SPIGOLANDO......

Tutto quello che non riguarda la politica.
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Ovidio
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Re: SPIGOLANDO......

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É vero, ma si tratta di un documento odontologico in vigore da sempre. Linee guida generali in caso di dover scegliere chi curare quando non si possono curare tutti. Sono protocolli vigenti in tutti i paesi!
Tenere sempre a mente la „regola d‘oro“
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grazia
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LA SINCERITÀ
Trilussa (Carlo Alberto Salustri)

M’aricorderò sempre che mi' nonno,
pe' famme pijà sonno,
me diceva la favola de quello
ch'annava in cerca de sincerità.
Io, però, m'addormivo sur più bello
che nemmanco arivavo a la metà.

Tutta quanta la favola nun era
che la storia de Gnocco: un pastorello
ch'uscì de notte per annà ar Castello
de la gente sincera;
ma arivato a lo svorto d'una strada
incontrava una povera vecchietta
che je diceva: — Abbada!
Tiè sempre d'occhio quer lumino verde
che riluce, sbrilluccica e se perde
co' la stella der celo più vicina.
e cammina, cammina...

Però, se nun sei pratico,
passi un momento critico
cór Cignale politico
e er Gatto dipromatico.
Nun te fida dell'Omo
ch'accommoda l'idea
seconno la livrea
che porta er maggiordomo.
E abbada all'Orco Rosso
che fa er vocione grosso;
abbada all'Orco Nero
perché nun è sincero;
abbada all'Orco Bianco
perché nun è mai franco.
Percui, per esse certo
de chi te s'avvicina,
tiè sempre un occhio aperto
e cammina, cammina... —
E Gnocco camminava Dio sa quanto
tutta la notte fino a la matina,
fra l'Orchi e fra le Streghe: ogni momento
trovava un tradimento...
Com'annava a finì? Già ve l'ho detto:
prima ch'er pastorello
arivasse ar Castello, m'addormivo,
finché mi' nonno me metteva a letto.

Purtroppo, puro adesso,
se vado in cerca de sincerità
me succede lo stesso:
e come ne la favola de nonno
pur'io vedo un lumino
lontano, in fonno in fonno...
E cammino, cammino,
finché casco dar sonno.
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grazia
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Re: SPIGOLANDO......

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Il "Trasformismo" nella Politica


« Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo? »
(Agostino Depretis, discorso tenuto a Stradella, 8 ottobre 1882)

Nel gergo parlamentare, il trasformismo indica una pratica politica che consiste nella sostituzione del confronto aperto tra la maggioranza che governa e l'opposizione che controlla con la cooptazione nella maggioranza di elementi dell'opposizione per esigenze tipicamente utilitaristiche
Nella storia della politica italiana il trasformismo emerse dopo il 1880 nel Regno d'Italia, come prassi comune ai gruppi parlamentari, di Destra e Sinistra, di variare le maggioranze in base a convergenze d'intenti su problemi circoscritti anziché su programmi politici a lungo termine. Il singolo parlamentare non era legato a un partito, per il semplice motivo che nell'Italia dell'Ottocento i partiti organizzati non esistevano. La candidatura alle elezioni era personale e ciò favoriva l'individualismo del singolo deputato. La base elettorale era ristretta: il deputato rispondeva del proprio operato alla propria base clientelare. Il passaggio di un parlamentare da uno schieramento all'altro era segno della conclusione di una trattativa nella quale il deputato aveva mercanteggiato il proprio voto in cambio della soddisfazione di certi interessi privati. Durante il periodo in cui il trasformismo fu prassi politica, le maggioranze parlamentari che di volta in volta si costituirono poggiarono su singole personalità politiche che, manovrando il costituirsi delle varie combinazioni di gruppi parlamentari, risultarono l'unico elemento di stabilità politica.
Nella politica moderna, il termine trasformismo ha acquistato una connotazione prettamente negativa. Viene infatti attribuito: 1) ad azioni chiaramente dettate dallo scopo di mantenere il potere o di rafforzare il proprio schieramento politico; 2) alla consuetudine di evitare il confronto parlamentare e ricorrere a compromessi, clientelismi e sotterfugi politici, senza tenere conto dell'apparente incoerenza ideologica di certi connubi o consociazioni. Conseguenze negative in tal senso sono: lo scadimento del dibattito politico (viene a mancare una vera alternanza al potere), l'allontanamento del sistema politico dall'interesse collettivo verso il sistema paese (poiché il sistema politico obbedisce a logiche interne di proprio interesse, con spregio della responsabilità verso gli elettori) e, in ultimo ma non per ultimo, la dimostrazione di scarsa moralità da parte dei parlamentari agli occhi dei cittadini elettori.


Nel Regno d'Italia
Il termine «trasformismo» si diffuse a partire dal 1882, durante il governo di Agostino Depretis. Il premier della Sinistra liberale auspicò che gli esponenti più progressisti della Destra entrassero nell'orbita della Sinistra. Venne così a crearsi un nuovo schieramento centrista moderatamente riformatore, che bloccava l'azione delle ali progressiste del Partito Radicale Italiano presenti in Parlamento.

Antecedenti: il Marais

Il trasformismo trova un antecedente storico, anche se non nelle forme più propriamente note, durante la rivoluzione francese nel gruppo della Pianura (Plaine in francese), cioè il centro moderato della Convenzione durante il quadriennio 1792-1795. La Palude, come veniva chiamata in modo spregiativo, nacque dalle elezioni del 1792 che ridisegnarono la geografia politica della nuova assemblea. Essa appariva come il polo più numeroso, ma più eterogeneo e fluido rispetto alla sinistra montagnarda e al gruppo brissottiano (girondini). Le due ali estreme, tuttavia, non potevano prescindere dall'appoggio dei moderati della Palude, ed in effetti fu solo grazie ad essa che la prima poté trionfare sui girondini nel 1793, portando all'istituzione del Comitato di salute pubblica e alla stagione del Terrore, per poi uscire la reale vincitrice degli eventi perigliosi di tale intervallo con la presa del potere dei Termidoriani (1794) a seguito della morte di Robespierre. La Palude si era mostrata, a tutti gli effetti, ago degli equilibri, eliminando dapprima la destra brissottiana, poi appoggiando la sinistra montagnarda, ma sempre esercitando una ferma influenza sul prevalere dei poteri nell'assemblea, tanto all'epoca della Convenzione, quanto poi della svolta costituzionale del 1795.

Appunti di Storia
A.M.
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Re: SPIGOLANDO......

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Mai come oggi "il cambio di "casacca" tra i nostri politici
è andato così di moda, com il cambio "dell'ideale" o delle
proprie convinzioni.......ma già Trilussa l'aveva ricordata
ai suoi tempi..
.
..

LA CRISI DE COSCENZA

La crisi de coscenza pô succede
da un dubbio che te rode internamente:
come ridà la fede a un miscredente,
pò rilevalla a quello che ce crede.

In politica è eguale. Quanta gente,
che ciaveva un principio in bona fede,
s'accorge piano piano che je cede
e je viè fòra tutto diferente?

Te ricordi de Checco er communista
che voleva ammazzà de prepotenza
tutta la borghesia capitalista?

Invece, mó, la pensa a l'incontrario:
e doppo quarche crisi de coscenza
s'è comprato un villino a Monte Mario.

TRILUSSA
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Re: SPIGOLANDO......

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"Non dire che tutto sta andando in rovina
se non muovi un dito sin dalla mattina.
Sei proprio sicuro che quel che va male
è colpa di questo o quell’altro tale?
Puoi dire davvero che tu sei innocente
ed è solo colpa di tanta altra gente?
E puoi dire tu che hai fatto qualcosa
perché lo sfacelo non colga ogni cosa?
Non puoi certo dirlo e nemmeno io,
siam tanti i colpevoli, quant’è vero Dio,
se riesci a capirlo non tutto è perduto
se riesci a cambiare da questo minuto.
Porgi la mano, non sii indifferente,
dimostra rispetto per tutta la gente,
per Madre Natura ed ogni creatura,
di questo bel luogo abbi più cura.
Ha inizio da te un mondo migliore,
perdona, sorridi, agisci col cuore."

INIZIA DA TE
G. Bruno
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Re: SPIGOLANDO......

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"L'angolino del sorriso"

Dopo aver caricato tutti i bagagli del Papa nella limousine, l'autista nota che Sua Santità sta ancora aspettando sul marciapiede e l'autista al Papa:
- "mi scusi, Santità vorrebbe per favore sedersi in modo che possiamo andare?" - "beh, per dirti la verità non mi fanno mai guidare in Vaticano e oggi ne ho davvero voglia"
- "mi dispiace, ma non posso permetterglielo, perderei il lavoro se succedesse qualcosa!"
- "ci sarebbero degli extra non indifferenti per te"
Riluttante, l'autista sale dietro mentre il Papa si mette al volante. L'autista si pente della sua decisione appena usciti dall'aeroporto, vedendo il Pontefice spingere l'acceleratore portando la limousine a 170 Km/h e urla:
"la prego, rallenti, Vostra Santità!!!" si dispera ma il Papa continua a tavoletta fino a quando si sentono delle sirene e l'autista: "oh mio Dio, mi ritireranno la patente!". Il Papa accosta e tira giù il finestrino.
Il poliziotto si avvicina, da un'occhiata, torna alla moto e prende la radio e dice: "devo parlare col capo..." il capo risponde alla radio e il poliziotto gli dice di aver fermato una limousine che andava a 170 e lui:
- "beh, sbattilo dentro!"
- "non credo che vogliamo davvero farlo, è un tipo molto importante...ma molto importante..."
- "beh, chi hai lì, il Sindaco?"
- "più in alto!"
- "il governatore?"
- "di più!"
- "va bene...allora chi è?"
- "credo sia Dio!"
- "che cosa ti fa credere che sia Dio???"
- "ha il Papa per autista!!!"
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Re: SPIGOLANDO......

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Perchè la donna va rispettata.


Al giorno d'oggi, basta accendere la tv per sentire a ripetizione le parole "femminicidio , molestie, omicidio, stupro."
Quand'ero piccolo , mio padre tante volte mi portava a "comprare dei regalini a mamma". Ricordo sempre che in macchina mi diceva " ricorda che le donne, che siano amiche ,compagne, mogli , vanno rispettate , essere donna è un arte."
Essere donna è un arte. Fissate bene queste parole.
La donna è arte in ogni sua manifestazione. Dall'abbigliamento, al trucco, al modo di pensare, alla filosofia che c'è dietro l'essere donna. Nella storia antica, salvo qualche rara eccezione , la donna era una figura "inferiore" rispetto all'uomo, o comunque di " importanza meno rilevante" . Ad Atene la vita della donna era una costrizione, una situazione di claustrofobica "Incarcerazione" che la rinchiudeva nel gineceo, la parte della casa riservata alle donne.
La cultura occidentale odierna ci insegna però che la donna dev'essere rispettata , amata , onorata. La donna soffre , la donna porta nel grembo un bambino per nove mesi, diventando madre, la donna è la madre. E nelle culture precedenti a quelle che la storia definisce "civiltà democratiche" , la donna era venerata proprio come madre, dea della fertilità , dea dell'amore, "madre terra".
Sentir parlare di molestie nei confronti delle donne mi fa pensare veramente a quanto la cultura , gli insegnamenti e il rispetto nei paesi del mondo , civilizzati e non , siano argomenti presi molto sottogamba.
Sentir parlare di molestie nei paesi che io definisco obbiettivamente non civilizzati è una cosa che mi fa imbestialire, esattamente come mi fa imbestialire il fatto che mi venga richiesto di accettare delle culture che prevedono la lapidazione o "punizioni" corporali per le donne che non rispettano i propri padri, mariti. Mi fa imbestialire, e non per razzismo, ma per il rispetto che mio padre , quei giorni in cui mi portava a comprare dei regali per la donna che amava, ama e amerà , mi ha insegnato. Un rispetto che dovrebbe essere insegnato a tutti. Un rispetto che sta alla base di tutto. Un rispetto che poche persone comprendono. Ecco perchè si sente tanto parlare di questo " femminicidio" . Ed ecco perchè il ddl Scalfarotto, tanto demonizzato perchè contro l'omofobia, ma mai realmente letto da coloro che le vanno contro, prevede un aggravante nei confronti di chi molesta e/o uccide una donna. Perchè checchè se ne dica , una donna , dinnanzi ad un uomo tre volte più alto , forte e robusto di lei , si trova indifesa. E perchè proprio quell'uomo tre volte più grosso alto e forte di lei , dovrebbe dimostrare rispetto, amore , nei confronti del sesso che universalmente rappresenta da sempre arte,vita,amore, in tutte le sue manifestazioni. Perchè il rispetto è alla base di tutto. E forse, sono proprio le basi a mancare in tanti paesi, tanti posti, tra cui quello che noi chiamiamo "casa".

IVANOVICH H.
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Re: SPIGOLANDO......

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DONNA

Eliomar Riberio De Souza


Nel tuo esserci l'incanto dell'essere,
La vita, tua storia,
segnata dal desiderio d'essere
semplicemente donna!
Nel tuo corpo ti porti,
come nessun altro,
il segreto della vita!
Nella tua storia
la macchia dell'indifferenza,
della discriminazione, dell'oppressione…
in te l'amore più bello,
la bellezza più trasparente,
l'affetto più puro
che mi fa uomo!
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Uomo o donna? Forse entrambi?
Tenere sempre a mente la „regola d‘oro“
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Re: SPIGOLANDO......

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Uomini e donne non si nasce, si diventa

di Francesco Lamendola - 01/08/2014




La pianta e l’animale nascono già quello che sono: il castagno rimarrà sempre un castagno, il cane rimarrà sempre un cane; non possono diventare altro da quello che sono, dunque non possono mancare il loro destino, non possono tradire il suo compimento, perché il loro destino è inscritto, fin dall’inizio, nel loro preciso statuto ontologico.

L’uomo, invece, non nasce con una natura determinata, ma indeterminata: può diventare se stesso, realizzando il massimo della libertà esistente nella dimensione terrena; oppure, semplicemente, può mancare la propria vocazione, può rimanere al di sotto del proprio destino e del proprio statuto ontologico: una creatura irrisolta, mutila, fallimentare.

L’uomo possiede questa responsabilità e questo privilegio: lui solo può scegliere, lui solo può dire di sì al proprio compimento; e può dire di sì perché gli è data anche la facoltà di dire di no. Egli è libero: può fare di sé quello che vuole; può raggiungere le vette sublimi della spiritualità, oltrepassando la comune condizione umana, come può sprofondare e avvoltolarsi nel fango della propria istintualità primordiale, regredendo allo stato sub-umano. Creatura bifronte, l’uomo può spingersi o ritrarsi al di là o al di qua del suo dato iniziale e provvisorio: tiene il proprio destino nelle sue mani, può fare di se stesso quello che vuole.

Creatura in cammino, dunque viandante per eccellenza, l’uomo è spinto a percorre una strada, cercando di tracciarla con i propri passi, laddove le altre creature seguono la pista già battuta da altri, seguendo l’istinto; creatura più complessa, più delicata, più problematica, l’uomo deve cercare il proprio equilibrio, perché esso non gli viene dato già bello e pronto: deve fare di se stesso quello che sa e quello che può.

Lo strumento per realizzarsi pienamente, dando piena risposta alla sollecitazione dell’essere, è la parola: l’uomo è la creatura caratterizzata dalla parola. Anche le piante e gli animali possiedono delle forme di linguaggio, fatte di colori, odori, suoni, atteggiamenti, posizioni; ma la parola non è un linguaggio, è IL linguaggio. Solo con la parola si possono esprimere le più riposte sfumature di significato, solo con la parola si possono trasmettere pensieri ed emozioni anche a coloro che non conosceremo mai personalmente, rendendo possibile quell’accumulo di esperienza individuale che consente il progresso dell’intera specie.

Il silenzio, per l’uomo, è una libera scelta, un’altra maniera di comunicare: resa possibile, appunto, dall’esistenza della parola. Colui che può parlare, può scegliere di comunicare anche attraverso il silenzio, così come attraverso il silenzio può mettersi in ascolto, cogliendo le voci più intime della realtà. Il silenzio rappresenta una ulteriore e più sottile possibilità di parlare e di ascoltare, data dal fatto che la parola è l’espressione ordinaria dei pensieri e dei sentimenti. Per questo il silenzio è così pregnante fra due esseri umani: è una parola fatta di non-parola, di oltre-parola, di super-parola. Chi tace non ha più bisogno di parlare, a patto che il suo silenzio sia qualcosa di diverso dalla pura indifferenza; ed è grazie ad esso che la parola riceve tanta solennità, così come la luce riceve splendore dal buio. La prova di ciò è data dal fatto che l’uomo di poche parole, quando parla, soppesa quel che sta dicendo e induce gli altri ad ascoltarlo con viva attenzione.

L’uomo di parola, pertanto, è colui che prende la parola estremamente sul serio; colui mantiene fedeltà agli impegni presi, che rimane attaccato a quanto ha promesso. Noi sentiamo che dell’uomo di parola ci possiamo fidare, perché la sua parola è carica di significato: se ha detto una cosa, allora è quella; se ha garantito una certa azione, allora possiamo stare sicuri che la farà. Non ci fidiamo del chiacchierone, il quale butta le parole al vento e si riempie la bocca di vane promesse; ma siamo pronti a consegnarci interamente all’uomo di parola, perché sappiamo che la nostra fiducia non rimarrà tradita. La vita sociale è resa possibile da questa fedeltà alla parola: se non vi fossero uomini di parola, regnerebbero incontrastati la sfiducia e il disordine.

D’altra parte la parola, per il fatto stesso di essere espressione della libera volontà, e quindi attributo specifico dell’uomo, è un grande mistero: non sempre si rivela e si conferma per quello che sembrava; la parola può essere anche ingannevole, insidiosa, malefica. La parola veritiera, la parola buona, la parola che promuove la vita, deve farsi strada in mezzo alle sue contraffazioni, deve aprirsi un varco nel folto dei rovi e delle spine; a noi sta la capacità di saperla riconoscere e, soprattutto, di volerla accogliere.

Non basta riconoscere la parola veritiera, infatti; bisogna anche accoglierla: senza tale accoglienza, la parola di verità ci scivola addosso e passa oltre, lasciandoci indietro, uguali a ciò che eravamo prima; mentre, se essa viene accolta, opera una vera trasformazione. Colui che è stato toccato da una parola di verità non sarà mai più quello di prima, non potrà mai più fare finta di nulla e ritornare al suo vecchio Io.



«[…] UOMINI E DONNE SI DIVENTA. Uomini e donne NON SI NASCE. Ed è chiaro che intendo qui non l’appartenenza ad un genere o alla specie umana, ma la sua realizzazione piena. L’appartenenza alla specie è qualcosa di cui godiamo in forza della genetica, del DNA che identifica la nostra specie e che definisce la compatibilità sessuale intraspecifica, quella compatibilità che è presupposto imprescindibile del nostro concepimento e della nostra nascita, a prescindere dal fatto che coloro che ci hanno concepiti si amassero o ci amassero (e potremmo discutere dell’atto sessuale come atto comunicativo in cui sono in gioco PAROLE e FIDUCIA/AFFIDABILITÀ). Se siamo al mondo però, è perché c’è stata una parola accogliente, una decisione per la vita e non per la morte, una scommessa sul futuro senza eludere il passato, a prescindere dal fatto che i genitori biologici abbiano deciso di garantire o meno la propria presenza al fianco del nascituro., accettando o rinunciando ad essere “affidabili”. Anche questo è un ambito in cui si vive di fiducia, di fiducia reciproca: “atti di fede” quotidiana che altrettanto sistematicamente ignoriamo, che passano inosservato. Quanta fiducia è altresì in gioco nei rapporti genitori-figli.

Sin dalla nascita ciò che siamo e il fatto stesso che siamo, non dipendono da noi. Invece, DIVENTARE uomini, DIVENTARE donne, pro-vocala nostra responsabilità: come rispondiamo alla chiamata ad esistere, la prima VOCATIO di cui facciamo esperienza? L’esistenza ci chiama: come rispondiamo a questa chiamata che la vita rappresenta? Ciascun maschio della nostra specie deve scegliere, decidere di diventare uomo e magari “uomo di parola”. Ciascuna femmina della nostra specie deve scegliere, decidere di diventare donna e magari “donna di parola”. È forse così che inizia il dramma dell’esistere. Alla PROVOCATIO che l’esistenza ci rivolge dobbiamo cor-rispondere. Sull’impegno che questo diventare uomini e donne postula, c’è un’intera letteratura, , ma permettetemi di recuperare almeno una prospettiva filosofica, perché c’è qualcosa di profondamente divino nella DECISIONE di diventare uomini e donne, qualcosa di filosoficamente divino. Pico della Mirandola (1463-1494) raggiunge il vertice nella descrizione del processo di umanizzazione dell’uomo in quelle pagine tremendamente belle e irritanti per l’uomo d’oggi, consegnateci nel “Discorso sulla dignità dell’uomo”. Non accontentandosi della allora per lui già inflazionata e scarsamente convincente descrizione dell’uomo come MICROCOSMO e COPULA MUNDI (definizioni che di per sé farebbero impallidire la stragrande maggioranza degli esemplari della nostra specie), Pico della Mirandola fece un altro passo oltre l’idea dell’HOMO FABER FORTUNAE SUAE, dell’uomo artefice del proprio destino nella vita che gli è data da vivere. Pico non si accontentò di registrar che nel mutato contesto storico, sociale ed economico, l’uomo poteva rivendicare la propria soggettività nel decidere che cosa fare NELLA vita: ad esempio fare il mercante piuttosto che il contadino, sottraendosi così ai capricci del tempo atmosferico, quando poteva solo affidarsi ala preghiera per invocare un buon raccolto, supplicando Dio quale unico arbitro della propria sorte. Pico introduce la prospettiva dell’HOMO FABER SUI, dell’uomo artefice di se stesso. Artefice su un piano che dovremmo definire ontologico o, forse – arrischiando la parola – deontologico, dove l’eco del dover essere è meglio percepibile (ma non in senso assiomatico). Per spiegare la dignità dell’uomo, Pico torna a leggere il racconto genesiaco in termini sorprendenti. Dio, dopo aver portato a termine la creazione di tutte le specie, decise di creare l’uomo, ma ebbe un attimo di incertezza, un’esitazione, perché non poteva più ispirarsi a nulla. Dio non aveva nulla a cui ispirarsi che non avesse già utilizzato per dar vita alle precedenti creature, nulla di originale e specifico. Dio decise allora di creare l’uomo “dandogli tutto ciò che singolarmente aveva assegnato agli altri” (ecco l’idea dell’uomo come microcosmo) e lo creò quindi “di natura indefinita”, spiegandogli la propria scelta con queste parole che Pico attribuisce a Dio: “Non ti ho dato Adamo, né un posto determinato, né un aspetto tuo proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto appunto, secondo il tuo voto e il tuo consiglio, ottenga e conservi. La natura determinata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai, da nessuna barriera costretto, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. […] perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che tu avessi prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori, che sono i bruti; tu potrai rigenerarti, secondo il tuo volere, nelle cose superiori,che sono divine.”

Ciascuno di noi, aperti gli occhi al mondo, deve scegliere COSA essere, CHI ESSERE nella propria vita, non semplicemente COSA FARE, avendo più o meno successo. E sono due sostanzialmente le possibilità, dice Pico, per bocca di Dio: scegliere, decidere di curarsi solo della propria sopravvivenza o della propria animalità, appiattendo la propria esistenza su quella dei bruti oppure preoccuparsi di sé, elevandosi oltre la mera sopravvivenza e l’animalità. Recuperando il significato etimologico del termine cultura (dal latino “colĕre”, cioè “coltivare”), potremmo dire che l’alternativa all’abbrutimento è scegliere di acculturarsi, coltivare se stessi, costruire se stessi come uomo, come donna e magari come “uomo, donna di parola”. Quindi diventare uomini e donne implica una scelta, una decisione. Diventare uomo, diventare donna è un processo di formazione, un lungo e faticoso processo di costruzione, di coltivazione di sé. Ecco perché è giusto sottolineare che UOMINI E DONNE SI DIVENTA: la vita è un dono (in tedesco “Gabe”) e un compito (“Auf-gabe”), di fronte al quale possiamo anche sbagliarci. Pico usa il termine “rigenerarsi”, ciò che noi in termini religiosi diciamo convertirsi, decidere diversamente, tornare sulle proprie scelte. Quanto peso hanno le parole, quanto peso ha la lingua!”»



L’uomo, dunque - come insegna il grande maestro dell’esistenzialismo, Kierkegaard - è un essere che si trova sempre in una data situazione: non è un essere astratto, avulso dal contesto di spazio e tempo in cui vive; non lo sono nemmeno il santo più spirituale o il mistico più sublime: tutti dobbiamo pagare il nostro tributo alla situazione.

Certo, questo tributo è massimo nelle creature umane meno evolute, molto minore in quelle più evolute: perché queste ultime sono divenute ciò che dovevano essere, e, così facendo, si sono lasciate alle spalle il vecchio Io, fatto di miope attaccamento alle cose, affermando la loro autentica libertà; le prime, invece, si sono limitate a giocare al risparmio, lasciandosi guidare dalla brama e dalla paura che derivano dall’attaccamento alle cose.

L’uomo o la donna spiritualmente evoluti, pur conservando i limiti della materialità e della temporalità, sono già oltre la condizione del contingente e del finito: si è aperta in loro la seconda vista, e grazie ad essa intravvedono squarci d’infinito e di eterno. La loro parola è diventata sobria, densa, luminosa: talmente rarefatta che, alla fine, possono comunicare agevolmente per mezzo del silenzio attivo e compassionevole.

Essi hanno compreso fino in fondo, e non solo superficialmente, che cosa significa il fatto che la vita è un dono; e ne hanno tratto le conseguenze. Se è un dono, allora anche ciascuno di noi deve offrirla a sua volta, e offrirla generosamente. Non possiamo tenerla solo per noi stessi, limitandoci a saccheggiare le buone occasioni e rifiutando oneri e responsabilità. Se la vita è dono, allora va presa sul serio: e ciò richiede che si diventi uomini e donne di parola, cioè uomini e donne che non dicono di no, ma che dicono di sì alla vita e a tutto ciò che di buono, di vero e di bello essa porta con sé.
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l'angolino del sorriso


“Dio chiese a Adamo: 'Chi ha magnato er pomo?'. 'Io!' fece lui.
'Ma me l'ha dato lei.' 'Eva?' 'Sicuro. Mica lo direi...' E scappò fòra
er primo gentilomo.


&&&&

“Io nun divido gnente co' nessuno:
fo er socialista quanno sto a diggiuno,
ma quanno magno so' conservatore!”


&&&&

""L’ Omo disse a la Scimmia:
– Sei brutta, dispettosa:
ma come sei ridicola!
ma quanto sei curiosa!
Quann’ io te vedo, rido:
rido nun se sa quanto!…
La Scimmia disse:
– Sfido!
T’ arissomijo tanto!


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Amor proprio

dal Dizionario Filosofico di Voltaire

Uno straccione dei dintorni di Madrid chiedeva con gran dignità l’elemosina; un passante lo apostrofò: «Non vi vergognate di fare questo mestiere ignobile, mentre potreste lavorare?» «Signore,» rispose il mendicante, «io vi ho chiesto del denaro, non dei consigli»; poi gli voltò le spalle conservando tutta la sua dignità castigliana. Era uno straccione orgoglioso, questo signore, e la sua vanità veniva ferita per un nonnulla. Chiedeva l’elemosina per amor di se stesso e, sempre per amor di se stesso, non tollerava rimproveri.

Un missionario, viaggiando in India, incontrò un fachiro carico di catene, nudo come una scimmia, sdraiato bocconi, che si faceva frustare per i peccati dei suoi compatrioti, i quali gli gettavano qualche soldo. «Che rinuncia a se stesso!» diceva uno degli spettatori. «Rinuncia a me stesso?» ribatté il fachiro. «Sappi che io mi faccio frustare il deretano in questo mondo solo per fare altrettanto con voi nell’altro, quando voi sarete cavalli e io cavaliere.»

Quanti hanno detto che l’amore di sé è la base di tutti i nostri sentimenti e di tutte le nostre azioni hanno dunque avuto pienamente ragione, in India, in Spagna, e in tutta la terra abitabile: e come nessuno scrive per dimostrare agli uomini che hanno una faccia, non c’è bisogno di provar loro che hanno dell’amor proprio. Questo amor proprio è lo strumento della nostra conversazione; assomiglia allo strumento che ci serve a perpetuare la specie: ci è necessario, ci è caro, ci procura piacere, ma bisogna tenerlo nascosto.
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grazia
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Re: SPIGOLANDO......

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Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti

di Italo Calvino

(…) “gli onesti.

Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione ( non potevano richiamarsi a grandi
principi, né patriottici né sociali né religiosi, che non avevano più corso), erano onesti per
abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci
niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in
denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il
guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre
persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli
a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano
che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano troppo
facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in malafede. Il potere non lo trovavano
abbastanza interessante per sognarlo per sé (almeno quel potere che interessava agli altri);
non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se tenute
più nascoste; in una società migliore non speravano perché sapevano che il peggio è sempre
più probabile.
Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che così come in
margine a tutte le società durante millenni s’era perpetuata una controsocietà di malandrini, di
tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo, una controsocietà che non aveva mai avuto nessuna
pretesa di diventare la società , ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante e
affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato
di sé ( almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera e vitale, così la controsocietà
degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume
corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità , di sentirsi dissimile da tutto il
resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti,
per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato
ancora detto e ancora non sappiamo cos’è.”
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grazia
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Re: SPIGOLANDO......

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LETTERA AD UN FIGLIO

di Rudyard Kipling


Se puoi vedere distrutto il lavoro di tutta la tua vita
e senza dire una parola ricominciare,
se puoi perdere i guadagni di cento partite
senza un gesto e senza un sospiro di rammarico,
se puoi essere un amante perfetto
senza che l'amore ti renda pazzo,
se puoi essere forte senza cessare di essere tenero
e sentendoti odiato non odiare, pure lottando e difendendoti.

Se tu sai meditare, osservare, conoscere,
senza essere uno scettico o un demolitore,
sognare senza che il sogno diventi il tuo padrone,
pensare senza essere soltanto un pensatore,
se puoi essere sempre coraggioso e mai imprudente,
se tu sai essere buono e saggio
senza diventare ne moralista, ne pedante.

Se puoi incontrare il Trionfo e la Disfatta
e ricevere i due mentitori con fronte eguale,
se puoi conservare il tuo coraggio e il tuo sangue freddo
quando tutti lo perdono.

Allora i Re, gli Dei, la Fortuna e la Vittoria
saranno per sempre tuoi sommessi schiavi
e, ciò che vale meglio dei Re e della Gloria,
Tu sarai un uomo.
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