, ormai «intesa come modello provvisorio, è indicativa, quindi, di un nuovo modello sociale che è sempre più incline all’atomizzazione degli individui».

La redazione
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l'angolino del sorriso

SORRISI.... TERAPEUTICI

Risposta automatica telefonica di un famoso Istituto Psichiatrico: “Grazie per aver chiamato l’Istituto Psichiatrico di Salute Mentale:
Se lei è ossesso-convulsivo, prema ripetutamente fino allo spasmo il tasto 1.
Se lei è affetto di personalità multipla, prema i tasti 2, 3, 4, 5 e 6.
Se lei è paranoico, sappiamo già chi è lei, cosa fa nella vita e sappiamo cosa vuole, quindi rimanga in linea, finchè non rintracciamo la sua chiamata.
Se lei soffre di allucinazioni, prema il tasto 7 nel telefono rosa gigante che lei (e solo lei) vede alla sua destra.
Se lei è schizofrenico, chieda al suo amico immaginario di premere il tasto 8 per lei.
Se lei soffre di depressione, non importa quale numero prema, tanto non c’è niente da fare, il suo caso è disperato e non ha cura.
Se lei soffre di amnesia, prema 9 e ripeta a voce alta il suo nome, cognome, numero di telefono di casa e del cellulare, indirizzo e-mail, numero di conto corrente, codice bancomat, data di nascita, luogo di nascita, stato civile e cognome da nubile di sua madre.
Se lei soffre di indecisione, lasci il messaggio dopo il bip …oppure prima del bip … o durante il bip, insomma scelga lei.
Se lei soffre di amnesie temporanee di breve durata, prema 0.
Se lei soffre di amnesie temporanee di breve durata, prema 0.
Se lei soffre di amnesie temporanee di breve durata, prema 0.
Se lei soffre di avarizia ossessiva, attenzione, riattacchi subito, questa telefonata è a pagamento a 500 euro al secondo.
Se lei soffre di autostima bassa, per favore riagganci, poichè tutti i nostri operatori sono impegnati a parlare con persone molto più importanti di lei.
Se lei è uno degli italiani che votò Berlusconi alle ultime elezioni, riagganci, si fotta e aspetti il 2021 Qui curiamo “pazzi” e non
co......
“Grazie per aver chiamato” !!!
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MONTESQUIEU- LETTERE PERSIANE

Le Lettere persiane è un romanzo epistolare risalente al 1721, nel quale l'autore, Montesquieu, attraverso le parole di "immaginari" viaggiatori persiani, Usbek e Rica (e Rhedi), ironizza sulle usanze e sul "modus vivendi" dei Francesi senza risparmiare né le istituzioni, né gli uomini del tempo. La visione distaccata che i due stranieri hanno della Francia, li porta a criticare i suoi costumi e la sua linea politica, attaccando direttamente il regime monarchico e, più precisamente, la figura di Luigi XIV. L'opera non è altro che una grande raccolta cronologica di lettere che, alcuni giovani persiani che visitano l'Europa e sostano per un certo periodo in Francia, si scambiano con i loro parenti e conoscenti orientali. La prima esperienza che hanno con l'incontrollabile vita europea, li lascia perplessi e disorientati. Il loro interesse è focalizzato maggiormente sullo stile di vita e sulla socievolezza degli europei e non di meno dei francesi. Proprio nella capitale trovano i primi ineluttabili difetti: infatti, la superbia e la superficialità dei primi intellettuali incontrati, li lasciano a bocca aperta; ma ciò su cui fanno pesare i loro giudizi negativi in modo maggiore è l'intero sistema politico e istituzionale. Essi trovano immorali le ingiustizie che il popolo deve giornalmente subire e insensato il fanatismo che aleggia in tutto lo stato. Al posto di questo brutale tipo di vita, essi consigliano istituzioni statali che rendano giustizia ai sudditi e possano portare un'uguaglianza totalitaria. La figura di Usbek però, non è come ce la potremmo immaginare ascoltando le sue parole: egli, infatti, non deve essere scambiato per un critico ingenuo e candido che lotta contro l'assolutismo europeo. Anch'egli è colpevole delle più oscure forme di dispotismo nel suo paese nel quale, a dire il vero, la tirannide è ancora più rigida che in Europa dove, la fioritura di nuove correnti di pensiero, ha portato a una ventata di cambiamenti: ha infatti lasciato segregate come prigioniere nell'harem le sue amanti per tutto il tempo del suo viaggio. Proprio una di queste, scrivendo a Usbek, rivela l'estrema condizione in cui versano le sue mogli e la tragicità della loro vita. Le opinioni dei persiani possono essere condivise o no, ma bisogna ricordare che questi viaggiatori hanno colto le caratteristiche della società francese con l'apparenza e la pochezza di chi è solo di passaggio e non è ben radicato nella vera realtà di uno stato, facendo apparire tutto irrazionale e privo di senso, mostrando solamente i difetti peggiori che un'identità nazionale può avere. Possiamo però concordare sul fatto che l'occhio dello straniero spesso si rivela utile, perché ci aiuta a capire realmente qual è il mondo in cui viviamo e come sono le nostre abitudini; noi, infatti, che siamo all'interno di un complesso meccanismo sociale, riteniamo giusto ciò che facciamo anche se in realtà non lo è, e se non ci fosse gente come i protagonisti del libro, non sapremmo mai se la nostra mentalità di vita è giusta. L'autore vuole esprimere quindi valori reali che però nella vita vera, come ci dimostra Usbek stesso, è molto difficile mantenere. Solo continuando a confrontarsi e lottare per i propri ideali, senza vivere con pregiudizi o fermarsi alle apparenze si può migliorare la propria società. L'opera, come abbiamo detto, è solamente una raccolta di lettere che Montesquieu, dice essere "cadute per caso in mano sua"; l'autore quindi si sottrae dal rivendicarle. Dei personaggi Rica è il più giovane; egli ha lasciato un'inconsolabile madre in Persia, ma questo non lo turba durante il viaggio, nel quale anzi lo si vede spesso ridente e divertito. Egli non altro che il complemento di Usbek, che ricopre il ruolo principale. Rica è sanguigno e gioviale; Usbek è un uomo cupo e malinconico: ha in sé l'ostilità per i travestimenti, ma può vantare sull'elevatezza dello spirito e su un pensiero più lento e meditativo. Il personaggio di Usbek viene descritto come l'uomo maturo che fatica ad ambientarsi in un mondo a lui estraneo, ma anche come il cupo signore di un harem invaso dal disordine. Il viaggio che i persiani compiono è pieno di motivazioni e di stimoli: essi vanno alla conquista del sapere che per Usbek equivale al rifiuto di restare sottomesso all'autorità della sola cultura del paese natale ("Noi siamo nati in un regno fiorente, ma non abbiamo creduto che i suoi confini dovessero essere quelli delle nostre conoscenze e che solo la luce orientale dovesse illuminarci"). Questa causa può essere ritenuta necessaria e sufficiente ma, anche se il desiderio di sapere è un motivo sincero, e non un semplice pretesto, la necessità di sfuggire al dispotismo è una causa di importanza per lo meno uguale. L'orizzonte spaziale delle Lettere persiane è eccezionalmente ampio. Lo spazio geografico non comporta solo le due capitali contrapposte, Parigi e Ispahan, ma include anche le città dove risiedono i corrispondenti informatori (Smirne, Venezia, Mosca, Livorno...). Attraverso le voci del suo libro e il fallimento di Usbek, l'autore ci porta il suo pensiero che esalta il rifiuto delle tirannie che ingabbiano i popoli per ritrovare una società migliore.
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Da "LETTERE PERSIANE" di Montesquieu

LETTERA II
di Usbek al primo eunuco nero al suo serraglio di Ispahan


Sei il fedele guardiano delle più belle donne di Persia; ti ho affidato ciò che avevo di più caro al
mondo; nelle tue mani tieni le chiavi di quelle porte fatali che si aprono solo per me. Mentre vegli su questo prezioso pegno del mio cuore, esso riposa in piena sicurezza. Monti la guardia nel silenzio della notte così come nel tumulto del giorno; le tue infaticabili premure sostengono la virtù quando questa vacilla. Se le donne che custodisci volessero mancare al proprio dovere, tu toglieresti loro tale speranza. Sei il flagello del vizio e la colonna della fedeltà. Comandi e obbedisci loro: esegui ciecamente tutte le loro volontà e, allo stesso modo, fai loro rispettare le leggi del serraglio. È per te una gloria rendere loro i più umili servigi; con rispetto e timore ti sottometti ai loro ordini legittimi; le servi come lo schiavo dei loro schiavi. Ma, per un riflesso di potere , tu comandi come me da padrone quando temi l’allentarsi delle leggi del pudore e della modestia. Ricordati sempre il nulla da cui t’ho fatto uscire, quando eri l’ultimo dei miei schiavi, per darti questo posto e affidarti le delizie del mio cuore: nei confronti di quelle che condividono il mio amore, conserva una profonda sottomissione ma, nello stesso tempo, fa’ che sentano la loro estrema dipendenza. Procura loro tutti quei piaceri che possono essere innocenti; distraile dalle loro inquietudini; divertile con la musica, le danze e le bevande deliziose; convincile a riunirsi spesso. Se vogliono andare in campagna, puoi portarcele; ma fai togliere di mezzo tutti gli uomini che si presentino davanti a loro. Esortale alla pulizia, che è l’immagine del candore dell’anima e parla loro di me ogni tanto. Vorrei rivederle in quel luogo incantevole che esse rendono ancora più bello.
Addio.
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Re: SPIGOLANDO......

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Perchè la donna va rispettata.


Al giorno d'oggi, basta accendere la tv per sentire a ripetizione le parole "femminicidio , molestie, omicidio, stupro."
Quand'ero piccolo , mio padre tante volte mi portava a "comprare dei regalini a mamma". Ricordo sempre che in macchina mi diceva " ricorda che le donne, che siano amiche ,compagne, mogli , vanno rispettate , essere donna è un arte."
Essere donna è un arte. Fissate bene queste parole.
La donna è arte in ogni sua manifestazione. Dall'abbigliamento, al trucco, al modo di pensare, alla filosofia che c'è dietro l'essere donna. Nella storia antica, salvo qualche rara eccezione , la donna era una figura "inferiore" rispetto all'uomo, o comunque di " importanza meno rilevante" . Ad Atene la vita della donna era una costrizione, una situazione di claustrofobica "Incarcerazione" che la rinchiudeva nel gineceo, la parte della casa riservata alle donne.
La cultura occidentale odierna ci insegna però che la donna dev'essere rispettata , amata , onorata. La donna soffre , la donna porta nel grembo un bambino per nove mesi, diventando madre, la donna è la madre. E nelle culture precedenti a quelle che la storia definisce "civiltà democratiche" , la donna era venerata proprio come madre, dea della fertilità , dea dell'amore, "madre terra".
Sentir parlare di molestie nei confronti delle donne mi fa pensare veramente a quanto la cultura , gli insegnamenti e il rispetto nei paesi del mondo , civilizzati e non , siano argomenti presi molto sottogamba.
Sentir parlare di molestie nei paesi che io definisco obbiettivamente non civilizzati è una cosa che mi fa imbestialire, esattamente come mi fa imbestialire il fatto che mi venga richiesto di accettare delle culture che prevedono la lapidazione o "punizioni" corporali per le donne che non rispettano i propri padri, mariti. Mi fa imbestialire, e non per razzismo, ma per il rispetto che mio padre , quei giorni in cui mi portava a comprare dei regali per la donna che amava, ama e amerà , mi ha insegnato. Un rispetto che dovrebbe essere insegnato a tutti. Un rispetto che sta alla base di tutto. Un rispetto che poche persone comprendono. Ecco perchè si sente tanto parlare di questo " femminicidio" . Ed ecco perchè il ddl Scalfarotto, tanto demonizzato perchè contro l'omofobia, ma mai realmente letto da coloro che le vanno contro, prevede un aggravante nei confronti di chi molesta e/o uccide una donna. Perchè checchè se ne dica , una donna , dinnanzi ad un uomo tre volte più alto , forte e robusto di lei , si trova indifesa. E perchè proprio quell'uomo tre volte più grosso alto e forte di lei , dovrebbe dimostrare rispetto, amore , nei confronti del sesso che universalmente rappresenta da sempre arte,vita,amore, in tutte le sue manifestazioni. Perchè il rispetto è alla base di tutto. E forse, sono proprio le basi a mancare in tanti paesi, tanti posti, tra cui quello che noi chiamiamo "casa".

IVANOVICH H.
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da albatros »

JIDDU KRISHNAMURTI

Vedendo tutto ciò, la confusione, la grande infelicità, il senso di enorme malessere, ogni serio indagatore direbbe che è possibile trasformare questa società solo se l'individuo trasforma realmente se stesso, ovvero se si rigenera dalle fondamenta. La responsabilità di questa trasformazione ricade sull'individuo, non sulle masse o sui preti, sui templi o le chiese, ma su ogni essere umano consapevole di questa spaventosa confusione politica, religiosa ed economica.
(Un modo diverso di Vivere)

Quando i vostri interessi provati sono presenti, non ci può essere amore, ma solo il processo di sfruttamento che nasce dalla paura.
(La ricerca della felicità)

Se lei si sente responsabile, si sente responsabile dell'educazione non solo dei suoi figli ma di tutti i bambini. Intende educarli perché si adeguino alla società, intende educarli perché siano in grado di avere un lavoro? Intende educarli alla ripetizione di ciò che è stato? Intende educarli a vivere di astrazioni, come stiamo facendo adesso? Qual è la sua responsabilità di padre o madre, verso l'educazione di un essere umano? Ecco un problema. Qual è la sua responsabilità, se l'avverte, rispetto alla crescita, alla cultura, alla bontà dell'umanità? Qual è la sua responsabilità nei confronti della terra? Sentirsi responsabili è tremendo. Ma con la responsabilità viene l'amore, la cura, l'attenzione.
(Un modo diverso di vivere)

Attenzione significa cura, affetto, considerazione, diligenza. Tutte cose che vanno assieme alla responsabilità, che la società contemporanea nega recisamente.
(Un modo diverso di vivere)

Se siete veramente seri, allora quando osservate, il vecchio impulso - la ripetizione di vecchi schemi, di vecchi modi di pensare, di vivere e di agire - finisce. Siete abbastanza seri da voler scoprire un sistema di vita in cui non esista tutto questo scompiglio, questa miseria e questo dolore?
(La domanda impossibile)

Se vivo secondo una tradizione tradisco il presente
(Un modo diverso di vivere)

Nel suo aspetto attuale, la religione è la negazione stessa della verità
(Un modo diverso di vivere)

Se un uomo vuole, come me, scoprire la verità, deve negare globalmente la struttura della religione: l'idolatria, la propaganda, la paura, la divisione, lei è cristiano e io sono induista. E' un'assurdità e bisogna essere luce a se stessi. Non solo a parole, ma luce perché il mondo è nell'oscurità e un essere umano deve trasformarsi, deve essere luce a se stesso. Questa luce non può venire accesa da nessun altro.
(Un modo diverso di vivere)
Ci saranno sempre degli Eschimesi pronti a dettar norme su come devono comportarsi gli abitanti del Congo durante la calura.
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Re: SPIGOLANDO......

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LA STORIA DEI DUE VASI CINESI

Una anziana donna cinese possedeva due grandi vasi, appesi alle estremità di un lungo bastone che portava bilanciandolo sul collo.
Uno dei due vasi aveva una crepa, mentre l'altro era intero. Così alla fine del lungo tragitto dalla fonte a casa, il vaso intero arrivava sempre pieno, mentre quello con la crepa arrivava sempre mezzo vuoto.
Per oltre due anni, ogni giorno l'anziana donna riportò a casa sempre un
vaso e mezzo di acqua.

Ovviamente il vaso intero era fiero di se stesso, mentre il vaso rotto si vergognava terribilmente della sua imperfezione e di riuscire a svolgere solo metà del suo compito. Dopo due anni, finalmente trovò il coraggio di parlare con l'anziana donna, e dalla sua estremità del bastone le disse: "Mi vergogno di me stesso, perché la mia crepa ti fa portare a casa solo metà dell'acqua che prendi".

L'anziana donna sorrise "Hai notato che sul tuo lato della strada ci sono sempre dei fiori, mentre non ci sono sull'altro lato? Questo succede perché, dal momento che so che tu hai una crepa e lasci filtrare l'acqua, ho piantato semi di fiori solo sul tuo lato della strada. Così ogni giorno, tornando a casa, tu innaffi i fiori.
Per due anni io ho potuto raccogliere dei fiori che hanno rallegrato la mia casa e la mia tavola. Se tu non fossi così come sei, non avrei mai avuto la loro bellezza a rallegrare la mia abitazione"

Ciascuno di noi ha il suo lato debole. Ma sono le crepe e le imperfezioni che ciascuno di noi ha che rendono la nostra vita insieme interessante e degna di essere vissuta.
Devi solo essere capace di prendere ciascuna persona per quello che è, e scoprire il suo lato positivo.
Buona giornata a tutti coloro che si sentono un vaso rotto, e ricordatevi di godere del profumo dei fiori sul vostro lato della strada!
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Re: SPIGOLANDO......

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l'angolino del sorriso


CHI CERCA…..TROVA ….non sempre

--Ciao, tu di che cosa sei morto?
--Io sono morto congelato e tu?
--Sono morto di gioia.
--come sei morto di gioia, spiegati meglio…..
--Sono tornato a casa e ho trovato mia
moglie nel letto, completamente n.uda e
allora ho cominciato a cercare l’amante sotto il letto,
nel bagno ,in cucina, negli armadi.....e siccome non
l'ho trovato, è stata così forte la gioia che il cuore
non ha retto.
--c.oglione Se aprivi il congelatore ora saremmo ancora
vivi tutti e due!


LA MOTOVEDETTA

In mare, nel corso di una notte buia e senza luna, una motovedetta dei CARABINIERI avvista una luce di fronte a sé in rapido avvicinamento.

I carabinieri, prontamente, con il faro di segnalazione in linguaggio morse intimano:
“VIRATE DALLA NOSTRA ROTTA!”
La risposta, sempre in segnali luminosi morse, e’ immediata:
“VIRATE VOI!”
Sorpresi dalla risposta, i CARABINIERI ripetono l’intimazione:
“SIAMO UNA MOTOVEDETTA DEI CARABINIERI, VIRATE DALLA NOSTRA ROTTA!”
La risposta e’ di nuovo la stessa:
“VIRATE VOI!”
La comunicazione luminosa si fa serrata.
“SONO IL MARESCIALLO DE PASQUALE, DELLA MOTOVEDETTA DEI CARABINIERI,VIRATE DALLA NOSTRA ROTTA!”
La risposta è ancora quella:
“VIRATE VOI!”
Il tenente decide di prendere in mano la situazione:
“SONO IL TENENTE LO MURNO, COMANDANTE DELLA MOTOVEDETTA DEI CARABINIERI, SE NON VIRATE DALLA NOSTRA ROTTA APRIAMO IL FUOCO!”
A questo punto la risposta cambia:
“SONO GIUSEPPE, IL GUARDIANO DEL FARO, FATE UN PO’ COME CA**O VI PARE!”
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

L'ARTE DELLA CORTIGIANA NELLA ROMA RINASCIMENTALE


A Roma, nel 1.490, di cortigiane e prostitute ce ne erano un’enormità rispetto alla popolazione di
circa 50.000 abitanti; secondo il censimento indetto da Innocenzo VIII in quell’anno, se ne contavano
nella licenziosa e corrotta Urbe un numero di 6.800, senza calcolare concubine segrete e clandestine.

Nella Roma rinascimentale, la popolazione era prevalentemente maschile, single avviati alla carriera
ecclesiastica provenienti da ogni parte di Italia e dall’estero, per i quali il celibato era d’obbligo e le
“donne di piacere” vi trovavano un fiorente mercato.

Ecco allora proliferare una schiera di giovani e belle donne desiderose di sistemarsi in qualche palazzo
elegante, a spese di un cardinale o di un facoltoso gentiluomo. Le "cortigiane", una sorta di prostitute
di lusso, squillo d’alto bordo si direbbe oggi, erano le animatrici dei salotti letterari.

Colte, disinvolte ed eleganti, suonavano la mandola, recitavano versi o li scrivevano se possedevano
una vena poetica. Ricevevano in casa propria e mai per strada; i loro clienti erano prelati artisti e scrittori.

Tra le più famose Lucrezia Corgnati detta “Imperia la Divina”, con tanto di educazione culturale umanistica,
morta suicida per amore di Agostino Chigi che la lasciò per sposare un’amante più giovane. Era il personaggio
femminile più famoso di quegli anni. La sua bellezza era tale che Raffaello la immortalò in Amore e Psiche,
visto che Psiche era perseguitata perché più bella della stessa dea. Imperia ispirò Raffaello anche nel ritratto
del Trionfo della Galatea, tanto che l’artista minacciò di non terminare l’affresco se non gli fosse stata concessa
come modella la splendida cortigiana.

Più curiosa la figura di Lucrezia Porzia, detta Matrema non vole (mia madre non vuole), perché voleva
essere lei a scegliersi i clienti e vestendo la parte della verginella sdegnosa faceva pesare i suoi favori
concedendosi solo dopo mille preghiere e regali.

Tullia d’Aragona, figlia di una cortigiana e di un cardinale dal quale prese il nome, fu poetessa e letterata.
Musa e insieme venditrice d’amore (una notte con lei poteva arrivare a costare l’iperbolica cifra di cento
scudi!), Tullia seppe raccogliere il parere favorevole anche di una lingua tagliente e spietata come quella
dell’Aretino, il quale scrisse molto di queste figure femminili e che non poté esimersi dal giudicarla “una
vera regina”.

A Roma, quindi, tra il XV e XVI secolo, quest’attività divenne un vero e proprio business, con donne che
riuscirono a volte anche a lasciare un segno nella storia, specialmente se l’amante di turno era un papa.

E’ il caso di Vannozza Cattanei, favorita di papa Alessandro VI Borgia fin da quando era cardinale. Vannozza
mise al mondo quattro dei sette figli del papa tra i quali la famosa Lucrezia e l’ancor più famoso Cesare
detto il Valentino, che passerà alla storia, per aver incarnato l’ideale di Principe per Macchiavelli. Vannozza
fu una compagna molto influente ma anche discreta e sottomessa. Quando Alessandro VI s’infiammò per
una nuova e giovanissima amante, Vannozza si ritirò in silenzio. E in silenzio rimase anche quando
Alessandro VI, per chiudere definitivamente ogni rapporto con lei, le tolse anche i figli (comunque tutti
legittimamente riconosciuti e ben sistemati).

La Roma papalina del Rinascimento dunque non trascurava il piacere per Venere.
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da albatros »

OGNUNO TROVA CIO' CHE HA

Un giorno, un vecchio saggio era ai bordi di un’oasi di approvvigionamento per cammelli. Si trovava alle porte del del Medio Oriente. Di sovente capitava che si fermassero dei viandanti a chiedere informazioni sul posto. Un giorno, un giovane gli domandò: “Non sono mai venuto da queste parti. Come sono gli abitanti di questa città?”

Il vecchio saggio rispose con una domanda: “Come erano gli abitanti della città da cui venivi?”
Il giovane disse: “Egoisti e cattivi. Per questo sono stato contento di partire di là”.
“Così sono gli abitanti di questa città!”, gli rispose il vecchio saggio.

Poco dopo, un altro giovane si avvicinò all’uomo e gli pose la stessa domanda:
“Sono appena arrivato in questo paese. Come sono gli abitanti di questa città?”
L’uomo rispose di nuovo con la stessa domanda: “Com’erano gli abitanti della città da cui vieni?”.
“Erano buoni, generosi, ospitali, onesti. Avevo tanti amici e ho fatto molta fatica a lasciarli!”.
“Anche gli abitanti di questa città sono così!”, rispose il vecchio saggio.

Un mercante che aveva portato i suoi cammelli all’abbeveraggio aveva udito le conversazioni e quando il secondo giovane si allontanò si rivolse al vecchio in tono di rimprovero: “Come puoi dare due risposte completamente differenti alla stessa domanda posta da due persone? “Figlio mio”, rispose il saggio, “ciascuno porta nel suo cuore ciò che è”.
Chi non ha trovato niente di buono in passato, non troverà niente di buono neanche qui. Al contrario, colui che aveva degli amici leali nell’altra città,troverà anche qui degli amici leali e fedeli. Perché, vedi, ogni essere umano è portato a vedere negli altri quello che è nel suo cuore.
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Ovidio
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da Ovidio »

albatros ha scritto: 28 nov 2020, 9:53 OGNUNO TROVA CIO' CHE HA

Un giorno, un vecchio saggio era ai bordi di un’oasi di approvvigionamento per cammelli. Si trovava alle porte del del Medio Oriente. Di sovente capitava che si fermassero dei viandanti a chiedere informazioni sul posto. Un giorno, un giovane gli domandò: “Non sono mai venuto da queste parti. Come sono gli abitanti di questa città?”

Il vecchio saggio rispose con una domanda: “Come erano gli abitanti della città da cui venivi?”
Il giovane disse: “Egoisti e cattivi. Per questo sono stato contento di partire di là”.
“Così sono gli abitanti di questa città!”, gli rispose il vecchio saggio.

Poco dopo, un altro giovane si avvicinò all’uomo e gli pose la stessa domanda:
“Sono appena arrivato in questo paese. Come sono gli abitanti di questa città?”
L’uomo rispose di nuovo con la stessa domanda: “Com’erano gli abitanti della città da cui vieni?”.
“Erano buoni, generosi, ospitali, onesti. Avevo tanti amici e ho fatto molta fatica a lasciarli!”.
“Anche gli abitanti di questa città sono così!”, rispose il vecchio saggio.

Un mercante che aveva portato i suoi cammelli all’abbeveraggio aveva udito le conversazioni e quando il secondo giovane si allontanò si rivolse al vecchio in tono di rimprovero: “Come puoi dare due risposte completamente differenti alla stessa domanda posta da due persone? “Figlio mio”, rispose il saggio, “ciascuno porta nel suo cuore ciò che è”.
Chi non ha trovato niente di buono in passato, non troverà niente di buono neanche qui. Al contrario, colui che aveva degli amici leali nell’altra città,troverà anche qui degli amici leali e fedeli. Perché, vedi, ogni essere umano è portato a vedere negli altri quello che è nel suo cuore.
Molto bello!
Tenere sempre a mente la „regola d‘oro“
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grazia
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Da UTOPIA di Tommaso Moro

SUL LAVORO


[i""]Eliminate queste pericolose aberrazioni, create leggi per cui quelli che hanno distrutto i villaggi siano costretti a ricostruirli, oppure la proprietà dei terreni passi nelle mani di chi s'impegna a farlo. Non permettete ai più ricchi di comprare tutte le terre e controllare monopolisticamente il mercato. Fate che non vi siano così tante persone mantenute nell'ozio, ridate fiato all'agricoltura e all'artigianato della lana affinché chi è ridotto in povertà dalla mancanza di lavoro, o chi si da all'ozio e al vagabondaggio, possa guadagnarsi da vivere onestamente: in caso contrario, prima o poi, diventeranno tutti ladri. Se non risolverete questi enormi problemi sarà inutile appellarsi a una giustizia severa, perché questa è più spettacolare che giusta o efficace. Far su che i vostri giovani crescano nell'ozio e nella corruzione, permettendo che fin dalla più tenera età siano avvelenati a poco a poco dal vizio, per poi volerli punire quando sono adulti, non è forse, ti domando, come crescerli ladri per poi impiccarli?""
[/i]

Commento a cura di Alessandra Benenati

La mancanza di lavoro è un problema che ha da sempre caratterizzato la maggior parte dei Paesi e, come afferma Moro nella sua Utopia, questo dilemma è il primo e importante sintomo di un malfunzionamento nell’organizzazione dello Stato; bisogna che il governo si occupi seriamente di inserire ogni individuo nel mondo del lavoro, a partire dai giovani, educandoli a faticare per guadagnarsi da vivere e impedendo loro che intraprendano strade sbagliate. Chiaramente, è necessaria anche la volontà del singolo cittadino per far sì che questo piano vada a buon fine, per cui collaborazione tra Stato e popolo diventa un binomio inscindibile. La conquista del lavoro deve quindi diventare una garanzia, per assicurare all’uomo la conquista della propria dignità, poiché un uomo senza lavoro è in balia dei vizi e degli ozi; quella dignità che conduce tutti a rispettare le regole propinate dai governi, in quanto il popolo gode della situazione di benessere collettivo in cui si trova, senza ricorrere ad atti di delinquenza o vandalismo per crearsi uno spazio ideale. Del resto, anche la Costituzione Italiana, nel suo primo articolo, sancisce che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, lavoro che diventa sia un dovere, per risollevare le sorti di uno Stato, che un diritto, che garantisce al cittadino di ottenere un’esistenza serena fondata sul benessere e sulla legalità.

""“Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l'intelligenza di saperle distinguere.”" _Thomas More
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grazia
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Re: SPIGOLANDO......

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LIBERTA'
Parola IMPORTANTE, parola che ti consente di dire
e scrivere ciò che pensi, ovviamente con il giusto
rispetto del pensiero altrui, e aggiungerei anche
quel tantino di "buon gusto" e di "buon senso" che
ti limita ma non ti "vieta"
In poche parole la libertà va difesa da tutti, non è
nè di destra nè di sinista,ma qualcuno a volte con
il suo cattivo gusto e la sua maleducazione riesce a
mettere a rischio le altrui libertà....

Libertà (Trilussa)

La Libbertà, sicura e persuasa
d’esse’ stata capita veramente,
una matina se n’uscì da casa:
ma se trovò con un fottìo de gente
maligna, dispettosa e ficcanasa
che j’impedì d’annà’ libberamente.

E tutti je chiedeveno: - Che fai? -
E tutti je chiedeveno: - Chi sei?
Esci sola? a quest’ora? e come mai?...
- Io so’ la Libbertà! - rispose lei -
Per esse’ vostra ciò sudato assai,
e mò che je l’ho fatta spererei...

- Dunque potemo fa’ quer che ce pare... -
fece allora un ometto: e ner di’ questo
volle attastalla in un particolare...
Però la Libbertà che vidde er gesto
scappò strillanno: - Ancora nun è affare,
se vede che so’ uscita troppo presto!
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grazia
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Re: SPIGOLANDO......

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Accogliere le parole prima di pronunciarle. Plutarco e l’esaltazione dell’ascolto


– “L’Arte di Ascoltare” di Plutarco è un saggio estratto dai “Moralia”, dove il filosofo greco tocca un argomento quanto mai attuale.
La relazione con gli altri e la qualità di essa è, infatti, al centro dell’analisi di Plutarco, il quale pone come base la capacità di ascolto. L’uomo deve essere in grado di ascoltare lasciando da parte l’arroganza, l’odio, l’invidia e il protagonismo.
Abbiamo spesso sottolineato come l’ascolto “attivo” sia fondamentale per la costruzione di relazioni efficaci e per la gestione e risoluzione di incomprensioni e conflitti.
All’ascolto deve necessariamente seguire una capacità di analisi e di dialogo.
Plutarco si rivolge ai giovani perchè sono loro che devono, ad un certo punto della loro vita, guidare una società giusta.
Per questo “sbagliano i più a ritenere che i giovani debbano prima esercitarsi nell’arte della parola rispetto a quella di ascoltare” e, già nel 60 d.c. Plutarco vedeva i risultati negativi di tale tendenza.
Se chi gioca a palla “impara contemporaneamente a prenderla e lanciarla” – afferma il filosofo – “la parola bisogna prima imparare ad accoglierla bene per poi poterla pronunciare”.
La capacità di ascolto delle nuove generazioni è influenzata dai propri educatori. Sono infatti essi che devono “rendere le orecchie dei ragazzi sensibili alle parole e insegnare loro a non parlare molto ma ad ascoltare molto”.
E’ grazie a Plutarco che oggi conosciamo il famoso aforisma della predisposizione umana all’ascolto: “la natura ci ha dato due orecchie e una sola lingua perchè siamo tenuti più ad ascoltare che a parlare”.
Tale predispozione naturale è però fortemente a rischio e lo era evidentemente già ai tempi del filosofo. Quanto mai attuale è infatti la tendenza culturale a parlare per primi, aggredire, interrompere, rifiutare l’ascolto e la comprensione degli altri, esaltare solo le proprie ragioni in modo egoistico e con accesa smania di protagonismo.
Plutarco rifiutava tutto ciò ed elogiava quei rarissimi casi di persone che “sanno più di quanto non parlano”.
Plutarco esaltava anche il silenzio, necessario quando si ascolta davvero qualcuno. “Il silenzio è un ornamento sicuro, soprattutto per i giovani. Bisogna evitare di abbaiare ad ogni battuta, aspettando pazientemente che l’interlocutore abbia finito di esporre il suo pensiero, anche se non lo si condivide”. Infine è importante concedere lo spazio di correggersi in quanto bisogna dare il tempo a chi parla anche di chiarire ed, eventualmente, ritrattare qualche affermazione affrettata.
Chi rispetta gli altri mentre parlano ha più possibilità di trarre dalle parole ascoltate qualche spunto utile. Plutarco condanna senza esitazioni anche l’invidia. Essa è dannosa, soprattutto se associata all’odio e alla calunnia.
L’invidia impedisce un dibattito costruttivo e pacato in quanto qualsiasi cosa dica l’interlocutore, risulterà sgradita e inaccettabile.
L’invidia può nascere da rozzezza e ignoranza o da un “ingiustificato senso di superiorità” che si prova verso chi parla, senso di protagonismo che finisce per produrre effetti negativi sulle stesse persone che provano invidia.
L’invidioso misurerà tutto del suo interlocutore per paura di risultare inferiore nelle capacità, misurerà le reazioni del pubblico contando quelli che non applaudono per trarne giovamento.
Per questo oggi, chi è chiamato a risolvere situazioni conflittuali, deve necessariamente far capire alle parti il valore dell’ascolto senza pregiudizio e la capacità di analisi obiettiva dei contenuti di un discorso. Ne nascerà, quasi certamente, un dialogo costruttivo che porterà all’incontro e all’accordo.

Salvatore Primiceri
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Re: SPIGOLANDO......

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SPINOZA, LA DEMOCRAZIA
Lo stato, che è la forma in cui viene esercitato collettivamente il diritto di ciascuno, può avere anche le caratteristiche dell’assolutismo e reggersi prevalentemente sull’uso della forza: si hanno però in questo modo gravissimi rischi di rivolta e, soprattutto, non si garantiscono quei diritti che per Spinoza sono fondamentali - la libertà di pensiero e quella di espressione -, mentre si lascia spazio a un altro “diritto naturale”, il diritto alla ribellione. La via di uscita che propone Spinoza è “che ciascuno alieni a favore della società tutta la potenza di cui dispone”: dunque, la democrazia.

B. Spinoza, Trattato teologico-politico, cap. XVI

Certamente, se tutti gli uomini fossero tali da lasciarsi guidare facilmente dalla sola ragione e sapessero riconoscere l’utilità e l’esigenza suprema dello Stato, non ci sarebbe nessuno che non aborrisse frodi e inganni e tutti starebbero ai patti con perfetta lealtà, animati dal desiderio di quel bene supremo che è il mantenimento della società. Il presidio piú prezioso dell’organizzazione civile, la fedeltà, verrebbe mantenuto integro con il massimo impegno. Ma, nella realtà, gli uomini sono ben lungi dal poter essere sempre facilmente guidati dalla ragione; ciascuno è sospinto dai suoi personali impulsi al piacere e gli animi spessissimo sono a tal punto dominati dall’avidità, dalla bramosia degli onori, dall’invidia, dalla collera che nessun posto resta per la capacità di riflettere e di giudicare. Ecco perché, a meno che una qualche garanzia non si aggiunga alla promessa, nessuno può essere sicuro della lealtà dell’altro, nonostante che gli uomini pattuiscano e promettano di mantenere fede agli impegni con le piú persuasive sembianze di una intenzione onesta. Sappiamo infatti che ogni individuo può agire con l’inganno in forza del diritto di natura e che non è tenuto a stare ai patti se non in vista di un bene maggiore o per timore di un male peggiore.
Abbiamo già mostrato che il diritto di natura è determinato e delimitato esclusivamente dalla potenza di ciascun individuo: ne segue che se l’uno, a forza o spontaneamente, trasferisce all’altro una parte della potenza di cui dispone, cede anche, necessariamente, una parte corrispondente del suo diritto. E allora sarà depositario del diritto sovrano su tutti colui che potrà esercitare l’autorità suprema, colui che in base ad essa potrà costringere ognuno con la forza tenendolo a freno con il timore dell’estremo supplizio che è universalmente paventato. Questi avrà nelle proprie mani tale diritto per tutto il tempo (né piú né meno) che conserverà il potere di fare ciò che vuole; altrimenti la sua autorità sarà precaria e nessuno che abbia piú forza di lui sarà tenuto, non volendolo, ad obbedirgli.
La società può costituirsi senza che si venga a creare conflitto con il diritto naturale, e ogni patto può essere rispettato con piena lealtà soddisfacendo dunque a questa condizione: che ciascuno alieni a favore della società tutta la potenza di cui dispone. La società verrà cosí investita del sovrano diritto di natura su ogni cosa, cioè essa sola tratterrà nelle proprie mani l’autorità suprema alla quale ciascuno si troverà nella condizione di dover ubbidire, sia di sua spontanea volontà, sia per timore della pena capitale. Un cosí inteso diritto esercitato dalla società intera è detto “democrazia”: regime politico definibile appunto come unione di tutti i cittadini, che possiede ed esercita collegialmente un diritto sovrano su tutto ciò che è in suo potere. Ne risulta che questa potestà non può essere condizionata da nessuna legge e che tutti le debbono sottostare in ogni campo; sottomissione del resto che, espressamente o tacitamente, dovette essere pattuita quando tutti trasferirono nella società l’intera potenza di cui disponevano per difendersi, e quindi ogni loro diritto.
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