C'è genocidio a Gaza? Allora in Ucraina che cos'è?
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- vito
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Re: C'è genocidio a Gaza? Allora in Ucraina che cos'è?
Quello che accade in UCRAINA fa comodo a tutti che venga nascosto anche per questi motii
Fa comodo agli americani per il motivo che hanno sbagliato politica .
Fa comododo ai comunisti sovietici per nascondere le stragi che hanno fatto .
Fa comodo agli europei per nascodere la loro incapacità di trovare soluzioni utili a fermare la guerra
Fa comodo agli americani per il motivo che hanno sbagliato politica .
Fa comododo ai comunisti sovietici per nascondere le stragi che hanno fatto .
Fa comodo agli europei per nascodere la loro incapacità di trovare soluzioni utili a fermare la guerra
- porterrockwell
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Re: C'è genocidio a Gaza? Allora in Ucraina che cos'è?
Quali stragi ? Dove ? Quando? Specificare please !!vito ha scritto: ↑5 mar 2024, 10:05 Quello che accade in UCRAINA fa comodo a tutti che venga nascosto anche per questi motii
Fa comodo agli americani per il motivo che hanno sbagliato politica .
Fa comododo ai comunisti sovietici per nascondere le stragi che hanno fatto .
Fa comodo agli europei per nascodere la loro incapacità di trovare soluzioni utili a fermare la guerra
Scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne. Amos 5,24
- Rosanna
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Re: C'è genocidio a Gaza? Allora in Ucraina che cos'è?
Israele libero ....
e hamas sterminato senza pietà.
Io nelle cose che faccio ci metto il cuore, la lealtà, l'intelligenza, la giustizia e il rispetto. Tutto il resto ... non mi interessa.
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Re: C'è genocidio a Gaza? Allora in Ucraina che cos'è?
Bene, nel frattempo però tra un militante di hamas e l'altro ci scappa anche qualche donna e qualche bambino.......Danni collaterali.
- Rosanna
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Re: C'è genocidio a Gaza? Allora in Ucraina che cos'è?
Parliamo in egual misura ed onestamente delle vittime e poi ... ne riparleremo.
Io nelle cose che faccio ci metto il cuore, la lealtà, l'intelligenza, la giustizia e il rispetto. Tutto il resto ... non mi interessa.
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In cerca di vendetta per l'assassinio di Gemayel e coordinandosi con le forze israeliane dislocate a Beirut ovest[5], le milizie cristiano-falangiste di Elie Hobeika alle 18:00 circa del 16 settembre 1982, entrano nei campi profughi di Sabra e Shatila. Il giorno prima, l'esercito israeliano aveva chiuso ermeticamente i campi profughi e messo posti di osservazione sui tetti degli edifici vicini. Le milizie cristiane lasciarono i campi profughi solo il 18 settembre. Il numero esatto dei morti non è ancora chiaro. Il procuratore capo dell'esercito libanese in un'indagine condotta sul massacro, parlò di 460 morti, la stima dei servizi segreti israeliani parlava invece di circa 700-800 morti. Secondo il cronista Robert Fisk il massacro degli arrestati rinchiusi nello stadio Citè Sportive continuò anche nei giorni successivi, occultato nelle fosse comuni[6].
David Lamb scrive sul quotidiano Los Angeles Times del 23 settembre 1982:
«Alle 16 di venerdì il massacro durava ormai da 19 ore. Gli Israeliani, che stazionavano a meno di 100 metri di distanza, non avevano risposto al crepitìo costante degli spari né alla vista dei camion carichi di corpi che venivano portati via dai campi.»
Elaine Carey scrive sul quotidiano Daily Mail del 20 settembre 1982:
«Nella mattinata di sabato 18 settembre, tra i giornalisti esteri si sparse rapidamente una voce: massacro. Io guidai il gruppo verso il campo di Sabra. Nessun segno di vita, di movimento. Molto strano, dal momento che il campo, quattro giorni prima, era brulicante di persone. Quindi scoprimmo il motivo. L'odore traumatizzante della morte era dappertutto. Donne, bambini, vecchi e giovani giacevano sotto il sole cocente. La guerra israelo-palestinese aveva già portato come conseguenza migliaia di morti a Beirut. Ma, in qualche modo, l'uccisione a sangue freddo di questa gente sembrava di gran lunga peggiore»
Loren Jankins scrive sul quotidiano Washington Post del 20 settembre 1982:
«La scena nel campo di Shatila, quando gli osservatori stranieri vi entrarono il sabato mattina, era come un incubo. In un giardino, i corpi di due donne giacevano su delle macerie dalle quali spuntava la testa di un bambino. Accanto ad esse giaceva il corpo senza testa di un bambino. Oltre l'angolo, in un'altra strada, due ragazze, forse di 10 o 12 anni, giacevano sul dorso, con la testa forata e le gambe lanciate lontano. Pochi metri più avanti, otto uomini erano stati mitragliati contro una casa. Ogni viuzza sporca attraverso gli edifici vuoti - dove i palestinesi avevano vissuto dalla fuga dalla Palestina alla creazione dello Stato di Israele nel 1948 - raccontava la propria storia di orrori. In una di esse sedici uomini erano sovrapposti uno sull'altro, mummificati in posizioni contorte e grottesche.»
Testimonianza di Ellen Siegel, cittadina ebrea americana, infermiera volontaria:[7]
«In cima all'edificio soldati israeliani guardavano verso i campi con i binocoli. Miliziani libanesi arrivarono in una jeep e volevano portare via un'assistente sanitaria norvegese. Ci rivolgemmo a un soldato israeliano che disse ai miliziani di andare via. Infatti partirono. Alle 11.30 circa gli israeliani ci condussero a Beirut Ovest. Sedetti sul sedile anteriore di una jeep della IDF. L'autista mi disse: «Oggi è Rosh haShana. Vorrei essere a casa con la mia famiglia. Credete che mi piaccia andare porta a porta e vedere donne e bambini?» Gli chiesi quante persone avesse ucciso. Rispose che non era affar mio. Disse anche che l'esercito libanese era impotente, erano stati a Beirut per anni e non avevano fatto nulla, che Israele era dovuta arrivare per fare tutto il lavoro.»
Il 20 settembre 1982, tra i primi giornalisti accorsi sul luogo degli eventi vi fu Pierre-Pascal Rossi, giornalista dell'emittente RTS (Svizzera). Prima di mostrare alcune immagini riprese a pochi giorni dal massacro, introduce con queste parole il suo servizio [8]:
«Ciò che abbiamo visto è assolutamente atroce.»
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Re: C'è genocidio a Gaza? Allora in Ucraina che cos'è?
Il massacro
In cerca di vendetta per l'assassinio di Gemayel e coordinandosi con le forze israeliane dislocate a Beirut ovest[5], le milizie cristiano-falangiste di Elie Hobeika alle 18:00 circa del 16 settembre 1982, entrano nei campi profughi di Sabra e Shatila. Il giorno prima, l'esercito israeliano aveva chiuso ermeticamente i campi profughi e messo posti di osservazione sui tetti degli edifici vicini. Le milizie cristiane lasciarono i campi profughi solo il 18 settembre. Il numero esatto dei morti non è ancora chiaro. Il procuratore capo dell'esercito libanese in un'indagine condotta sul massacro, parlò di 460 morti, la stima dei servizi segreti israeliani parlava invece di circa 700-800 morti. Secondo il cronista Robert Fisk il massacro degli arrestati rinchiusi nello stadio Citè Sportive continuò anche nei giorni successivi, occultato nelle fosse comuni[6].
David Lamb scrive sul quotidiano Los Angeles Times del 23 settembre 1982:
«Alle 16 di venerdì il massacro durava ormai da 19 ore. Gli Israeliani, che stazionavano a meno di 100 metri di distanza, non avevano risposto al crepitìo costante degli spari né alla vista dei camion carichi di corpi che venivano portati via dai campi.»
Elaine Carey scrive sul quotidiano Daily Mail del 20 settembre 1982:
«Nella mattinata di sabato 18 settembre, tra i giornalisti esteri si sparse rapidamente una voce: massacro. Io guidai il gruppo verso il campo di Sabra. Nessun segno di vita, di movimento. Molto strano, dal momento che il campo, quattro giorni prima, era brulicante di persone. Quindi scoprimmo il motivo. L'odore traumatizzante della morte era dappertutto. Donne, bambini, vecchi e giovani giacevano sotto il sole cocente. La guerra israelo-palestinese aveva già portato come conseguenza migliaia di morti a Beirut. Ma, in qualche modo, l'uccisione a sangue freddo di questa gente sembrava di gran lunga peggiore»
Loren Jankins scrive sul quotidiano Washington Post del 20 settembre 1982:
«La scena nel campo di Shatila, quando gli osservatori stranieri vi entrarono il sabato mattina, era come un incubo. In un giardino, i corpi di due donne giacevano su delle macerie dalle quali spuntava la testa di un bambino. Accanto ad esse giaceva il corpo senza testa di un bambino. Oltre l'angolo, in un'altra strada, due ragazze, forse di 10 o 12 anni, giacevano sul dorso, con la testa forata e le gambe lanciate lontano. Pochi metri più avanti, otto uomini erano stati mitragliati contro una casa. Ogni viuzza sporca attraverso gli edifici vuoti - dove i palestinesi avevano vissuto dalla fuga dalla Palestina alla creazione dello Stato di Israele nel 1948 - raccontava la propria storia di orrori. In una di esse sedici uomini erano sovrapposti uno sull'altro, mummificati in posizioni contorte e grottesche.»
Testimonianza di Ellen Siegel, cittadina ebrea americana, infermiera volontaria:[7]
«In cima all'edificio soldati israeliani guardavano verso i campi con i binocoli. Miliziani libanesi arrivarono in una jeep e volevano portare via un'assistente sanitaria norvegese. Ci rivolgemmo a un soldato israeliano che disse ai miliziani di andare via. Infatti partirono. Alle 11.30 circa gli israeliani ci condussero a Beirut Ovest. Sedetti sul sedile anteriore di una jeep della IDF. L'autista mi disse: «Oggi è Rosh haShana. Vorrei essere a casa con la mia famiglia. Credete che mi piaccia andare porta a porta e vedere donne e bambini?» Gli chiesi quante persone avesse ucciso. Rispose che non era affar mio. Disse anche che l'esercito libanese era impotente, erano stati a Beirut per anni e non avevano fatto nulla, che Israele era dovuta arrivare per fare tutto il lavoro.»
Il 20 settembre 1982, tra i primi giornalisti accorsi sul luogo degli eventi vi fu Pierre-Pascal Rossi, giornalista dell'emittente RTS (Svizzera). Prima di mostrare alcune immagini riprese a pochi giorni dal massacro, introduce con queste parole il suo servizio [8]:
«Ciò che abbiamo visto è assolutamente atroce.»
"Non avrete nulla e sarete felici". e se non fossi felice? "non ti preoccupare, ti cureremo"
Davos agenda 2030.
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