Dei delitti e delle pene

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Valerio
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Dei delitti e delle pene

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Penso che per parlare di Giustizia non si possa prescindere dal definire bene questi due concetti. E vanno definiti con dei termini "inequivocabilmente" misurabili.

Ed un delitto non può che essere misurabile in termine di "danno". Anche perché se un qualunque comportamento viene sanzionato, è perché si rivela lesivo in misura concreta. La semplice violazione di una legge, che non comporti un danno a qualcuno, non ha assolutamente motivo di essere sanzionata, altrimenti la stessa legge sarebbe arbitraria.

È quindi necessario che il "danno" venga esattamente determinato, affinché ad esso venga applicata una pena assolutamente conseguente.

Ed il valore della pena applicata per il delitto deve essere tale da coinvolgere la "riparazione del danno".

Capisco che questo principio si applichi strettamente in ambito civile, mentre in ambito penale tale principio risulta insufficiente. Ma questo non significa che "indurre una sofferenza" come rifusione di un delitto penale, non sia un concetto barbaro, a livello dell'antico occhio per occhio, dente per dente.

Ecco perché la misura della carcerazione del reo deve venire rivista in un'ottica di civiltà.

La discussione sulla carcerazione, quindi, deve venire supportata da motivazioni che esulino dalla semplice sofferenza per vendetta, cosa che reputo assolutamente incivile.
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Re: Dei delitti e delle pene

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Valerio ha scritto: 5 feb 2020, 9:18 Penso che per parlare di Giustizia non si possa prescindere dal definire bene questi due concetti. E vanno definiti con dei termini "inequivocabilmente" misurabili.

Ed un delitto non può che essere misurabile in termine di "danno". Anche perché se un qualunque comportamento viene sanzionato, è perché si rivela lesivo in misura concreta. La semplice violazione di una legge, che non comporti un danno a qualcuno, non ha assolutamente motivo di essere sanzionata, altrimenti la stessa legge sarebbe arbitraria.

È quindi necessario che il "danno" venga esattamente determinato, affinché ad esso venga applicata una pena assolutamente conseguente.

Ed il valore della pena applicata per il delitto deve essere tale da coinvolgere la "riparazione del danno".

Capisco che questo principio si applichi strettamente in ambito civile, mentre in ambito penale tale principio risulta insufficiente. Ma questo non significa che "indurre una sofferenza" come rifusione di un delitto penale, non sia un concetto barbaro, a livello dell'antico occhio per occhio, dente per dente.

Ecco perché la misura della carcerazione del reo deve venire rivista in un'ottica di civiltà.

La discussione sulla carcerazione, quindi, deve venire supportata da motivazioni che esulino dalla semplice sofferenza per vendetta, cosa che reputo assolutamente incivile.
Giusto, ma io aggiungo che, fissata una pena non inficiata da vendetta, la si sconti tutta senza riduzioni per buona condotta o perchè uno psicologo asserisce che il detenuto è pentito di ciò che ha fatto. Niente permessi e altro.
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Re: Dei delitti e delle pene

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Tutto è condizionato dal fatto di aver pagato, in qualche modo, il debito, o aver ricevuto dalla vittima un atto di perdono.

È comprensibile che chi ci mette più impegno nell'azione di redenzione riceva un trattamento migliore di chi subisce supinamente la pena inflitta o, peggio, cerchi di sottrarsi ad essa.
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Re: Dei delitti e delle pene

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Valerio ha scritto: 5 feb 2020, 9:18 Penso che per parlare di Giustizia non si possa prescindere dal definire bene questi due concetti. E vanno definiti con dei termini "inequivocabilmente" misurabili.

Ed un delitto non può che essere misurabile in termine di "danno". Anche perché se un qualunque comportamento viene sanzionato, è perché si rivela lesivo in misura concreta. La semplice violazione di una legge, che non comporti un danno a qualcuno, non ha assolutamente motivo di essere sanzionata, altrimenti la stessa legge sarebbe arbitraria.

È quindi necessario che il "danno" venga esattamente determinato, affinché ad esso venga applicata una pena assolutamente conseguente.

Ed il valore della pena applicata per il delitto deve essere tale da coinvolgere la "riparazione del danno".

Capisco che questo principio si applichi strettamente in ambito civile, mentre in ambito penale tale principio risulta insufficiente. Ma questo non significa che "indurre una sofferenza" come rifusione di un delitto penale, non sia un concetto barbaro, a livello dell'antico occhio per occhio, dente per dente.

Ecco perché la misura della carcerazione del reo deve venire rivista in un'ottica di civiltà.

La discussione sulla carcerazione, quindi, deve venire supportata da motivazioni che esulino dalla semplice sofferenza per vendetta, cosa che reputo assolutamente incivile.
un paio di obiezioni.
visionando a posteriori un filmato di una ripresa fatta alle tre di notte, si nota un automobilista che ignora (non rispetta) il semaforo rosso. non solo nessuno ha subito danno, ma senza la ripresa nessuno se ne sarebbe mai accorto. quindi, il comportamento criminoso va o meno sanzionato?
concordo che la "sofferenza per vendetta" dal punto di vista di uno stato, non ha senso ne sia concetto accettabile, ma indurre sofferenza sia pure psicologica come la perdita della libertà (e/o altro) ha anche una valenza di repressione verso comportamenti futuri, e di esempio verso persone che potrebbero indulgere in comportamenti similari.
in concreto, se ubriaco rientrando alle tre di notte dalla discoteca "brucio" ad alta velocità una serie di semafori, non ha importanza che non abbia fatto danno ad alcuno, lo stato mettendomi in galera, non si vendica ma mi educa e mi indica a esempio negativo, sperando che altri imparino dalle conseguenze del mio comportamento.
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Re: Dei delitti e delle pene

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Esiste il reato di tentato omicidio.

Perché se passi col rosso rischi seriamente di creare un danno anche mortale, e questo rischio ha una probabilità troppo alta per essere accettabile.

Io mi riferivo a comportamenti molto meno pericolosi, come uno schiaffo, o un ritardo a denunciare fatti non di rilievo, come il furto, od omissivi come la ritardata denuncia dei redditi, o derivanti dalla non conoscenza della Legge, o di piccole infrazioni come il divieto di sosta, o un leggero aumento della velocità in zona sottoposta a limiti ridicoli, come il 40 km/h. Io son stato multato per aver superato di 3 km/h il limite durante un sorpasso!

In questo tipo di reati diviene assurda la "penalizzazione", ma basta una leggera sanzione pecuniaria solo se il fatto è rilevante.
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Re: Dei delitti e delle pene

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porterrockwell ha scritto: 5 feb 2020, 12:58
Valerio ha scritto: 5 feb 2020, 9:18 Penso che per parlare di Giustizia non si possa prescindere dal definire bene questi due concetti. E vanno definiti con dei termini "inequivocabilmente" misurabili.

Ed un delitto non può che essere misurabile in termine di "danno". Anche perché se un qualunque comportamento viene sanzionato, è perché si rivela lesivo in misura concreta. La semplice violazione di una legge, che non comporti un danno a qualcuno, non ha assolutamente motivo di essere sanzionata, altrimenti la stessa legge sarebbe arbitraria.

È quindi necessario che il "danno" venga esattamente determinato, affinché ad esso venga applicata una pena assolutamente conseguente.

Ed il valore della pena applicata per il delitto deve essere tale da coinvolgere la "riparazione del danno".

Capisco che questo principio si applichi strettamente in ambito civile, mentre in ambito penale tale principio risulta insufficiente. Ma questo non significa che "indurre una sofferenza" come rifusione di un delitto penale, non sia un concetto barbaro, a livello dell'antico occhio per occhio, dente per dente.

Ecco perché la misura della carcerazione del reo deve venire rivista in un'ottica di civiltà.

La discussione sulla carcerazione, quindi, deve venire supportata da motivazioni che esulino dalla semplice sofferenza per vendetta, cosa che reputo assolutamente incivile.
Giusto, ma io aggiungo che, fissata una pena non inficiata da vendetta, la si sconti tutta senza riduzioni per buona condotta o perchè uno psicologo asserisce che il detenuto è pentito di ciò che ha fatto. Niente permessi e altro.
Smiling
Dovrebbe essere sottinteso che chi sconta una pena in carcere abbia una buona condotta....O sbaglio?
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Re: Dei delitti e delle pene

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Non ci siamo.

Una pena che non porta a niente, che non è risolutiva e che serve solo ad infliggere dolore, non è altro che vendetta.

L'uomo deve dimostrare di essere evoluto, non selvaggio.
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Re: Dei delitti e delle pene

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RedWine ha scritto: 5 feb 2020, 13:59un paio di obiezioni.
visionando a posteriori un filmato di una ripresa fatta alle tre di notte, si nota un automobilista che ignora (non rispetta) il semaforo rosso. non solo nessuno ha subito danno, ma senza la ripresa nessuno se ne sarebbe mai accorto. quindi, il comportamento criminoso va o meno sanzionato?
concordo che la "sofferenza per vendetta" dal punto di vista di uno stato, non ha senso ne sia concetto accettabile, ma indurre sofferenza sia pure psicologica come la perdita della libertà (e/o altro) ha anche una valenza di repressione verso comportamenti futuri, e di esempio verso persone che potrebbero indulgere in comportamenti similari.
in concreto, se ubriaco rientrando alle tre di notte dalla discoteca "brucio" ad alta velocità una serie di semafori, non ha importanza che non abbia fatto danno ad alcuno, lo stato mettendomi in galera, non si vendica ma mi educa e mi indica a esempio negativo, sperando che altri imparino dalle conseguenze del mio comportamento.
Smiling Quoto tutto!! Stavo per scrivere un esempio simile, allora aboliamo gli autovelox, diamo le multe solo a chi ha un incidente in auto, idem per guida in stato di ebrezza!!

Ma Valerio ha già precisato cosa volesse dire:
Valerio ha scritto: 5 feb 2020, 14:32 Esiste il reato di tentato omicidio.

Perché se passi col rosso rischi seriamente di creare un danno anche mortale, e questo rischio ha una probabilità troppo alta per essere accettabile.

Io mi riferivo a comportamenti molto meno pericolosi, come uno schiaffo, o un ritardo a denunciare fatti non di rilievo, come il furto, od omissivi come la ritardata denuncia dei redditi, o derivanti dalla non conoscenza della Legge, o di piccole infrazioni come il divieto di sosta, o un leggero aumento della velocità in zona sottoposta a limiti ridicoli, come il 40 km/h. Io son stato multato per aver superato di 3 km/h il limite durante un sorpasso!

In questo tipo di reati diviene assurda la "penalizzazione", ma basta una leggera sanzione pecuniaria solo se il fatto è rilevante.
Questo avrebbe senso a due condizioni:
- Come in Scandinavia (se non sbaglio Stato...) la multa deve essere proporzionata al reddito, altrimenti i 100 euro per me non sono lo stesso per Bill Gates che farebbe come gli pare!! La legge deve essere uguale per tutti!!
- La multa dovrebbe essere proporzionale al reato, cioè se come in Italia evadi 100.000 € la multa è inferiore alle tasse che avresti dovuto pagare.... E solo per la volta che ti hanno beccato...
Cioè, se a Al Capone avessero fatto una multa da 1 milione di euro (dell'epoca), se ne sarebbe stra-sbattuto e sarebbe ancora lì ora, alla sua veneranda età!! Ma mica aveva ammazzato qualcuno...in teoria!!
PS Negli USA per falsa testimonianza rischi fino a 25 anni di galera, altro che da noi dove mentire per difendersi è legittimo!! Altro che sanzioni pecuniarie!!

La pena deve essere il motivo che limita le persone a commettere il reato, se è fittizia, figurativa, ipotetica... Sarebbe l'anarchia!!

E non sto dicendo che voglio mandare tutti in carcere :twisted: , mi sono limitato a sottolineare 2 punti critici della tua tesi, parliamone!! Bye
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Re: Dei delitti e delle pene

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Che la sanzione amministrativa debba essere parametrata al reddito sarei d'accordo, ma temo che verrebbe rigettata come anticostituzionale.

Io ci vedo altre soluzioni, che prescindano dal carcere.

La falsa testimonianza è punita anche in Italia. L'imputato può avvalersi della facoltà di non rispondere, ma se risponde, e mente, questo costituisce aggravante.

Ho aperto questo argomento proprio per sentire come la pensate. Per questo il post iniziale delineava il mio principio di una pena che configura "induzione di sofferenza per vendetta" piuttosto che di una sanzione che possa avere il duplice aspetto di deterrente e funzione di recupero sociale.

E ti anticipo il mio pensiero: secondo me l'unica sanzione che possa ricoprire questi due aspetti è la rifusione del danno, che sia diretta (verso le vittime) o indiretta (verso la società).

Cuneoman, vedi che quando non fai il partigiano non ti tratto male? Bye
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Serge, chi in carcere ha una buona condotta è una mosca bianca. L'organizzazione penitenziaria non è pensata per promuovere buoni comportamenti, ma solo per reprimere i cattivi.

E purtroppo il carcere è un mixer in cui vengono seppelliti tutti insieme, a prescindere perfino dalla pericolosità sociale (per via del sovraffollamento).
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Re: Dei delitti e delle pene

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Valerio ha scritto: 5 feb 2020, 9:18 Penso che per parlare di Giustizia non si possa prescindere dal definire bene questi due concetti. E vanno definiti con dei termini "inequivocabilmente" misurabili.

Ed un delitto non può che essere misurabile in termine di "danno". Anche perché se un qualunque comportamento viene sanzionato, è perché si rivela lesivo in misura concreta. La semplice violazione di una legge, che non comporti un danno a qualcuno, non ha assolutamente motivo di essere sanzionata, altrimenti la stessa legge sarebbe arbitraria.

È quindi necessario che il "danno" venga esattamente determinato, affinché ad esso venga applicata una pena assolutamente conseguente.

Ed il valore della pena applicata per il delitto deve essere tale da coinvolgere la "riparazione del danno".

Capisco che questo principio si applichi strettamente in ambito civile, mentre in ambito penale tale principio risulta insufficiente. Ma questo non significa che "indurre una sofferenza" come rifusione di un delitto penale, non sia un concetto barbaro, a livello dell'antico occhio per occhio, dente per dente.

Ecco perché la misura della carcerazione del reo deve venire rivista in un'ottica di civiltà.

La discussione sulla carcerazione, quindi, deve venire supportata da motivazioni che esulino dalla semplice sofferenza per vendetta, cosa che reputo assolutamente incivile.
Anche dal punto di vista penale esistono dei "delitti" che posso causare dei danni non apprezzabili materialmente. Vedi l'ingiuria che comporta danni alla persona non quantificabili in modo analitico come, ad esempio, può avvenire per la percossa.
Ma non è questo il punto.

Che si tratti di Codice Civile o Penale ciò che conta è il venire meno, attraverso un delitto, a una regola di comportamento. Di fatti ogni gruppo sociale può definirsi tale e coesistere solo grazie all'esistenza di regole comportamentali. L'infrangere una di quelle regole non comporta un danno solo per chi subisce il torto, ma tutti i consociati vedranno leso uno di quei principi che tiene unità la società in cui vivono. Per questo che si tratti di colpa lieve o di delitto, ogni atto lesivo per l'integrità soggettiva e oggettiva va punito.
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Re: Dei delitti e delle pene

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Giurista ha scritto: 6 feb 2020, 9:22
Valerio ha scritto: 5 feb 2020, 9:18 Penso che per parlare di Giustizia non si possa prescindere dal definire bene questi due concetti. E vanno definiti con dei termini "inequivocabilmente" misurabili.

Ed un delitto non può che essere misurabile in termine di "danno". Anche perché se un qualunque comportamento viene sanzionato, è perché si rivela lesivo in misura concreta. La semplice violazione di una legge, che non comporti un danno a qualcuno, non ha assolutamente motivo di essere sanzionata, altrimenti la stessa legge sarebbe arbitraria.

È quindi necessario che il "danno" venga esattamente determinato, affinché ad esso venga applicata una pena assolutamente conseguente.

Ed il valore della pena applicata per il delitto deve essere tale da coinvolgere la "riparazione del danno".

Capisco che questo principio si applichi strettamente in ambito civile, mentre in ambito penale tale principio risulta insufficiente. Ma questo non significa che "indurre una sofferenza" come rifusione di un delitto penale, non sia un concetto barbaro, a livello dell'antico occhio per occhio, dente per dente.

Ecco perché la misura della carcerazione del reo deve venire rivista in un'ottica di civiltà.

La discussione sulla carcerazione, quindi, deve venire supportata da motivazioni che esulino dalla semplice sofferenza per vendetta, cosa che reputo assolutamente incivile.
Anche dal punto di vista penale esistono dei "delitti" che posso causare dei danni non apprezzabili materialmente. Vedi l'ingiuria che comporta danni alla persona non quantificabili in modo analitico come, ad esempio, può avvenire per la percossa.
Ma non è questo il punto.

Che si tratti di Codice Civile o Penale ciò che conta è il venire meno, attraverso un delitto, a una regola di comportamento. Di fatti ogni gruppo sociale può definirsi tale e coesistere solo grazie all'esistenza di regole comportamentali. L'infrangere una di quelle regole non comporta un danno solo per chi subisce il torto, ma tutti i consociati vedranno leso uno di quei principi che tiene unità la società in cui vivono. Per questo che si tratti di colpa lieve o di delitto, ogni atto lesivo per l'integrità soggettiva e oggettiva va punito.
Certo, ma anche la Costituzione fissa dei limiti all'entità della pena.

Ma non parliamo di quello che oggi è il Codice, quanto di quello che dovrebbe essere per avere diritto di riferirci a noi in termini di civiltà.

Il punto centrale del mio ragionamento è che non si può rispondere ad una lesione con una lesione (occhio per occhio,......), ma si dovrebbe adempiere al dettato costituzionale di recupero della dignità del leso e di quella del reo, nei limiti della risposta di quest'ultimo.

E per soddisfare questi due principi, io ho ipotizzato che prima di una punizione, il giudice debba cercare una riparazione.

La riparazione dovrebbe riequilibrare i diritti violati della vittima e reinserire il reo in una condizione sociale positiva, anche se a quest'ultimo richiede uno sforzo ed una inequivocabile volontà di redenzione.

Da questo ragionamento, per ora, escludiamo delinquenti abituali e reiterazione del reato.
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Re: Dei delitti e delle pene

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Valerio ha scritto: 6 feb 2020, 10:51
Giurista ha scritto: 6 feb 2020, 9:22
Valerio ha scritto: 5 feb 2020, 9:18 Penso che per parlare di Giustizia non si possa prescindere dal definire bene questi due concetti. E vanno definiti con dei termini "inequivocabilmente" misurabili.

Ed un delitto non può che essere misurabile in termine di "danno". Anche perché se un qualunque comportamento viene sanzionato, è perché si rivela lesivo in misura concreta. La semplice violazione di una legge, che non comporti un danno a qualcuno, non ha assolutamente motivo di essere sanzionata, altrimenti la stessa legge sarebbe arbitraria.

È quindi necessario che il "danno" venga esattamente determinato, affinché ad esso venga applicata una pena assolutamente conseguente.

Ed il valore della pena applicata per il delitto deve essere tale da coinvolgere la "riparazione del danno".

Capisco che questo principio si applichi strettamente in ambito civile, mentre in ambito penale tale principio risulta insufficiente. Ma questo non significa che "indurre una sofferenza" come rifusione di un delitto penale, non sia un concetto barbaro, a livello dell'antico occhio per occhio, dente per dente.

Ecco perché la misura della carcerazione del reo deve venire rivista in un'ottica di civiltà.

La discussione sulla carcerazione, quindi, deve venire supportata da motivazioni che esulino dalla semplice sofferenza per vendetta, cosa che reputo assolutamente incivile.
Anche dal punto di vista penale esistono dei "delitti" che posso causare dei danni non apprezzabili materialmente. Vedi l'ingiuria che comporta danni alla persona non quantificabili in modo analitico come, ad esempio, può avvenire per la percossa.
Ma non è questo il punto.

Che si tratti di Codice Civile o Penale ciò che conta è il venire meno, attraverso un delitto, a una regola di comportamento. Di fatti ogni gruppo sociale può definirsi tale e coesistere solo grazie all'esistenza di regole comportamentali. L'infrangere una di quelle regole non comporta un danno solo per chi subisce il torto, ma tutti i consociati vedranno leso uno di quei principi che tiene unità la società in cui vivono. Per questo che si tratti di colpa lieve o di delitto, ogni atto lesivo per l'integrità soggettiva e oggettiva va punito.
Certo, ma anche la Costituzione fissa dei limiti all'entità della pena.

Ma non parliamo di quello che oggi è il Codice, quanto di quello che dovrebbe essere per avere diritto di riferirci a noi in termini di civiltà.

Il punto centrale del mio ragionamento è che non si può rispondere ad una lesione con una lesione (occhio per occhio,......), ma si dovrebbe adempiere al dettato costituzionale di recupero della dignità del leso e di quella del reo, nei limiti della risposta di quest'ultimo.

E per soddisfare questi due principi, io ho ipotizzato che prima di una punizione, il giudice debba cercare una riparazione.

La riparazione dovrebbe riequilibrare i diritti violati della vittima e reinserire il reo in una condizione sociale positiva, anche se a quest'ultimo richiede uno sforzo ed una inequivocabile volontà di redenzione.

Da questo ragionamento, per ora, escludiamo delinquenti abituali e reiterazione del reato.
Avevo capito cosa volessi intendere. Se vogliamo affrontare l'argomento semplicemente dal punto di vista ideale, sono perfettamente d'accordo con te. La funzione rieducativa dovrebbe essere alla base di una pena; altresì avere regole troppo ferree, come l'essere multati per aver superato di 2 km/h il limite di velocità, crea malcontento.

Ma poi quando passiamo dall'idealismo al realismo?
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Re: Dei delitti e delle pene

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Valerio ha scritto: 6 feb 2020, 6:51 Che la sanzione amministrativa debba essere parametrata al reddito sarei d'accordo, ma temo che verrebbe rigettata come anticostituzionale.
Io la trovo una misura interessante, ma non applicabile al sistema italiano, che andrebbe a premiare i finti nullatenenti, incentivando ancor più l'evasione fiscale

Io ci vedo altre soluzioni, che prescindano dal carcere.
E su questo concordo, però un minimo di carcere deve esistere, magari in luoghi creati apposta, più leggeri. Non si può restare "impuniti" per colpe gravi, sotto i 4 anni di pena definitiva come ora ad esempio

La falsa testimonianza è punita anche in Italia. L'imputato può avvalersi della facoltà di non rispondere, ma se risponde, e mente, questo costituisce aggravante.
Hai ragione, mi sono confuso. Però volevo sottolineare come la pena data a questo reato sia così alta da disincentivare il cittadino a mentire in tribunale, specie per i reati minori. Tu mentiresti per un reato di 2 anni se poi se vieni scoperto te ne danno altri 5 per averlo fatto? L'altro giorno in Tv c'era un fatto simile della polizia estera, avevano fermato un'auto con 2 tizi con lo spinello. Gli hanno chiesto se ne avevano altri, se mentivano ed erano beccati c'era anche un aumento della pena. Capisci cosa intendo? Se vuoi stai zitto, ma se menti allora.... Quanti processi riusciremmo a velocizzare, quanti inquinamenti delle prove, bugie per i social ecc? Certo, anche questo ha alcuni aspetti negativi...

Ho aperto questo argomento proprio per sentire come la pensate. Per questo il post iniziale delineava il mio principio di una pena che configura "induzione di sofferenza per vendetta" piuttosto che di una sanzione che possa avere il duplice aspetto di deterrente e funzione di recupero sociale.

E ti anticipo il mio pensiero: secondo me l'unica sanzione che possa ricoprire questi due aspetti è la rifusione del danno, che sia diretta (verso le vittime) o indiretta (verso la società).
Ritengo che una multa non sia ne un deterrente ne abbia una funzione di recupero. Anzi, per chi non ha problemi si soldi sarebbe una divisione sociale enorme, dove i ricchi potrebbero fare cosa vogliono e ai poveri il compito di subire, magari ottenendo un piccolo risarcimento ma solo nel caso facciano causa e la vincano. ...farla e poi perdere sarebbe un massacro... In pratica per i ricchi sarebbe un far west con la pistola solo in loro possesso

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Re: Dei delitti e delle pene

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Valerio ha scritto: 6 feb 2020, 6:58 Serge, chi in carcere ha una buona condotta è una mosca bianca. L'organizzazione penitenziaria non è pensata per promuovere buoni comportamenti, ma solo per reprimere i cattivi.

E purtroppo il carcere è un mixer in cui vengono seppelliti tutti insieme, a prescindere perfino dalla pericolosità sociale (per via del sovraffollamento).
In un intervista a Gratteri spiegava come i boss della camorra fossero i più tranquilli e docili nelle carceri, perchè alla camorra piace restare sottoterra, nell'invisibilità dei media e dell'opinione pubblica. CIT: "E quando deve dare "uno schiaffo" a un poliziotto, non sarà lui a farlo ma un altro carcerato..."
Condivido la tua idea di fondo, ma anche questa ha dei difetti. Oltre al fatto che per non dare la buona condotta a un mafioso ci vuole un magistrato con le palle, e non sono tutti così...

Certo, condivido ugualmente perchè è un modo per creare la differenza tra un carcerato normale e un piantagrane, però lo sconto deve essere indicativo e non assoluto. Cioè, parliamo spesso di pene leggere in Italia, poi sotto i 4 anni esci, prima ci sono già le attenuanti durante il processo, poi i permessi premio, poi enormi sconti per buona condotta... Meglio pene certe, e poi smussare qualche angolo, non cercare di mettere fuori il prima possibile le persone, specie i recidivi
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