SPIGOLANDO......

Tutto quello che non riguarda la politica.
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giaguaro
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da giaguaro »

grazia ha scritto: 16 mag 2020, 19:49 La formica produttiva....

Tutti i giorni, molto presto, arrivava in ufficio la Formica produttiva e felice.

Là trascorreva i suoi giorni, lavorando e canticchiando una vecchia canzone d'amore.

Era produttiva e felice ma, ahimè, non era supervisionata.

Il Calabrone, gestore generale, considerò la cosa impossibile e creò il posto di supervisore, per il quale assunsero uno Scarafaggio con molta esperienza.

La prima preoccupazione dello Scarafaggio fu standardizzare l'ora di entrata e di uscita e preparò pure dei bellissimi report.

Ben presto fu necessaria una segretaria per aiutare a preparare i report, e quindi assunsero una Ragnetta, che organizzò gli archivi e si occupò del telefono.

E intanto la formica produttiva e felice lavorava e lavorava.

Il Calabrone, gestore generale, era incantato dai report dello Scarafaggio supervisore, e così finì col chiedere anche quadri comparativi e grafici, indicatori di gestione ed analisi delle tendenze.

Fu quindi necessario assumere una Mosca aiutante del supervisore e fu necessario un nuovo computer con stampante a colori.

Ben presto la Formica produttiva e felice smise di canticchiare le sue melodie e cominciò a lamentarsi di tutto il movimento di carte che c'era da fare.

Il Calabrone, gestore generale, pertanto, concluse che era il momento di adottare delle misure: crearono la posizione di gestore dell'area dove lavorava la Formica produttiva e felice.

L'incarico fu dato ad una Cicala, che mise la moquette nel suo ufficio e fece comprare una poltrona speciale. Il nuovo gestore di area - ebbe bisogno di un nuovo computer e quando si ha più di un computer è necessaria una Intranet.

Il nuovo gestore ben presto ebbe bisogno di un assistente (Remora, già suo aiutante nell'impresa precedente), che l'aiutasse a preparare il piano strategico e il budget per l'area dove lavorava la Formica produttiva e felice.

La Formica non canticchiava più ed ogni giorno si faceva più irascibile. "Dovremo commissionare uno studio sull'ambiente lavorativo, un giorno di questi", disse la Cicala.

Ma un giorno il gestore generale, al rivedere le cifre, si rese conto che l'unità, nella quale lavorava la Formica produttiva e felice, non rendeva più tanto.

E così contattò il Gufo, prestigioso consulente, perché facesse una diagnosi della situazione.

Il Gufo rimase tre mesi negli uffici ed emise un cervellotico report di vari volumi e di vari milioni di euro, che concludeva: "C'è troppa gente in questo ufficio." E così il gestore generale seguì il consiglio del consulente e licenziò la Formica incazzata, che prima era produttiva e felice.

MORALE:

Non ti venga mai in mente di essere una Formica produttiva e felice. E' preferibile essere inutile e incompetente. Gli incompetenti non hanno bisogno di supervisori, tutti lo sanno.

Se, nonostante tutto, sei produttivo, non dimostrare mai che sei felice. Non te lo perdoneranno mai....
Smiling

Il guaio è che, per mantenere in vita tutta quella organizzazione burocratica, i calabroni, spesso politicanti superacrobatici, provvedono a tassare alla grande tutte le povere formichine produttive e felici, con la conseguenza che finiranno per rimetterci, non solo la salute ed il pane che cercano di guadagnarsi con grande fatica, ma anche la vita!

Bye
Non posso insegnare niente a nessuno, posso solo cercare di farli riflettere - SOCRATE
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grazia
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

il "VALORE" questo sconosciuto....a volte...

VALORE


Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello
che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto

ERRI DE LUCA
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

C’è una sola cosa che si scrive solo per se stesso, ed è la lista della spesa.
Serve a ricordarti che cosa devi comperare, e quando hai comperato puoi distruggerla perché non serve a nessun altro.
Ogni altra cosa che scrivi, la scrivi per dire qualcosa a qualcuno.

Umberto Eco
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

Invettiva di Timone....

il quale, dopo avere dissipato i suoi beni per generosità verso coloro che credeva amici, e da questi respinto nel momento del bisogno , si ritira in una grotta odiando tutti e tutto.....


""Ch'io mi volga indietro a guardarti. O tu, muraglia che ricingi quei lupi, sprofonda nella terra e non proteggere più Atene! Diventate incontinenti, matrone! L'obbedienza sparisca nei fanciulli! Schiavi e pazzi, strappate i grinzosi senatori dai loro seggi e amministrate le leggi in loro vece! In pubbliche bagasce mutatevi all'istante, fresche virginità! Fatelo sotto gli occhi dei vostri genitori! Voi, falliti, tenete duro, e invece di pagare, fuori i coltelli e tagliate la gola dei vostri creditori! Servi giurati, rubate! I vostri austeri padroni sono ladri a man bassa e saccheggiano in nome della legge. E tu serva, va' nel letto del padrone, poiché la tua signora è di bordello. Figlio sedicenne, strappa la gruccia imbottita del tuo vecchio padre zoppicante e con essa spaccagli il cervello! Pietà, timore, devozione agli dei, pace giustizia, verità, domestica reverenza, riposo notturno, buon vicinato, cultura, costumi, arti e mestieri, gerarchie, riti, consuetudini e leggi, decadete nei vostri deleteri opposti, e solo viva il caos! Pestilenze che colpite gli uomini, ammassate le vostre potenti e infette febbri su Atene, matura alla rovina! E tu, fredda sciatica, storpia i nostri senatori, così che lussuria e libidine, nel cuore e nel midollo della nostra gioventù, in dissolutezza! Rogne e pustole, disseminatevi sul petto degli Ateniesi e la loro mèsse sia una lebbra universale! L'alito infetti l'alito, sì che la loro società, come la loro amicizia, sia solo veleno! Da te voglio portar via nient'altro che nudità, o città detestabile! Prendi anche questa con innumerevoli maledizioni! Timone se n'andrà nelle foreste dove troverà bestie selvagge molto più miti dell'uman genere. Confondano gli dei (uditemi voi tutti. buoni dèi!) gli ateniesi, dentro e fuori queste mura! E concedano che con la vita di Timone cresca anche il suo odio per tutta la razza degli uomini, grandi e umili! Amen.""

William Shakespeare -Timone d'Atene
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

ER TESTAMENTO D'UN ARBERO

Trilussa

Un arbero d'un bosco
chiamò l'ucelli e fece testamento:
“Lascio li fiori ar mare,
lascio le foje ar vento,
li frutti ar sole e poi
tutti li semi a voi.
A voi, poveri ucelli,
perché me cantavate le canzone
ne la bella staggione.
E vojo che li stecchi,
quanno saranno secchi,
fàccino er foco pe' li poverelli.
Però v'avviso che sur tronco mio
c'è un ramo che dev'esse ricordato
a la bontà dell'ommini e de Dio.
Perché quer ramo, semprice e modesto,
fu forte e generoso: e lo provò
er giorno che sostenne un omo onesto
quanno ce s'impiccò.”
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

POSSO PORTARE IL MIO CANE?
Kark Albrecht


Un signore scrisse una lettera a un piccolo albergo di una cittadina che prevedeva di visitare durante le vacanze.

Scrisse:

Mi piacerebbe portare con me il mio cane.
E' pulito e ben educato.
Mi consentireste di tenerlo nella mia camera durante la notte?
----------------------------------------------------------------------
Immediata giunse la risposta del titolare dell'albergo che scrisse:

Gestisco questo albergo da molti anni.
In tutto questo tempo non ho mai visto nessun cane rubare asciugamani, coperte o argenteria o quadri appesi alla parete.
Non ho mai dovuto cacciar via un cane in piena notte per ubriachezza molesta.
E non ho mai visto un cane andarsene senza pagare.
Sì, effettivamente il Suo cane è il benvenuto, nel mio albergo.
E se il Suo cane garantisce per Lei, anche Lei sarà il benvenuto.
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

Perchè ci vogliono le regole in una società civile...


C’era una volta un complesso di sette strumenti musicali: erano un pianoforte, un violino, una chitarra classica, un flauto, un sassofono, una cornetta e una batteria.

Vivevano nella medesima stanza, ma non andavano d’accordo. Erano così orgogliosi che ognuno pensava di essere il re degli strumenti e di non aver bisogno degli altri. Non solo, ma ciascuno voleva suonare le melodie che aveva nel cuore e non accettava di eseguire uno spartito. Tutti ritenevano ciò una imposizione intollerabile che violava la loro libertà di espressione.

Quando al mattino si svegliavano ognuno cominciava a suonare liberamente le proprie melodie e per superare gli altri usava i toni più forti e violenti. Risultato: un inferno di caotici rumori.

Una notte capitò che la batteria non riuscisse a chiudere occhio per il nervoso. Per passare il tempo cominciò a scatenarsi con le sue percussioni. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Per la prima volta tutti gli strumenti si trovarono d’accordo su una cosa: la decisione di andare ognuno per conto suo.

Stavano per uscire quando alla porta bussò una bacchetta con uno spartito in cerca di strumenti da dirigere.

Parlando con garbo e diplomazia chiese loro di fare una nuova esperienza, quella di suonare ognuno secondo la propria natura, ma con note, ritmi e tempi armonizzati.

“Con un occhio guardate lo spartito, con l’altro i miei cenni, dopo che avrò dato il via, disse la bacchetta”.

Un po’ perché erano molto stanchi del caos in cui vivevano, un po’ per la curiosità di fare una nuova esperienza, accettarono.

Si misero a suonare con passione dando ognuno il meglio di se stesso e con una obbedienza totale alla bacchetta… magica.

A mano a mano che andavano avanti si ascoltavano l’un l’altro con grande piacere. Quando la bacchetta fece il cenno della fine un’immensa felicità riempiva il loro cuore: avevano eseguito il famoso Inno alla gioia di Beethoven.


Morale della favola:

L'essere umano non e' nato per vivere da solo, dunque per vivere in una comunita' sono importantissime le regole che comportano diritti e doveri. La liberta' assoluta non puo' che andare a ledere la liberta' degli altri, per cui e' necessario trovare dei compromessi affinche' si rispettino gli altri ed al tempo stesso gli altri rispettino noi,

Da qui l'importanza dell'insegnamento dell'educazione civica, sin dai primi mesi di vita da parte dei genitori , della scuola e della comunita'.

Chi urla forte pretendendo i propri diritti in genere e' proprio chi i diritti degli altri li calpesta, accecato dal proprio IO nemmeno se ne rende conto...

Come chi racconta tutto fiero che la fa in barba allo stato evadendo, non si rende conto che lo stato sono gli altri ed arreca loro danni, magari al proprio vicino che tanto gli e' simpatico e che non riesce a tirare a fine mese ma paga fino all'ultimo soldo le proprio tasse.



D.I.
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

Sorridi e la vita ti sorriderà. Il sorriso rallegra i cuori ...


Carofiglio,
ti scrivo queste poche righe perche tu sappia che ti ho scritto. Se ricevi questa lettera, vuol dire che è arrivata. Se non la ricevi, fammelo sapere, così te la rimanderò. Scrivo lentamente perché so che tu non sai leggere in fretta.
Qualche tempo fa tuo padre ha letto sul giornale che la maggior parte degli incidenti capitano entro un raggio di un chilometro dal luogo di abitazione.
Allora abbiamo deciso di traslocare un po' più lontano. La nuova casa è meravigliosa. C'è una lavatrice, ma non sono sicura che funzioni.
Proprio ieri ci ho messo dentro il bucato, ho tirato l'acqua e poi il bucato è sparito completamente.
Il tempo qui non è troppo brutto. La settimana scorsa ha piovuto due volte: la prima volta per tre giorni e la seconda per quattro.
A proposito della giacca che mi avevi chiesto, tuo zio Piero mi ha detto che spedirtela coi bottoni sarebbe stato molto caro (per via del peso dei bottoni).
Allora li ho staccati. Se pensi di riattaccarli, te li ho messi tutti nella tasca interna.
Tuo fratello Gianni ha fatto una grossa sciocchezza con la macchina: è sceso e ha chiuso di scatto la portiera lasciando dentro le chiavi. Allora è dovuto rientrare a casa a prendere il secondo mazzo di chiavi, e così anche
noi abbiamo potuto scendere dalla macchina.
Se vedi Margherita salutala da parte mia. Se non la vedi, non dirle niente.

La tua mamma che ti vuole tanto bene!

P. S.: volevo metterti anche un po' di soldi, ma avevo gia chiuso la busta.
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grazia
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

Shakespeare- dall'Amleto
Polonio, ciambellano di corte, da dei consigli al figlio Laerte (fratello di Ofelia)
che sta per partire.


""Ancora qui, Laerte?... A bordo, a bordo!
Il vento s'è già assiso da padrone
in cima alla tua vela, e là t'aspettano.
Va', figlio, con la mia benedizione,
e imprimiti a caratteri di stampa
nella tua mente queste poche regole:
mai non prestare lingua ai tuoi pensieri,
mai prestar mano a pensieri avventati;
gli amici di provata fedeltà
aggràppateli saldamente al cuore
con uncini d'acciaio; ma sta' attento
a non scaldarti il cavo delle mani
trattenendovi nuovi uccelli implumi
schiusi appena dal guscio.
Guàrdati dal mischiarti in tafferugli,
ma se t'accada d'esservi coinvolto,
agisci in modo che il tuo contendente
abbia a guardarsi bene dai tuoi colpi.
A tutti porgi orecchio, a pochi voce.
Accogli sempre l'opinione altrui,
ma pensa a modo tuo. Il tuo vestire,
per quanto può permetterti la borsa,
sia di buon prezzo, ma non stravagante;
ricercato, ma non troppo fastoso,
ché l'abito rivela spesso l'uomo,
e in Francia le persone di buon ceto
sono assai ricercate nel vestire
ed hanno classe, specialmente in questo.
Non chiedere né dar danaro in prestito:
col prestito si perde, molto spesso,
il danaro e l'amico, e il fare debiti
ottunde il senso della parsimonia.
Ma soprattutto tieni questo in mente:
sii sempre, e resta, fedele a te stesso;
ne seguirà, come la notte al giorno,
che non sarai sleale con nessuno.
Addio, figlio. La mia benedizione
trapianti e faccia maturare in te
questi pochi precetti di tuo padre.
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

Nelson Mandela, piccolo grande uomo....
....del ventesimo secolo, che ha sconfitto l'Apartheid e ha ridato dignità alla sua gente.

Dai suoi scritti:

“Chiunque voglia privarmi della dignità è destinato a perdere”
“Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho fatto alcuni passi falsi lungo la via. Ma ho scoperto che dopo aver scalato una montagna ce ne sono sempre altre da scalare. Adesso mi sono fermato un istante per riposare, per volgere lo sguardo allo splendido panorama che mi circonda, per guardare la strada che ho percorso. Ma posso riposare solo qualche attimo, perché assieme alla libertà vengono le responsabilità, e io non oso trattenermi ancora: il mio lungo cammino non è ancora alla fine.”

LA LIBERTA'
La strada verso la libertà non è mai agevole e molti dovranno
attraversare valli spazzate dal vento della morte prima di arrivare
in cima alla montagna dei propri desideri.
(1993)

LE DIFFICOLTA'
Le difficoltà piegano alcuni uomini ma ne rafforzano altri. Non esiste
ascia abbastanza affilata da tagliare l'anima di un peccatore che
coltivi la speranza di potersi redimere
(1975)

IL LEADER
I veri Leader devono essere pronti a sacrificare tutto per la libertà
dei loro popoli
(1998)

IL SENSO DELLA VITA
Ciò che conta non è il semplice fatto di aver vissuto, ma il cambiamento
che siamo stati in grado di imprimere alla vita degli altri
(2002)

LE AVVERSITA'
Ho scoperto che nella vita, dopo aver superato la collina, uno trova
solo altre colline da scalare.
(1994)

LA SAGGEZZA
Si raggiunge la maturità solo facendo tesoro sia delle esperienze
positive che di quelle meno piacevoli.
(1997)

IL POPOLO
Sono sempre più convinto che a fare la storia siano le persone comuni.
La loro partecipazione alle decisioni che riguardano il futuro è la sola
garanzia di democrazia e libertà.
(1990)

L'AUTORITA'
In tutta la vita non ho mai considerato alcun uomo come mio inferiore
né dentro né fuori dal carcere.
(1976)

L'EREDITA'
Sarebbe egoistico da parte mia dire come vorrei essere ricordato.
Lo decideranno i Sudafricani. A me basterebbe una lapide con la scritta "MANDELA"
(1997)
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

Dal libro di Salvatore Natoli
“STARE AL MONDO”
Escursioni nel tempo presente


[..]La globalizzazione ha messo in circolo danaro, risorse materiali e umane, ma
non ha distribuito uguaglianza , parità di diritti. Al contrario, l’accresciuta libertà
degli scambi, avvicinando uomini e civiltà ha fatto misurare più direttamente
l’enorme sproporzione nella distribuzione delle ricchezze, lo scarto che separa chi
ha potere da chi non lo ha, chi è collocato negli scalini alti della scala sociale da chi
è collocato in quelli bassi. [..]Per la verità la società non ha mai smesso di essere
piramidale; le procedure democratiche la piramide l’hanno ridotta, ma non
abbattuta. Certamente però, delegittimata. In nome della democrazia gli esclusi
hanno il coraggio di rivendicare i diritti, ma molti sono collocati troppo in basso
per ergersi, hanno poca voce per farsi ascoltare. E allora applaudono coloro che le
Torri le fanno saltare: un simbolo di potenza di cui non vi era pari e che crolla.
Questo però è uno dei motivi per cui taluni quelle Torri le vogliono di nuovo
velocemente in piedi e non tanto perché “la vita continua” ma per significare
che le gerarchie del potere stanno salde dove sono, non vengono mai intaccate.
Evidentemente sbagliano ambedue.
Per l’emancipazione non c’è altra via che “la pazienza democratica”. Non tutto il
bene subito, ma un lavoro assiduo per ridurre il male, soprattutto per evitare che
gli uomini nel ricercare ognuno per proprio conto il loro vantaggio si nuocciano
reciprocamente. Una fatica questa di lunga lena , assidua, che non ha fine e non
solo perché nel mondo non vi è nulla di definitivo, ma perché gli errori che facciamo
ci fanno rischiare ad ogni momento di arretrare, di perdere perfino quello che si è
guadagnato. Ai terroristi bisogna ricordare che il sangue degli innocenti grida
vendetta e non produce giustizia. La giustizia esige reciproca dedizione, il lavoro di
tutti a vantaggio di tutti. Non esiste un male assoluto da debellare: al contrario il
male più grande è quello di identificarsi con il bene incondizionato, di parlare in
nome di Dio. E’ un parlare delirante: Dio – si diceva prima che morisse – “fa impazzire
coloro che vuole dannare”. Viviamo in un mondo da sottoporre costantemente a
revisione. Ciò esige buona volontà, non presunzione ma perseveranza.[..]
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Re: SPIGOLANDO......

Messaggio da leggere da grazia »

Salvatore Natoli – Un’etica per l’ambiente



NATOLI: Mi chiamo Salvatore Natoli e insegno Filosofia teoretica alla II Università di Milano. Mi sono interessato di problemi di etica e ho scritto un dizionario Dei vizi e delle virtù. Il tema di oggi è Un’etica per l’ambiente. Allora prima di cominciare a ragionare e a discutere tra noi, vediamo la scheda di presentazione.

Il cielo stellato suggeriva a Kant l’ordine della natura, a cui, nella coscienza individuale, faceva riscontro la legge morale. Ancora per Kant si poteva pensare ad una corrispondenza tra cosmo e microcosmo. Oggi ci chiediamo, diversamente da Kant, se il cielo stellato possa diventare il soggetto di un’etica. Possiamo pensare all’ambiente come al tema di un’etica? L’etica è la scienza del bene e del male. Ma allora perché è eticamente un male distruggere l’ambiente ed eticamente un bene difenderlo? La questione non è ovvia, anche se è senza dubbio un bene difendere l’ambiente. Chiediamoci infatti se è l’ambiente in se stesso a rappresentare un valore che va dunque difeso, oppure se esso è un valore perché costituisce una risorsa vitale per gli uomini. Ad una simile questione si è giunti solo negli ultimi tempi, quando il problema ecologico si è reso manifesto in tutta la sua pressante evidenza. Per molti filosofi del passato era ovvia l’idea di un’assoluta corrispondenza tra etica e natura. L’etica di Spinosa parte dal principio che la natura è Dio e che Dio è natura. E Giordano Bruno, che anche lui, come Kant, di cieli stellati sapeva qualcosa, immaginava i suoi infiniti mondi come l’espressione di Dio. Secondo questi filosofi la natura dà la regola dell’etica, come dire etica e natura sono la stessa cosa. Per questi pensatori non esisteva nemmeno il problema di un’etica del rispetto della natura e non esisteva l’idea che la natura, piuttosto che rappresentare un valore in se stessa, fosse un valore solo in quanto utile alla vita dell’uomo. Nel mondo moderno invece l’unità di etica e natura si è scissa. Come si è determinata questa scissione? Dietro il problema di un’etica per l’ambiente non si riaffaccia il più antico quesito della filosofia: che cos’è la natura?

STUDENTESSA: Come si può definire la natura dopo la sua scissione dall’etica?

NATOLI: Ecco, intanto vediamo la sua connessione che nonostante tutto poi rimane. Se Voi pensate alla parola ethos, così come la impiega, per esempio, anche Aristotele, ethos significa etica, condotta, ma significa anche abitudine, cioè ha a che fare con l’abitare, con il modo di condursi degli uomini sulla terra. Allora, se noi intendiamo la natura come lo spazio di vita e di realizzazione dell’uomo, allora dobbiamo dire che l’uomo, per vivere bene deve essere coerente a questo ritmo della natura. Ma diciamo anche di più, che l’uomo egli stesso è il momento della natura e non signore della natura. Allora da questo punto di vista c’è una dimensione di euritmia, di conformità all’andatura della natura e l’uomo poi deve scoprire la sua natura per realizzarla in modo adeguato. Da questo punto di vista si vede la connessione originaria che c’è tra natura ed etica. Però, a fronte di questo problema, ce n’è un altro. Cioè è vero che l’uomo è nella natura come un momento interno alla natura e quindi deve essere conforme alla natura, ma è anche vero che è quell’entità naturale che con l’ambiente non è sempre in sintonia. Cioè l’uomo dall’ambiente è aggredito. La natura è violenta contro l’uomo, è violenta perché lo fa morire, è violenta perché costantemente lo aggredisce attraverso le intemperie. Quindi la natura, rispetto all’uomo, è nemica. Allora, rispetto a questa inimicizia, l’uomo deve armarsi. Quindi, se per un lato l’uomo è natura e quindi deve inerire ai suoi ritmi e pretenderne di uscirne è impossibile, dall’altro lato però è la natura che lo costringe a uscire da essa e a sceglierla come nemica. Esemplare in questa la doppia formula di Leopardi. Per un lato lui chiama la natura: “benignissima madre” e per l’altro la chiama: “natura matrigna”. Ecco la radice originaria della scissione.

STUDENTE: Ritiene che l’etica per l’ambiente nell’uomo sia innata, oppure che debba avere le proprie basi in una conoscenza e in un’educazione particolare?

NATOLI: Ma direi che l’etica dell’ambiente come problematica etica è abbastanza recente. Prima di rispondere, se ci vuole un’educazione o meno, bisogna fare questa inevitabile premessa. L’etica dell’ambiente è un’etica recente. Perché che cosa si intende per etica dell’ambiente? Si intende una responsabilità rispetto all’ambiente, perché la caratteristica dell’etica è fondamentalmente essere responsabili, proprio dalla parola originaria respondeo, io devo dar conto. Questo è l’etica: assumersi una responsabilità e rispondere ad altri. Quindi l’uomo deve prendersi la responsabilità dell’ambiente. Ora, quando si configura questa dimensione profonda dell’etica dell’ambiente? Solo nel momento o nel punto in cui davvero l’uomo può essere responsabile nei confronti dell’ambiente. E quando l’uomo diventa responsabile nei confronti dell’ambiente? Quando ha una potenza tale da poterlo determinare. L’uomo antico, per quanto operasse, per quanto fosse attivo, era pur sempre subalterno all’ambiente. E quindi la responsabilità che l’uomo aveva in quel contesto era quello di difendersi dall’ambiente, di manipolarlo, di adattarlo al suo spazio. Io ho scelto, tra gli oggetti, questo strumento, questo arnese di selce nell’uomo primitivo, che mostra come sin dall’origine l’uomo manipola la materia. E la manipola perché fondamentalmente è il più debole degli animali. Da quando l’uomo si porta in posizione eretta, dallo spazio può in ogni momento venire un pericolo. E l’uomo è nell’attesa dell’attacco. Quindi la natura è tutt’altro che tranquilla. Il Prometeo previdente è quello che organizza la vita degli uomini, dà loro il fuoco per difenderli dalla morte, dal freddo. Quindi l’atteggiamento originario dell’uomo è inevitabilmente un atteggiamento manipolativo. Se l’uomo non avesse fatto questo, sarebbe perito. C’è un bellissimo frammento di Anassagora, che dice che: “l’uomo è intelligente perché ha le mani”. Cioè, è attraverso la dimensione manipolativa che l’uomo è riuscito a vivere e quindi, a differenza degli animali che avevano la forza di resistere all’ambiente, l’uomo, per vivere, ha dovuto adeguare l’ambiente a se stesso. Ma poteva essere responsabile – responsabile di sé e della sua difesa – ma, per quanto operasse, la natura era sempre più forte di lui. Quando si pone il problema della responsabilità dell’uomo nei confronti della natura? Nel momento in cui l’uomo comincia ad essere più forte della natura. Allora, a questo punto, la situazione cambia. Ecco perché la questione ecologica o l’etica dell’ambiente è una questione che si formula in tempi abbastanza recenti. Praticamente, diciamo, che è una questione novecentesca.
Continua...
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Re: SPIGOLANDO......

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segue. ETICA PER L'AMBIENTE di Natoli

STUDENTESSA: L’ecologia si può definire discesa dall’etica e quanto è da essa staccata o coincidente?

NATOLI: Ma direi che l’ecologia, da questo punto di vista, ha a che fare in senso stretto con l’etica, nel senso della definizione iniziale che davo, nel senso che l’uomo è nel mondo, non può esistere separatamente dal mondo e quindi, per realizzare se stesso, deve conservare l’ambiente della sua realizzazione. Se distrugge l’ambiente della sua realizzazione, non realizza neanche se stesso. Ora, siccome il principio dell’etica fondamentale è il principio della realizzazione del bene, sia il bene soggettivo dell’uomo, sia il bene in generale, allora lo sviluppo etico suppone una armonia di sviluppo di tutti gli enti naturali e quindi della natura in generale. Allora, da questo punto di vista, diciamo che il discorso ecologico è un discorso che è in linea con quello che sin dall’origine è l’etica, dove, dicevo, che l’etica è il dimorare dell’uomo sulla terra, il dimorare che suppone un dimorare ricco, fecondo, la vita lunga. Allora per fare questo ci deve essere un ambiente che sia preservato, perché, se l’ambiente è malato, non solo muore l’ambiente, ma l’uomo stesso non si realizza. Da questo punto di vista l’ecologia rispetta ciò che sin dall’inizio è un bisogno dell’uomo. Usando una bellissima formula di Nietzsche: “Sta crescendo intorno a noi il deserto”. Ecco, se cresce il deserto, siamo noi i primi a morire. Ecco perché l’etica è vincolante. È vincolante non soltanto in termini di dovere, secondo una logica coercitiva. Ma qui il dovere non ha un carattere coercitivo. Ha un carattere naturale esso stesso, perché, se l’uomo va oltre, precipita. Ecco la inevitabile collocazione dell’ecologia nell’etica, con quelle varianti che dicevo prima, perché noi oggi siamo di fronte a sfide che l’uomo antico non aveva. E quindi la nostra responsabilità nei confronti della natura è ben diversa da quella che l’uomo poteva avere quando la natura vinceva su di lui.

STUDENTESSA: Spesso l’uomo si pone come dominatore della natura e ultimamente si è creato un rapporto abbastanza violento. Noi abbiamo scelto un oggetto – l’uccello impagliato – come espressione di questa visione antropocentrica, in cui l’uomo è al centro e molte volte rende la natura sua schiava. Lei crede che si sia imposta questa visione antropocentrica, o che ultimamente ci siano dei segnali di rottura di questo tipo di rapporto?

NATOLI: Cosa vuol dire dimensione antropocentrica? L’uomo è al centro della natura nel senso che a differenza di tutti gli altri animali, non è ripetitivo, ma è costruttivo. Gli animali in genere sono dotati di pelli. Quando nascono sono immediatamente idonei a stare nell’ambiente, dopo pochi giorni si muovono. Ci sono stati alcuni studiosi che hanno detto che la nascita dell’uomo corrisponde ad una sorta di parto prematuro, perché, prima di mettersi in moto, ha bisogno di un anno di vita e molto di più. Ecco, quindi l’uomo in fondo è il più debole tra gli animali. Allora, da questo punto di vista – l’ho già accennato prima – l’uomo si è conservato sulla terra perché sostanzialmente ha manipolato la natura. Ora, data questa premessa, voglio ricordare un bellissimo passaggio del libro della Genesi, quando l’uomo è posto al centro della creazione, secondo il modello ebraico. Tant’è vero che Adamo dà il nome agli animali. Ma c’è una bellissima frase del libro della Genesi, in cui l’uomo è posto come signore della creazione perché – ecco la parola importante – la “custodisca”. Allora l’uomo ha tutto il diritto di intervenire nella creazione nel momento in cui può migliorare la sua condizione. Ma, quando il gesto diventa arbitrario, diciamo diseconomico, cioè il piacere del distruggere per distruggere e non la necessità di distruggere per vivere, allora si passa da una condizione di necessità e di opportunità, a una condizione di colpa. Allora c’è questo confine: da una parte l’uomo è in una dimensione di difesa, non aggressiva, o aggredisce per mantenersi in vita – e quindi è una signoria legittima – dall’altra, invece, c’è il capriccio, l’arbitrio. Direi che questo è l’elemento discriminante, cioè il sentirsi signore assoluto, senza custodire e invece, custodire la natura e asservirla per quel tanto che permette meglio la realizzazione di sé come comunità.

STUDENTESSA: Partendo sempre dall’animale imbalsamato, oggi, nell’immaginario collettivo, questa non è una figura positiva, mentre lo è un animale vivo, un animale libero. Questo si può ritenere come il risultato di un nuovo rapporto etico con la natura?

NATOLI: Ecco direi che quello che Voi avete scelto è sintomatico ed emblematico di questo passaggio cui facevo cenno. Cioè quando gli animali si imbalsamavano, l’uomo lo faceva all’interno di una cultura in cui l’imbalsamare era il segno di avere conquistato un trofeo. Il trofeo come si conquista. Si conquista in una lotta, la lotta è sempre una lotta per la vita, dove l’uomo è aggressore – torno al punto di prima – e anche aggredito. E le cose sono ben più tragiche se noi guardiamo alla storia dell’umanità, perché non solo si imbalsamavano gli animali, ma le teste d’uomo venivano portate come trofeo. Vedi, l’uomo contro se stesso. Allora qual’era il contesto di queste celebrazioni di trionfo? Il contesto di un uomo, il quale doveva combattere con l’ambiente per vivere. Questo è quello che voi dovete tenere ben presente. La nostra situazione oggi è cambiata. E quando è cambiata? Lo accennavo, ma ritorno sull’idea, perché l’ecologia e l’etica dell’ambiente si pone in questo punto, quando l’uomo è riuscito a penetrare nella natura e quindi, lungi dal sopportare il pericolo della natura, immette pericolo nella natura. E l’altro oggetto che ho scelto per questo nostro tipo di ragionamento, è il modello d’atomo. Capite bene qual è la differenza fondamentale? Cioè, con lo strumento di selce l’uomo aveva una struttura elementare per difendersi. Era un aggredire per difendersi. La natura era più forte di lui, lo avrebbe potuto distruggere in ogni momento. Era il suo spazio. Per quanto l’uomo intervenisse, vinceva sempre la natura. Lì si è entrati invece nel cuore della natura, si è carpito il suo segreto, la si lavora da dentro. L’uomo oggi ha la possibilità di intervenire dentro la natura e smembrarla, usare le sue leggi per modificarla. Allora, a questo punto, la natura è stata violata dall’uomo e quindi, la decisione dell’uomo a partire da questo punto – ed è la grande questione della tecnica – immette pericolo. Allora, se ci fu un tempo, quello dei trofei, in cui l’uomo poteva gloriarsi di essersi salvato da un pericolo – e quello era il segno di una vittoria – oggi l’uomo ha una responsabilità del tutto nuova, perché, avendo violato la natura e avendo carpito il suo segreto, con le sue decisioni immette nella natura pericolo. E qui enuncio una cosa su cui si può anche discutere più avanti: è cambiata la coppia rischio-sicurezza. Un sociologo contemporaneo, morto da poco, Niklas Luhmann diceva che c’è stato un tempo in cui la coppia era rischio-sicurezza. Allora il rischio stava dalla parte del pericolo, tant’è vero che nel modo comune si dice: “A tuo rischio e pericolo”. Allora c’era il rischio e c’era la sicurezza. Oggi invece la sicurezza si formula in un altro modo. Non più rischio-sicurezza, ma rischio, pericolo, dove il rischio sta dalla parte della sicurezza, perché l’uomo oggi, se non rischia, non si muove, e il pericolo invece sta dalla parte del non rischiare, perché probabilmente non rischiando si perdono delle opportunità. La decisione dell’uomo, da questo punto di vista, oggi, può essere catastrofica. Vediamo questo servizio per mostrare come la decisione dell’uomo può produrre terribili, apocalittiche contro finalità.

Il 9 ottobre del ’63, dal monte Toc, qui, sul fianco sinistro della Valle del Vajònt, si stacca una frana di 260 milioni di metri cubi di roccia. Piomba nel lago, dietro la Diga del Vajònt e solleva un’onda di 5O milioni di metri cubi d’acqua, che solo per metà passa dall’altra parte della diga, ma è più che sufficiente a spazzare via, dalla faccia della terra, cinque paesi. Duemila i morti. La storia della Diga del Vajònt, iniziata sette anni prima, si conclude in quattro minuti di apocalisse, con l’olocausto di duemila vittime.

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STUDENTE: Ecco, sulla base di questo contributo, volevo sapere da chi e da che cosa dipende l’istituzione di un limite all’utilizzo della natura da parte dell’uomo?

NATOLI: Ecco, intanto partiamo dal contributo che abbiamo visto, perché ci illumina molto su quello che vuol dire quando è l’uomo ad introdurre nella natura fattori di rischio. E questo è visibilissimo. Cioè noi abbiamo uno spettacolo apocalittico, un evento da fine del mondo, con una concentrazione di violenza, nello spazio e nel tempo: quattro minuti, duemila morti. Forse la natura con gli uragani più tremendi riesce ad eguagliare questo. Quindi una concentrazione violentissima di disastro, in un tempo breve, con una mortalità, una distruzione di uomini, di ambienti e di spazi. Questo è stato introdotto da una decisione dell’uomo. Quindi l’uomo è diventato fattore di rischio. Vediamo l’altro aspetto del problema. Una diga funzionante attraverso la quale si produce energia e, se è diga d’acqua, anche un’energia pulita; quanto servizio dà? Un servizio pari alla stessa potenza distruttiva: ospedali, macchine, riscaldamenti, agiatezza dell’uomo sulla terra. Ecco, nel momento in cui l’uomo con la tua decisione cambia la natura, la cambia dal punto di vista della migliorabilità delle sue condizioni di vita. Quindi il manufatto non guardiamolo dal punto di vista del suo effetto disastroso, ma guardiamolo dal punto di vista del suo effetto funzionante. Ecco allora la formula, la coppia su cui bisogna riflettere oggi. La prima era pericolo- sicurezza: l’uomo cerca la sicurezza, vuole allontanare il pericolo. Come lo fa? Attraverso la tecnica, attraverso la trasformazione della natura. Ma oggi è arrivato a un punto in cui le sue decisioni sono tali da produrre controfinalità, effetti contro la natura, ma quella stessa potenza che può manifestarsi disastrosa, può dargli un benessere illimitato. Allora, da questo punto di vista, il rischio non coincide più col pericolo. Ma il rischio bisogna anche correrlo, perché i vantaggi ordinari e le opportunità sono elevatissime. Detto questo, allora c’è un punto inarretrabile: noi oggi siamo in una condizione storica, in cui se non interveniamo sull’ambiente non possiamo più vivere. Lo standard della nostra vita esige che l’ambiente sia utilizzato. Qual è il confine? Ecco un punto decisivo: il confine non trova un limite nella natura, ma trova un limite in sé. In che senso la scienza trova un limite in sé? Perché, per definire quello che si può fare e quello che non si può fare, è necessaria la scienza. La natura non ce lo dice. La natura è lì. E quindi ecco la responsabilità forte dell’uomo, che certe cose inevitabilmente le deve fare, ma deve essere lui a decidere quello che non può fare. Un esempio prima di andare avanti nella nostra discussione: l’inquinamento delle città. Prodotto da che cosa? Dalla tecnica. Ma chi accerta se oltre una certa soglia c’è inquinamento? Non lo fa la scienza medesima? In base a che cosa noi diciamo che oltre non si può andare? Ce lo dice la natura? Ce lo dice la scienza, perché soltanto attraverso la scienza che indaga le contro finalità della natura, noi sappiamo che non possiamo andare avanti. E quindi, per dare una risposta, un indirizzo di risposta alla Tua domanda, devo dire che soltanto la scienza può limitare se stessa, perché la natura è uno spazio ormai definitivo dell’azione dell’uomo. Il rispetto? Il rispetto l’uomo lo deve decidere e comprendere in base a quello che della natura sa. Ecco il tasso alto di responsabilità. Se così non fosse, non saremmo neanche responsabili.

STUDENTESSA: Vorrei sapere le definizioni precise di tecnologia e di progresso e che connessioni e conseguenze hanno, questi due fenomeni, con un’etica per l’ambiente.

NATOLI: Ecco , tecnologia e progresso non coincidono, anche se stanno insieme. Direi che il miglioramento della condizione dell’uomo nel mondo non sarebbe stato possibile mai se l’uomo non avesse manipolato il mondo. Torno alla bellissima immagine di Anassagora: l’uomo non sarebbe intelligente se non avesse le mani. E quindi l’uomo ha ridotto il pericolo che gli veniva dalla natura e quindi ha creato uno spazio per sé. Gli antropologi parlano della grande rivoluzione del neolitico quando l’uomo addomestica gli animali, comincia a coltivare la terra – il grande gelo si è ritirato, quindi si sono liberati spazi – la grande rivoluzione dell’uomo tecnologico, l’uomo prende dimora sulla terra, esce dalle caverne, costruisce case, migliora le sue condizioni, rompe i ritmi della natura. Perché può conservare le sementi, non le consuma immediatamente. L’uomo potrebbe essere quello che è se non avesse sviluppato la tecnica? Ecco, allora questo è un discorso preliminare. L’uomo è cresciuto, ha creato spazio per sé nel mondo, ma questo non vuol dire che ha distrutto il mondo, perché ha liberato delle possibilità della natura. Per molti versi l’ha migliorata, perché la coltivazione, questi grandi spazi che noi vediamo di natura lavorata, non sono spazi negativi. Quindi, da questo punto di vista, la tecnologia è stata un mezzo attraverso cui l’uomo ha realizzato se stesso, senza con ciò dovere inevitabilmente violare la natura, anzi migliorandola, liberando in essa delle risorse e orientandola. Ma la tecnica di per sé dà progresso? No, perché tutto ciò che l’uomo fa è ambiguo. L’arma può essere prodotta per difendersi, per tagliare la carne e per uccidere. Allora, fondamentalmente qual’è la direzione, la misura in base a cui si può concepire un’idea di progresso della tecnica? Che l’uomo non pretenda, attraverso la tecnica, di cancellare il suo limite naturale, cioè non pretenda di potere fare tutto. E quindi bisogna combinare insieme trasformazione e custodia. Il segno: se si va troppo avanti la natura si ribella e viene contro di noi.

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STUDENTE: A Suo avviso è eticamente corretto impedire ai paesi del Terzo Mondo che si sono affrancati dal colonialismo solo in questi ultimi anni, di sfruttare liberamente le loro risorse, quelle risorse che hanno permesso lo sviluppo dell’Occidente avanzato?

NATOLI: Qui Lei dice una cosa di grande rilevanza rispetto proprio a quanto si diceva prima. Questi popoli hanno diritto a valorizzare le loro risorse. Anzi, prima lo fanno, meglio è. Prima non lo hanno potuto fare perché avevano la terra piena di ricchezze, ma non avevano la possibilità di conoscere e di utilizzare. E quindi sono stati occupati dagli altri, anche perché loro non erano nelle condizioni di conoscenza. Ecco la tecnica, la scienza che definisce essa i limiti. Questi avevano una conoscenza molto bassa, quindi non potevano trasformare le loro stesse risorse. Adesso in una idea di globalizzazione, pensiamo – è giusto, ma il discorso sarebbe più politico – che questi popoli siano nelle condizioni di valorizzare al meglio loro stessi, essere padroni dei beni naturali della terra su cui vivono. Ma, accanto a questo, c’è questo diritto di essere padroni e di migliorare le loro condizioni, in una relazione con tutto l’ambiente, con l’ambiente mondo, perché ormai il discorso bisogna farlo in termini di globalizzazione. Una volta accertata questa legittimità c’è un altro tipo di problema importante da sollevare: noi possiamo estendere a tutto il mondo, senza distruggerlo, lo standard di vita dell’Occidente? Questo è il problema vero. Ecco perché la questione ecologica è una questione novecentesca, perché se noi estendiamo a tutto il mondo il nostro standard di vita, date queste condizioni, rischiamo di distruggere il mondo. Immaginate una motorizzazione, una industrializzazione del nostro tipo in Cina, in America Latina. Il mondo scoppierebbe, non lo sopporterebbe. Ecco, dicevo: la natura sviluppa contro finalità. Non possiamo tutto. E allora, a questo punto, è necessario che l’uomo relativizzi i suoi bisogni e sviluppi una selezione tra ciò che è necessario e ciò che non è necessario, tra l’uso dei beni, tra la stessa concezione del lusso. Perché noi abbiamo un’idea di lusso nel senso di avere tante cose. La produzione, la tecnologia ci invita a consumare. Ma quanto lusso c’è senza costo? Leggere un libro, capirlo e goderne non è forse meglio di andarsi a fare un giro in Ferrari? È proprio vero che la Ferrari è meglio o è una follia dell’Occidente? O non è più bello sentire Beethoven o Leopardi? Non è questo il vero lusso? Ecco, cambiare i parametri di riferimento e scoprire nella natura bellezze e possibilità di gioia che non passano attraverso una manipolazione violenta. Questa è una possibilità etica completamente diversa.

STUDENTE: Prendendo spunto dal primo filmato, l’ambiente deve essere difeso perché rappresenta un valore o perché è utile per noi, per un domani, proteggerlo?

NATOLI: Tutte e due le cose insieme, noi scopriamo che è un valore, cioè scopriamo che se distruggiamo l’ambiente annulliamo la nostra stessa possibilità di esistere. Non bisogna mai separare il dovere dall’efficacia, perché noi abbiamo una concezione del dovere astratta, formalistica se si vuole. Tendiamo a separare sempre il dovere dalla felicità e dimentichiamo che il dovere è una strategia di realizzazione, non è un obbligo. Allora la natura deve essere preservata non perché noi siamo obbligati nei confronti di essa, ma perché senza di essa noi non viviamo. Quindi noi dobbiamo connettere sempre di più etica a bellezza e non dovere a sacrificio. È una cattiva pedagogia. Il dovere non è di per sé sacrificio. Il dovere è economico, perché realizza bellezza. La bellezza e l’etica stanno insieme. L’etica ha un carattere estetico. Siamo noi diventati brutti, che fraintendiamo e pensiamo a un etica sempre in termini di sacrificio e di rinuncia, senza guardare invece gli effetti di riuscita e la grandezza dei risultati che si ha. L’etica è una strategia di riuscita, non è un obbligo coercitivo.

STUDENTE: Faccio un esempio: la costruzione di una fabbrica inevitabilmente porta alla distruzione, o, quanto meno, all’alterazione dell’ambiente naturale, però contemporaneamente può portare benessere e lavoro per l’uomo. Lei moralmente cosa difenderebbe di più: la costruzione di una fabbrica oppure la salvaguardia dell’ambiente?

NATOLI: I dilemmi non possono essere mai posti in modo così secco, se non in astratto, perché la realtà è sempre molto più complessa, è sempre più data di variabili. Quando noi dobbiamo affrontare un problema, normalmente sono più importanti le variabili che la posizione formale del dilemma. Perché diciamo che la posizione formale di un dilemma è un esercizio di discussione? Perché quando arriviamo alla realtà questa ha sempre dei tassi elevati di complessità. Ma, per venire incontro alla domanda, si fa sempre, in queste scelte, un ragionamento di costo-beneficio. In ogni trasformazione c’è sempre un costo. Ogni trasformazione presuppone distruzione. Questo lo fa la natura stessa. Nella generazione-corruzione fa questo. C’è qualcosa che esce fuori e qualcosa che emerge. Quindi non dobbiamo avere una concezione statica. Nella trasformazione c’è sempre una percentuale di perdita. Nulla può essere conservato per intero. Quello che è importante è che l’intero deve essere invece visto in ordine alla sua armonia. In ordine alla sua armonia ci sono dei costi da pagare. Allora è chiaro che se una fabbrica distrugge l’ambiente senza dare nessun risultato, avendo effetti devastanti, allora è chiaro che è assurdo farla. Allora qui il problema diventa una analisi delle compatibilità. E qui vengono fuori i ragionamenti concreti. Ecco io qui non posso parlare – ma sarebbe meglio farlo – di cose determinate, perché il ragionamento è sull’atteggiamento etico in generale, ma poi esistono dei problemi particolari: il buco dell’ozono, l’inaridimento della terra, le acque potabili, le foreste tagliate. Allora, di volta in volta, si tratta di definire i limiti e le opportunità e le contro finalità che si possono generare. Una sola cosa è inevitabile: è impossibile pensare di vivere nel mondo lasciandolo così com’è. Se si pensa all’ecologia come intangibilità si fa un discorso inconsistente. Anzi si permette poi l’arbitrio. Invece il discorso è che la scienza limita se stessa, interrogandosi sui possibili effetti, secondari, negativi, e quindi correndo un rischio, perché c’è sempre una componente di rischio che bisogna correre, come sempre, nella vita.

STUDENTESSA: Non Le sembra che però nell’ecologia stia prevalendo più il fine dell’utile rispetto a quello etico, proprio perché l’uomo si considera qualcosa di esterno alla natura e quindi la vede come qualcosa di necessario all’esistenza, ma da sfruttare fino al limite? E questo è molto negativo, perché piano piano si sta affermando come valore quello dell’utile e si sta perdendo completamente di vista quello della natura in sé.

NATOLI: Certo, però io non sarei così pessimista, perché noi siamo qui proprio perché ci accorgiamo che un uso indiscriminato della natura, oggi, è fonte di pericolo. Il contributo che abbiamo visto sul Vajònt ci dimostra che ormai l’uomo non può ritenersi signore incondizionato. C’è stato un momento in cui si è creduto che con la tecnica si potesse fare tutto. Cioè dire che la natura ha forse una riserva illimitata da cui l’uomo poteva prelevare come e quando voleva. Questa è stata la fase intermedia. C’è stata una fase in cui l’uomo era soccombente nei confronti della natura. Per quanto fosse attivo, la natura vinceva. Poi l’uomo ha iniziato a vincere e allora ha ritenuto di poterla asservire senza legge. Però appare il deserto, appare l’avvelenamento. Cioè questo non è possibile. La natura non è uno spazio illimitato per l’uomo. Allora l’uomo deve sempre, nella sua operazione di trasformazione della natura, confrontarsi con il suo limite. Ecco perché io vado spesso parlando di “etica della finitezza”. E la scoperta scientifica non è detto che, di per sé, ci inviti ad essere onnipotenti. Molto spesso insegna ad essere limitati. Per capirci: pensate, per esempio, alla dietetica, quanto la scienza ci dice che non dobbiamo essere persone, sin dall’infanzia, che si abboffano. Perché? Perché, in una cultura della fame, mangiare tanto, era una necessità. Nei poveri, spesse volte, rimane questo desiderio arcaico di soddisfare la fame, anche quando non è più necessario. Allora esistono dei meccanismi. L’uomo nella ascesa dal pericolo credeva di poter far tutto. Gli rimane questo vizio, ma oggi si accorge che se pretende di fare tutto sviluppa contro finalità.

STUDENTE: Noi abbiamo scelto un film per rappresentare questo legame tra etica e ambiente. Il film è Il pianeta delle scimmie, che, in breve, racconta di questi astronauti, che, dopo aver viaggiato alla velocità della luce, sono atterrati con la loro astronave su un pianeta. Questo pianeta è dominato da una forma di vita che si identifica con le scimmie. E alla fine si scoprirà tragicamente che questo pianeta è la terra, che sulla terra è avvenuta l’estinzione dell’uomo. Si sono quindi ribaltati gli ordini gerarchici dell’ecosistema, e, a capo del sistema sono subentrate le scimmie. Ecco, questo film propone un interessante quesito: è giusto che il sistema etico imponga l’uomo al vertice della scala gerarchica quando poi questo spesso non amministra bene l’ambiente che lo circonda?

NATOLI: Partendo dall’esempio del film, le scimmie sopravvivono all’uomo perché in un certo qual modo sono più conformi alla natura. E l’uomo, nella sua pretesa di dominio incondizionato, ha distrutto la sua possibilità di vita. Quindi di fatto vive chi alla natura è fedele. Chi invece la vuole completamente asservire a se stesso è condannato alla distruzione, che era poi, in fondo, il grande concetto della Bibbia, della legge che salva, di darsi una misura. Il deserto fiorisce se si è all’altezza della legge, ma tutto torna ad essere deserto se non si è capaci di dare una norma a se stessi.
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