In Norvegia il primo stop all'imbarco di auto elettriche
Il caso rischia di esplodere nel caso in cui armatori specializzati in altre spedizioni adottino provvedimenti analoghi. La decisione della Havila Kystruten è verosimilmente legata al rogo, a oltre 200 miglia nautiche al largo dell'arcipelago delle Azzorre, della nave cargo Felicity Ace. Il bastimento della giapponese Mitsui OSK Lines era andato a fuoco verso la fine di febbraio dello scorso anno mentre trasportava un prezioso carico di veicoli, circa 4.000 del gruppo Volkswagen, finiti in fondo all'oceano. I 22 membri dell'equipaggio erano stati tratti in salvo, mentre un primo e sommario bilancio sembrava indicare in circa 250 milioni di euro il danno complessivo per i vari marchi del gruppo tedesco. Anche se le origini dell'incendio non sono state ancora chiarite o, almeno, non sono state rese note, inizialmente erano state attribuite alle batterie di una o più auto elettriche, considerate dagli esperti fra i “punti deboli” di queste macchine. Le stesse operazioni di avvicinamento, estrazione degli eventuali occupanti nonché di spegnimento risultano complesse.
L'Unione Europea che vuole vietare la vendita di veicoli non a zero emissioni a partire dal 2035 deve preoccuparsi dell'infrastruttura di ricarica, ancora deficitaria e che provoca anche la cosiddetta “ansia da colonnina”, ma anche della sicurezza. Altrimenti c'è il rischio di una sorta di “apartheid” per le auto elettriche, dirottate solo all'aperto e magari solo in certe zone, come i fumatori.
Un altro elemento che non ne favorirebbe l'auspicata diffusione.
Aggiungerei, batterie che vengono prodotte in Cina dato l'alto tasso di inquinamento necessario alla loro fabbricazione.