SPIGOLANDO......

Tutto quello che non riguarda la politica.
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grazia
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Re: SPIGOLANDO......

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Come misurare le parole...



Nell’antica Grecia, Socrate era stimato avere una somma conoscenza.

Un giorno, un conoscente incontrò il grande filosofo e disse:

“Socrate, sapete che ho appena sentito qualcosa sul vostro migliore amico?”

“Un attimo,” rispose Socrate. “Prima di dirmi qualcosa, vorrei che rispondeste a tre domande.

"Domande?"

“Proprio così,” continuò Socrate. “Prima che mi parliate del mio amico, sarebbe una buona idea prendersi un momento e valutare quello che state per dire. Primo quesito è la Verità. Vi siete assolutamente assicurato che quello che state per dirmi è vero?”

“No,” disse l’uomo “in effetti ho appena sentito questa cosa…”

“Va bene,” disse Socrate. “Così voi non sapete veramente se è vero o no. Ora proviamo il secondo quesito la Bontà. Quello che sta per dirmi sul mio amico è qualcosa di buono?”

“No, al contrario…”

“Così,” continuò Socrate “volete dirmi qualcosa di cattivo su di lui, ma non siete certo che sia vero. Potete ancora essere in grado di passare il test comunque, perché c’è un ultimo quesito rimasto: dell’Utilità. Quello che state per dirmi del mio amico mi sarà utile?”

“No, veramente no.”

“Bene,” concluse Socrate, “se quello che volete dirmi non è né vero, né buono e nemmeno utile, perché dirmelo allora?”
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grazia
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l'angolino del sorriso


COME VA?

Si tratta di immaginare come vari personaggi, animali e cose risponderebbero alla domanda: Come va?



Alcuni personaggi rispondono:



Il santo: Ho un cerchio alla testa.

La fata: Ho il colpo della strega.

Dracula: Mi sento proprio in vena.

L’orologiaio: Non vedo l’ora.

L’inquilino sfrattato: Che disdetta!

Il calvo: Ho un diavolo per capello.

Il matematico: Ho problemi di calcoli.

Il pilota: Ho la testa fra le nuvole.

L'astronauta: Ho la luna di traverso.

Il paracadutista: Non ci casco più.

Il giardiniere: Sono rimasto al verde.

Il miliardario: Mi esprimerò in parole povere ...

Il medico, dopo aver visitato un paziente: Non tutti i mali vengono per nuocere.



Gli oggetti rispondono:

Il rubinetto vecchio: Siamo agli sgoccioli.

Il brufolo: Scusate lo sfogo.
Il fiammifero: Io ne ho piene le scatole!

Il fucile: Che mi venga un colpo!
La candela: C'era una volta....
Il limone: Il tempo stringe.
Il dizionario: Sono senza parole.
La cassaforte: Che combinazione!

Il dado di carne: Tutto fa brodo.



Gli animali rispondono:

Il bruco: Mi sento un verme.

Il cane: Ho una bella gatta da pelare.

Il serpente: Non sto più nella pelle.

Il drago: Ho la gola in fiamme.
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Re: SPIGOLANDO......

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l'angolino del sorriso


Diversi uomini ignudi chiacchierano piacevolmente in una sauna, quando all’improvviso un telefonino si mette a suonare… –
Pronto, caro, sono davanti ad un negozio di pellicce, hanno un visone magnifico, a un prezzo incredibile… Che dici, lo compro?
– OK… comprati il tuo visone. –
Oh, grazie amore mio. Ah, sai, passando davanti al concessionario Mercedes ho visto l’ultimo coupe’: interni in pelle, vernice metallizzata… solo 170.000 €. Non voglio abusare della tua gentilezza, ma cosa ne pensi?
– Va bene, OK, OK, comprala! –
Grazie amore mio. A proposito, ti ricordi il nostro ultimo viaggio in costa azzurra? Ricordi la casa sul promontorio, quella con piscina e campo da tennis? E’ in vendita a soli 700 milioni… e’ un vero affare…
– Va bene, compra anche la casa… –
Amore mio…e’ il piu’ bel giorno della mia vita! Tu sei meraviglioso, ti amo! A stasera.
– A stasera, cara.
L’uomo riattacca, sorride soddisfatto, poi alza la mano e, sventolando il telefonino, grida:

– DI CHI E’ QUESTO CELLULARE???
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Re: SPIGOLANDO......

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POSSO PORTARE IL MIO CANE?

Kark Albrecht


Un signore scrisse una lettera a un piccolo albergo in una cittadina che prevedeva di visitare durante le vacanze. Scrisse: Mi piacerebbe portare con me il mio cane. E’ pulito e ben educato. Mi consentireste di tenerlo nella mia camera durante la notte?


Immediata giunse la risposta del titolare dell’albergo che disse: Gestisco questo albergo da molti anni. In tutto questo tempo non ho mai visto nessun cane rubare asciugamani, coperte o argenteria o quadri appesi alla parete. Non ho mai dovuto cacciar via un cane in piena notte per ubriachezza molesta. E non ho mai visto un cane andarsene senza pagare.

Si’, effettivamente il Suo cane e’ il benvenuto, nel mio albergo. E se il Suo cane garantisce per Lei, anche Lei sara’ il benvenuto.
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Re: SPIGOLANDO......

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Non incolpare nessuno,

non lamentarti mai di nessuno,
di niente,
perché in fondo tu
hai fatto quello che volevi nella vita.
Accetta la difficoltà di costruire te stesso
ed il valore di cominciare a correggerti.
Il trionfo del vero uomo
proviene delle ceneri del suo errore.
Non lamentarti mai della tua solitudine
o della tua sorte, affrontala
con valore e accettala.
In un modo o in un altro è il risultato
delle tue azioni e la prova
che tu sempre devi vincere.
Non amareggiarti del tuo fallimento
né attribuirlo agli altri.
Accettati adesso o
continuerai a giustificarti come un bimbo.
Ricordati che qualsiasi momento
è buono per cominciare e che nessuno é
così terribile per cedere.
Non dimenticare che la causa del tuo presente
é il tuo passato,
come la causa del tuo futuro sarà il tuo presente.
I tuoi problemi, senza alimentarli, moriranno.
Impara a nascere dal dolore e ad essere piú grande,
che è il più grande degli ostacoli.
Guarda te stesso allo specchio
e sarai libero e forte e finirai di essere
una marionetta delle circostanze,
perché tu stesso sei il tuo destino.
Alzati e guarda il sole nelle mattine
e respira la luce dell’alba.
Tu sei la parte della forza della tua vita.
Adesso svegliati,
combatti, cammina, deciditi e
trionferai nella vita;
Non pensare mai al destino,
perché il destino è il pretesto dei falliti.


Pablo Neruda – Non incolpare nessuno
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Re: SPIGOLANDO......

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Riflessioni

NESSUN UOMO E' UN'ISOLA

di John Donne



Nessun uomo è un’isola,
completo in sé stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.



Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l’Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.


La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell’umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
essa suona per te.

§§§§§§§§§


Nessun uomo , diceva John Donne nel lontano
1600, può considerarsi indipendente dal resto
dell'umanità, e questo concetto lo aveva ben
capito Ernest Hemingway quando prese a prestito
una parte dei versi di Donne per intitolare il suo
famoso romanzo "Per chi suona la Campana"
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Re: SPIGOLANDO......

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l'angolino del sorriso


Cani al cinema


Un uomo in un cinema sta guardando un film.
A un certo punto nota un cane insieme al suo padrone
guardare interessatissimo il film.
Allora, incuriosito, chiede al padrone:
"Ma davvero il suo cane sta guardando il film?"
"Eh sì!", risponde il padrone,
"E pensare che il libro non gli era piaciuto!"
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Re: SPIGOLANDO......

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Lo sfaticato

(favola tibetana)

Non vuoi andare a lavorare e tua moglie ti butta fuori di casa? Aspetta a disperare: chissà cosa può succedere una volta varcata la soglia di casa...

SfaticatoC'era una volta una coppia che viveva tranquilla in una casa. Bhé, forse non era così tranquilla... La moglie, nell'ultimo periodo, era diventata scontrosa e arrabbiata. Il motivo? Suo marito non lavorava. E non nel senso che non trovava lavoro. Di lavoro ce n'era finché voleva. Semplicemente gli piaceva poltrire. Anzi, in paese si diceva che in vita sua quell'uomo non avesse mai lavorato nemmeno un giorno.
- Muoviti! Fai qualcosa! - lo incalzava la moglie.
- Stai zitta! Lasciami stare sulla mia poltrona! Non faccio del male a nessuno. E poi dove vuoi che vada? Non lo vedi che è sera? Lo sai che io ho paura delle stelle!
- Cosa? - fece incredula la donna - Adesso viene fuori che hai paura delle stelle! Ma fammi il piacere, va'...
- E' vero, che ti credi...
Stupita, la donna smise di ribattere e, fra sé e sé, inziò a pensare a come sfruttare la paura del marito per cacciarlo di casa.
La sera successiva gli chiese di uscire a prendere il pane che era rimasto in giardino.
- Sei pazza? Le stelle mi divorerebbero! Giammai! Vacci tu!
- No. Stasera non voglio sentire storie. Ci andrai tu. Devi fare solo quattro metri oltre lo zerbino. Credo che lo possa fare anche uno sfaticato come te!
Per troncare le lamentele della moglie, l'uomo alla fine acconsentì. Ma appena fu sull'uscio, ricevette un calcio nel ******, volò in mezzo al buio del cortile, e la moglie gli richiuse la porta alle spalle, girando la chiave ben quattro volte.
- Ce l'ho fatta - si mise a urlare al di là della serraura - Ti ho sbattuto fuori! Adesso vattene e non farti più vedere!
- Disgraziata! - rispose il marito - Ecco cosa si ottiene a prendere una moglie. Uno si aspetta di essere amato e rispettato e invece guarda come va a finire. Allora me ne andrò, ma se le stelle mi mangeranno mi avrai sempre sulla coscienza!
Incamminatosi con fare circospetto, l'uomo continuava a guardare le stelle. Erano grandi, sembravano minacciarlo. Giunse infine nella terra dei giganti, cui fece pena. Riuniti in assemblea, i giganti decisero di prenderlo a lavorare alle loro dipendenze. L'uomo, privo di un tetto, fu costretto ad accettare.
Per i giganti fu un vero disastro. L'uomo lavorava male, era pigro e svogliato. Si addormentava sul posto di lavoro. Arrivava tardi agli appuntamenti. Il disagio crebbe, fino a che, un bel giorno, i giganti raccolsero una bella somma di denaro, la diedero in mano all'uomo e gli dissero:
- Ecco! questi sono i soldi per i lavori che non hai fatto. Pensa quanto sei fortunato! Ma adesso vattene! Ci sbrigheremo da soli le nostre faccende!
- Come volete! Sfondate una porta aperta! Arrivederci!
- No no. Altro che arrivederci: a mai più! - lo corressero in coro i giganti.
L'uomo rincasò con la borsa piena di soldi. Bussò. La moglie, appena lo vide, scappò in casa.
- Tesoro, guarda: sono tornato! Sono pieno di soldi!
- Eh?
- Ho lavorato! Li ho guadagnati!
- Tsé, è tutto merito mio. Se non ti cacciavo di casa, adesso saresti ancora con un pugno di mosche in mano.
- Infatti sono tornato per renderti partecipe di questa ricchezza. Ora nessuno di noi due dovrà più lavorare!Allora la moglie aprì la porta e lo abbracciò. E i due vissero felici e contenti.
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Re: SPIGOLANDO......

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La "conoscenza" e l’"opinione"



La verità secondo Platone è l'autentica conoscenza, la quale si può raggiungere solo nella visione dei puri concetti; l'opinione, per contro, è quella conoscenza fallace che deriva dalla comprensione dei soli fenomeni sensibili, i quali sono evidentemente contraddittori. Vi è infatti una netta differenza tra un uomo che ama le cose belle (l'opinione) e un uomo che ama invece la bellezza in sé (la verità). Il primo non può che avere un opinione della bellezza riferita ad una determinata contingenza dei sensi, per cui la bellezza rimane un'esperienza soggettiva legata al gusto personale di chi la considera, il secondo raggiunge la vera conoscenza del bello in quanto ne considera il concetto puro e universale, valido in ogni occasione.

Sul concetto di verità e opinione è bene riportare uno dei miti più celebri di Platone, il mito della caverna (il mito era in Platone un racconto metaforico e simbolico avente come scopo la semplificazione dei concetti da esprimere).


Il mito della caverna


Platone (per bocca di Socrate) immagina gli uomini chiusi in una caverna, gambe e collo incatenati, impossibilitati a volgere lo sguardo indietro, dove arde un fuoco. Tra la luce del fuoco e gli uomini incatenati vi è una strada rialzata e un muricciolo, sopra la strada alcuni uomini parlano, portano oggetti, si affaccendano nella vita di tutti i giorni. Gli uomini incatenati non possono conoscere la vera esistenza degli uomini sulla strada poiché ne percepiscono solo l'ombra proiettata dal fuoco sulla parete di fronte e l'eco delle voci, che scambiano per la realtà. Se un uomo incatenato potesse finalmente liberarsi dalle catene potrebbe volgere lo sguardo e vedere finalmente il fuoco, venendo così a conoscenza dell'esistenza degli uomini sopra il muricciolo di cui prima intendeva solo le ombre. In un primo momento, l'uomo liberato, verrebbe abbagliato dalla luce, la visione delle cose sotto la luce lo spiazzerebbe in forza dell'abitudine alle ombre maturata durante gli anni, ma avrebbe comunque il dovere di mettere al corrente i compagni incatenati. I compagni, in un primo momento, riderebbero di lui, ma l'uomo liberato non può ormai tornare indietro e concepire il mondo come prima, limitandosi alla sola comprensione delle ombre

Nel mito della caverna la luce del fuoco rappresenta la conoscenza, gli uomini sul muricciolo le cose come realmente sono (la verità), mentre la loro ombra rappresenta l'interpretazione sensibile delle cose stesse (l'opinione). Gli uomini incatenati rappresentano la condizione naturale di ogni individuo, condannato a percepire l'ombra sensibile (l'opinione) dei concetti universali (la verità), ma Platone insegna come l'amore per la conoscenza possa portare l'uomo a liberarsi delle gabbie incerte dell'esperienza comune e raggiungere una comprensione reale e autentica del mondo

Da Dizionario filosofico

§§§§§§§§§

Semplificando il mito della caverna. L'essenza è il sole ovvero la conoscenza, il non essere
sono le ombre ovvero l'apparenza, in mezzo tra il sole e le ombre c'è l'opinione quello che pensiamo.
La conoscenza differisce dall'opinione in quanto la prima vede le cose come effettivamente sono
mentre la seconda le immagina in forma sbiadita e confusa ovvero tra l'essere e il non essere
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Re: SPIGOLANDO......

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Il tuo sorriso

di Pablo Neruda


Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l' aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.

Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l' acqua che d' improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d' argento che ti nasce.

Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d' aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.

Amor mio, nell' ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d' improvviso
vedi che il mio sange macchina
le pietre della strada,
ridi, perchè il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.

Vicino al mare, d' autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.

Ridi della notte,
del giorno, delle strade
contorte dell' isola,
ridi di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l' aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perchè io ne morirei
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Re: SPIGOLANDO......

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l'angolino del sorriso


Un tizio entra in un ristorante, al momento
dell'ordinazione chiede patatine, insalata ed un pollo,
alla fine del pranzo chiama il cameriere per chiedere
il conto, giunto dal cliente il cameriere chiede se il
pranzo era stato di suo gradimento, il cliente dice al
cameriere, non è mia abitudine lamentarmi pero', a
questo punto il cameriere interrompendo il cliente
dice: lo so, lo so, le patatine erano senza sale, ed
il cliente: si erano un po’ insipide ma veramente
non era per questo che volevo lamentarmi, ma
il cameriere interrompendolo nuovamente dice: lo so,
lo so, il pollo forse era un pochetto crudo?... allora il
cliente esclama: un pochetto crudo... si è mangiato l'insalata!!
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Re: SPIGOLANDO......

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La Libertà


nella tradizione e nell'immaginario artistico-letterario



In ogni uomo vi è una spontanea tendenza a difendere la propria libertà, e a rifuggire qualsiasi forma di oppressione e costrizione. La dignità dell’esistenza è inscindibile dalla possibilità di optare tra il bene e il male, quale si esprime anche nelle più piccole e apparentemente insignificanti decisioni che delineano il tessuto della nostra esperienza quotidiana. Oltre a ciò, quando incontriamo il nostro prossimo facciamo esperienza della sua nobile alterità e – come mirabilmente afferma l’Ettore omerico – l’animo è turbato dalla riduzione in schiavitù di un altro uomo: tanto più se è una persona che amiamo e per la quale vorremmo un futuro di felicità.

Vivere è agire, e tale azione implica la libertà: la piena facoltà a disporre di sé, della propria vita e del proprio tempo, dei beni legittimamente detenuti. Proprio in questo senso un grande scienziato sociale del ventesimo secolo, Ludwig von Mises, ha evidenziato che la riflessione sulla società deve muovere dall’esperienza dell’iniziativa individuale. Ogni singolo è un homo agens e per tale motivo vi è un qualcosa di profondamente naturale nella resistenza di fronte a quanti vorrebbero normare tutto, organizzando e regolamentando perfino nei minimi dettagli l’esistenza altrui.

Questa aspirazione “spontanea” alla libertà si declina però in forme assai diverse entro i contesti culturali più disparati e non è detto che sia sempre premiata dalle istituzioni. Tanto più che gli uomini di potere trovano nella libertà dei singoli un ostacolo, capace d’intralciare la loro volontà di potenza e la loro aspirazione ad essere i padroni del mondo. Per questa ragione, succede spesso che la comprensione della natura autentica della libertà sia alterata da ideologie al servizio di questo o questo sistema di dominio: e il declino dell’autonomia personale è accompagnato da una crescente incomprensione di ciò che è davvero la libertà stessa.

In particolare, gli ultimi secoli della storia di tradizione europea – con la nascita dello Stato moderno e la sua crescita impetuosa – hanno visto progressivamente ridursi gli spazi di libertà del singolo e delle istituzioni a lui più vicine: dalla famiglia alle comunità religiose, alle istituzioni educative. L’espansione dei poteri pubblici e, correlativamente, la compressione della libertà individuale si sono realizzate con il quasi generale consenso degli intellettuali, dei letterati, degli artisti.

D’altro canto, ogni ordine oppressivo non potrebbe imporsi né durare senza il sostegno di formule legittimanti e senza la creazione di apparati ideologici che ne consolidino le posizioni. Nel corso del tempo, le classi politiche impostesi sulla società (dall’ancien régime fino ai totalitarismi) hanno avuto bisogno di circondarsi di giuristi, economisti e filosofi, ma sempre più anche di letterati ed artisti.

Gli intellettuali dell’età moderna non hanno apertamente celebrato la schiavitù (un’eccezione in tal senso è Friedrich Nietzsche, a cui va almeno riconosciuta una non comune onestà intellettuale), né hanno avversato l’autonomia individuale in quanto tale. Piuttosto, non di rado essi si sono sforzati di esaltare una concezione della libertà che fosse funzionale all’epoca in cui vivevano, che sposasse gli interessi e la cultura prevalenti all’interno del ceto politico, che valicasse gli spazi – giudicati “angusti” – delle nostre piccole esistenze, per creare un pathos collettivo ed epocale facilmente incanalabile dai regimi vigenti.

È per questo motivo che, specie nell’Ottocento e nel Novecento, gli uomini di cultura quasi mai hanno servito le ragioni della libertà. Quello che è stato chiamato il “tradimento degli intellettuali” si è espresso in primo luogo in una progressiva presa di distanza dai diritti di una società chiamata a resistere di fronte al potere e alla sua violenza distruttiva.

Al fine di cogliere tutto ciò può essere utile rifarsi alla distinzione, ormai classica, introdotta da uno studioso di grandissimo valore come Benjamin Constant nel suo scritto sulla libertà degli antichi (quale partecipazione alla collettività) e sulla libertà dei moderni (che è piuttosto la piena autonomia di un singolo, il quale si sottrae ad ogni dominio). Per Constant, prima dell’età cristiana gli uomini non avevano un’autentica concezione della libertà individuale, dato che – nel mondo greco, ad esempio – la libertà era prevalentemente intesa in termini comunitari. L’uomo si compiva quale cittadino della polis: egli era nulla, e la città era tutto. Ma a seguito dell’annuncio cristiano quel quadro viene sconvolto e le istituzioni sono divenute semplici strumenti al servizio della persona e della sua dignità infinita.

Constant definì “moderna” questa visione della libertà (in contrapposizione con l’antichità greco-romana), ma è pur vero che gli ultimi secoli – a partire dal Rinascimento, e passando per i maggiori teorici della politica: da Machiavelli a Rousseau – sono stati dominati da un continuo ritorno alle logiche della classicità pagana. Sotto vari punti di vista, il collettivismo novecentesco affonda le proprie radici nella riproposizione della libertà degli antichi e del suo disprezzo per quanto è individuale. L’uomo concreto, in carne ed ossa, declina proprio mentre la scena pubblica viene occupata da astrazioni variamente collettive.

Questo spiega per quale motivo l’immaginario artistico-letterario – specie tra Otto e Novecento – sia dominato da concezione anti-liberali.

Il noto quadro di Eugène Delacroix (La libertà che guida il popolo) ci mostra un dato su tutti. Impersonificata dalla donna a **** nudo, la Libertà tiene alta la bandiera nazionale, e quindi finisce per essere una cosa stessa con la Francia e la sua storia. Quella che ci viene proposta dall’artista è una concezione della libertà di tipo nazionalista (à la Rousseau): gli individui diventano cittadini di una nuova Sparta, semplici cellule di un organismo a più teste che è pronto a diventare Nazione, Classe, Collettività. La bandiera tricolore guida una massa in armi e pare già pronta a condurla nelle trincee di conflitti sanguinari ed inutili stragi.

Negli anni in cui Delacroix dipinge quell’opera, la cultura politica dell’Europa sta conoscendo trasformazioni profonde. È significativo che i vari moti rivoluzionari, anche quelli che interessano l’area italiana, dapprima si propongano di strappare statuti e carte costituzionali ai regimi vigenti (con l’obiettivo di estendere le libertà individuali), ma presto assumano connotazioni nazionaliste. A questo punto, al centro della contesa non vi sono più le garanzie per gli individui e le loro effettive libertà, ma la costruzione di unità politiche su base etnica o ideologica.

L’Europa di un tempo, in cui un cardinale italiano come Mazzarino poteva essere primo ministro a Parigi e lo stesso poteva in seguito accadere al banchiere svizzero Necker, scompare travolta da un’ideologia che oppone le diverse nazioni, prima, e le classi sociali, in seguito: si tratta di un nuovo modo d’intendere la società che mina l’universalismo dapprima cristiano e poi illuminista per elevare alte barriere tra quanti parlano lingue differenti e hanno distinte bandiere, o tra quanti hanno ruoli e redditi ineguali.

A seguito dell’esperienza romantica, la letteratura europea testimonia ampiamente tutto ciò nel momento in cui è investita dal riproporsi della libertà degli antichi che assume sempre più una connotazione “collettiva” della libertà. Questo spiega perché Alessandro Manzoni denunci “il peso de’ barbari piè”, la “faccia d’estranei signori”, la “forza straniera”, gli “oppressori” delle itale genti. E non è troppo distante Salvatore Quasimodo in Giorno dopo giorno nel momento in cui recupera un salmo per descrivere l’impossibilità a fare poesia quando vi è un “piede straniero sopra il cuore”.

I barbari di cui ci parla Manzoni in Marzo 1821, vale la pena di ricordarlo, erano austriaci, sloveni o ungheresi, e quindi sarebbero oggi nostri concittadini all’interno delle istituzioni europee. Per giunta, erano soldati e funzionari di un Impero sovranazionale destinato a diventare – per tanti aspetti – un modello di civiltà e pluralismo culturale in mezzo all’Europa travolta dai veleni del nazionalismo. Fu un’istituzione che ebbe molti limiti, ma che va giudicata non sulla base di criteri viziati da inammissibili sciovinismi, ma sul grado di libertà individuale che seppe o non seppe assicurare a quanti vivevano entro quei confini.

Anche i celebri versi del poeta francese Paul Éluard vanno intesi in un contesto storico ben preciso. Per usare il titolo di un libro scritto molti decenni fa dal filosofo marxista Galvano della Volpe, quella che Éluard canta è la “libertà comunista”. La poesia è del 1942 e la libertà a cui il poeta francese sta pensando è quella che era al centro della propaganda sovietica del tempo.

Un paio di anni prima, nella Parigi occupata dai nazisti si poteva acquistare in edicola il quotidiano L’Humanité (organo del partito comunista francese), e questo in virtù del patto Hitler-Stalin. Ma il tradimento della Germania – che ha attaccato l’Unione Sovietica e in tal modo ha rotto l’alleanza con Mosca – ha portato gli intellettuali comunisti francesi a dar vita a forze di opposizione e resistenza. Ancora una volta, però, non è la libertà dal potere che sta veramente a cuore ai letterati e agli artisti, ma una sua parodia posta al servizio di un partito, di uno Stato e di un sistema ideologico chiamati ad inaugurare – subito e con mezzi tutti umani – cieli e terra nuovi.

Purtroppo, solo in situazioni eccezionali la cultura letteraria e artistica della tradizione europea ha saputo resistere allo spirito del tempo e allo gnosticismo che ha pervaso la cultura politica moderna. Più spesso, e con un’intensità crescente negli ultimi due secoli, essa si è schierata dalla parte di quella Storia che nel corso del ventesimo secolo – come ha mostrato Rudolph J. Rummel in Death by Government (recentemente tradotto in lingua italiana) – ha sacrificato ben 170 milioni di vite umane, sterminate a sangue freddo: vittime innocenti di una violenza ideologica che mai, nel passato, era giunta a tali livelli di barbarie.

In una storia prevalentemente tragica quale è quella che ha segnato l’Europa nel corso del Novecento la parola “libertà” è stata quindi posta al servizio, in troppi casi, di ideologie illiberali e oppressive. All’ingresso dei Lager nazisti campeggiava quell’Arbeit macht frei (il lavoro rende liberi) che violentava il senso autentico delle parole “lavoro” e “libertà”, e che introduceva quella povera gente in autentici inferni terreni in cui ogni diritto e ogni libertà venivano sistematicamente negati.

(Educazione e scuola - traccia per tema)
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Re: SPIGOLANDO......

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La libbertà

Trilussa

La Libbertà, sicura e persuasa
d’esse’ stata capita veramente,
una matina se n’uscì da casa:
ma se trovò con un fottìo de gente
maligna, dispettosa e ficcanasa
che j’impedì d’annà’ libberamente.

E tutti je chiedeveno: - Che fai? -
E tutti je chiedeveno: - Chi sei?
Esci sola? a quest’ora? e come mai?...
- Io so’ la Libbertà! - rispose lei -
Per esse’ vostra ciò sudato assai,
e mò che je l’ho fatta spererei...

- Dunque potemo fa’ quer che ce pare... -
fece allora un ometto: e ner di’ questo
volle attastalla in un particolare...
Però la Libbertà che vidde er gesto
scappò strillanno: - Ancora nun è affare,
se vede che so’ uscita troppo presto!
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grazia
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Re: SPIGOLANDO......

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IL PARADOSSO DELLA NOSTRA EPOCA
(da: "Words Aptly Spoken" di Bob Moorehead )


Il paradosso della nostra epoca storica è che abbiamo edifici più alti ma temperamenti più corti, strade più larghe ma punti di vista più ristretti.
Spendiamo di più, ma abbiamo di meno; compriamo di più, ma gustiamo di meno. Abbiamo case più grandi ma famiglie piccole, più comodità, ma meno tempo; abbiamo più lauree e poco buon senso. Abbiamo più conoscenze, ma meno criterio; più specialisti, ma ancora più problemi, più medicine, ma meno benessere. Beviamo troppo, fumiamo troppo, spendiamo troppo incautamente, ridiamo troppo poco, guidiamo in maniera spericolata, ci arrabbiamo troppo, rimaniamo alzati fino a tardi, ci svegliamo troppo stanchi, leggiamo troppo poco, guardiamo troppo la TV e preghiamo raramente.

Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori.
Parliamo troppo, amiamo troppo poco, e odiamo troppo spesso.
Abbiamo imparato a condurre un'esistenza, non una vita, abbiamo aggiunto anni alla vita, non vita agli anni. Abbiamo raggiunto la luna e ne siamo tornati, ma abbiamo problemi ad attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino.

Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non quello interiore.
Abbiamo fatto cose più eclatanti, ma non cose migliori.
Abbiamo pulito l'aria, ma inquinato l'anima.
Abbiamo conquistato l'atomo, ma non il nostro pregiudizio.
Scriviamo di più, ma impariamo di meno.
Progettiamo di più, ma completiamo di meno.
Abbiamo imparato ad affrettarci, ma non ad aspettare.
Costruiamo più computer per contenere più informazioni e produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno.

Questi sono i tempi dei fast food e della digestione lenta; grandi uomini con deboli caratteri; profitti esorbitanti e relazioni poco profonde.
Questi sono i giorni in cui nelle case entrano due stipendi, ma aumentano i divorzi.

(...) Ricordati di passare un po' di tempo con i tuoi cari, perché non ci saranno per sempre.
Ricordati di dare un caloroso abbraccio a chi ti sta accanto, perché è l'unico tesoro che puoi dare con il tuo cuore e non costa un centesimo.
Ricordati di dire "Ti Amo" al tuo partner e ai tuoi cari, ma soprattutto sentilo. Un bacio e un abbraccio sanano una ferita se provengono dal profondo del cuore.
Ricordati di stringere le mani e conservare nell'anima ogni istante, perché un giorno quella persona non sarà lì ancora.
Dai tempo all'Amore, dai tempo al parlare, dai tempo al condividere i preziosi pensieri che nutri nella tua mente.



(traduzione dall'inglese di G. Carro ©
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Re: SPIGOLANDO......

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L'angolino del Sorriso


Caffè con biliardo

Sull’insegna di un bar c’è scritto "Caffè con biliardo".
Un uomo entra e si rivolge al barista:
"Un caffè con biliardo".
Il barista un po’ imbarazzato:
"Ma … guardi, signore, veramente …
c’è un’equivoco!"
E l’uomo:
"E va bè, ok… ho capito, ci metta anche quello!"


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