Bisogna rapportarsi a ciascuna religione accogliendo quanto di buono offre notando che il maligno viene da fuori di essa e che senza di essa sarebbe peggio.Leno Lazzari ha scritto: 10 apr 2025, 4:45 A me pare che stia prendendo sempre più piede l'islamismo più estremo .
E a parte casi limite ad esempio per i luoghi di culto molti paesi islamici
credo che neghino ogni idea di reciprocità .
Esempio: nei Paesi islamici dove vige un obbligo di fatto che limita assai fortemente le manifestazioni dirette del corpo esiste una condizione sfavorevole a prescindere dalla religione. I ruoli femminili e maschili divergono non a causa dell'Islam e ciò non è da giudicare un male, mentre vi sono tensioni che la fede islamica porta a risoluzione.
Semmai, il discorso può essere utile in merito a quale fede sia più opportuna, ma sempre tenendo conto che in materia vige un principio positivo, perché la religione ha proprio la funzione di evitare il peggio.
Quindi, riguardo alle tensioni esterne: bisogna capire che nel mondo esistono differenze, culturali, civili, sociali, etniche, antropologiche. E' inutile che una femminista si indigni per "la condizione della donna nel mondo musulmano" senza capire la differenza fra mondi. Purtroppo c'è anche il guaio di guardare nell'altro la pagliuzza dimenticandosi della trave che non è nell'altro: neppure in Occidente è garantita la libertà di mostrare o esibire a piacimento il proprio corpo. Chi si indigna dei burka in Iran e Pakistan dovrebbe pensare che non solo il volto anche le altre parti del corpo sono innocenti da far vedere e tante volte sarebbe necessario spogliarsi non solo fare un'espressione con la faccia... ed invece la società occidentale, con la complicità di parti non autentiche degli Stati, non lo permette, reagendo anche con l'internamento di fatto, sotto false accuse o false diagnosi, contro dei semplici e irrinunciabili bisogni.
In alcuni luoghi dell'Europa Settentrionale c'era completa libertà ma il resoconto era questo: se due amanti si congiungevano nudi in un parco finiva che bisognava chiamare l'agente dell'ordine a metterci una coperta o lenzuolo sopra. L'agente in tali casi si presenta luttuosamente con la faccia di uno che deve coprire delle sporcizie. L'imposizione del vestito in Europa è più grave perché siamo proprio noi europei che ne abbiamo concezione di base soltanto funzionale, innanzitutto per via dei luoghi e del clima e del modo necessario per viverci. Gli africani danno valore di civiltà al vestito perché dalle loro parti ha funzioni assai ridotte o nulle nelle situazioni importanti. Gli orientali non vivono tanta prossimità alla natura come noi, mentre gli occidentali non settentrionali hanno abitudini alla non costanza, sempre a causa di come si deve vivere. In Europa invece il bisogno è quello di non farne mai una regola, ma tale bisogno di fatto non è riconosciuto. A fronte del bisogno non c'è légge che lo impedisca; ma il principio di realtà è negato da chi non ama per niente la nostra realtà. Tra i nemici ci sono anche le estremiste femministe, che di fatto impediscono l'accettazione della necessità reale perché, nel tentativo di creare una supremazia femminile, trattano l'indole maschile per ciò che non è, portando avanti il falso mito della prepotenza sessuale maschile, non accettando la timidezza e fingendo che l'invadenza sia la condizione naturale della sessualità maschile. La situazione diffusa è quella di una continua abitudine femminile a invitare per rimproverare, mentre i poteri accreditati nei cleri cristiani o sedicenti tali, soprattutto in quello cattolico, forniscono una cornice falsamente religiosa al tutto.
MAURO PASTORE