Violante: aveva ragione Craxi e l'uso immorale della questione morale.

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Momo55
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Violante: aveva ragione Craxi e l'uso immorale della questione morale.

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In una intervista rilasciata al quotidiano ll Riformista, Violante fa analisi interessanti e ammissioni sorprendenti. Ne riprendo alcune parti.

Il garantismo è un valore universale?

«Io sono contrario agli “-ismi”. Perché gli “-ismi” sono un deterioramento della parola. Lo ha spiegato Lopez de Onate. Il principio è quello della presunzione di innocenza, che è un criterio puramente giuridico. Poi c’è il piano politico e quello etico. Che sono cose diverse. Rispettare le garanzie della persona è una forma di civiltà. Poi ci sono i parametri della politica e dell’etica politica che sono distinti dal processo penale».
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Sottintende che parlare di garantismo significa prendere una posizione politica?
«Io preferisco parlare di legalità, che si colloca sul piano giuridico. E comporta non considerare una persona colpevole finché non c’è una certezza determinata dall’ultimo grado di giudizio. Ma insisto: c’è un profilo etico e politico distinto dall’aspetto giuridico. E la politica che si schiaccia sul giuridico, non è apprezzabile».
La politica ha abdicato, si è schiacciata sul giuridico?
«E non da adesso, sono trent’anni. Dal 1992 ha rinunciato a esercitare un proprio governo dei comportamenti politici e si è sdraiata sul lettino del giurista».Soprattutto la sinistra?
«All’inizio, con Mani Pulite, la sinistra ha confuso la questione morale e la questione giuridica. Ma tra il 1992 e il 1994 si è confuso tutto da parte di tutti. Quando Craxi disse: “Guardate che se non troviamo una soluzione politica, prevarranno l’avventurismo e la degenerazione”, aveva ragione. È quello che è avvenuto. Perché distingueva il piano politico da quello giuridico. Purtroppo nessuno di noi capì. E sappiamo tutti come è andata».
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Le notizie di questi giorni, i voti comprati a Bari, le questioni di Torino, la sorprendono?
«Mi sorprendono. Ma aspettiamo di vedere il seguito delle indagini, che finora destano preoccupazione, e distinguiamo gli innocenti dai colpevoli: E riflettiamo sui luoghi dove si sarebbe inserito il malaffare».
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Ma esiste una questione morale a sinistra?
«Sono scettico sull’uso del termine “Questione morale”. Cosa vuol dire questione morale? Vuol dire che l’attività politica in generale è distorta a fini di arricchimento personale? Che esistano problemi giuridici di natura penale per alcuni esponenti del Pd, come anche di altri, in questi giorni, è un fatto. Ci sono comportamenti politici che fanno emergere questioni di correttezza. Starei attento all’uso immorale della questione morale. o’ eccessivo».
Siamo lontani dal rispetto filologico dell’espressione berlingueriana…
«Sì, Enrico Berlinguer diceva un’altra cosa: i partiti hanno occupato lo Stato e perciò c’è una questione morale. Si riferiva al rapporto invasivo dei soggetti politici nei gangli dello Stato, quindi a fatti politici e non a processi penali».
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Il rapporto tra politica e magistratura a trent’anni da Tangentopoli, secondo lei, è evoluto o il populismo giudiziario è ancora forte?
«Devo dire che in questo momento si sta registrando un tentativo di ridimensionamento della magistratura rispetto alla politica. Nel 1993 scrissi un articolo su L’Unità in cui dicevo: “C’è uno sfrenato giustizialismo. E stiamo attenti: nessuna società accetterà di essere governata dai giudici. E prima o poi arriverà un potere regolatore che cercherà un riequilibrio tra partiti e magistrati”. Oggi credo che sia in corso questo riequilibrio».
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Il trojan a strascico va limitato?
«Il trojan è uno strumento pericoloso. Dobbiamo cercare un equilibrio tra i diritti della persona e il diritto all’accertamento delle responsabilità. Alcune volte il trojan serve, ma c’è un eccesso nell’uso di questo strumento. Auspicherei si potesse fare una riflessione tra penalisti e politica intorno al giusto limite di garanzia della privacy individuale rispetto all’acquisizione delle prove».
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